Cassazione Lavoro: sì al giudizio penale dopo il civile ma il risarcimento si chiede solo nel secondo e il primo si estingue
Punto di partenza del ragionamento logico-giuridico della Cassazione è la constatazione dell’interesse dell’ordinamento a che due giudici non si pronunzino sulla stessa causa con la possibilità di pronunzie contraddittorie. "Sulla base del codice di procedura civile la soluzione andrebbe ricercata nella disciplina sulla litispendenza: il giudice successivamente adito (ovvero dinanzi al quale la causa è riproposta) dichiara la litispendenza anche di ufficio in ogni stato e grado del processo, disponendo la cancellazione dal ruolo della causa dinanzi a lui pendente (art. 39, c. 1, c.p.c.). Tuttavia, la disciplina della litispendenza è derogata nel caso di trasferimento dell’azione civile nel processo penale, atteso che, volendo l’ordinamento consentire e privilegiare il congiunto esame del fatto e dei suoi effetti penali e civili, da un lato permette al danneggiato di proporre di nuovo la propria domanda nel processo penale, dall’altro è il processo civile in precedenza iniziato a doversi chiudere, lasciando che sull’azione civile provveda il giudice penale (v. Cass. 189/01, in motivazione). Detto più esplicitamente, l’esercizio, mediante la costituzione di parte civile, della facoltà di trasferire nel processo penale l’azione civile proposta davanti al giudice civile, comporta l’estinzione del processo civile ipso facto per rinuncia agli atti, effetto che si produce con la rituale proposizione dell’atto di costituzione nei modi e nelle forme di cui all’art. 79, mentre l’azione civile prosegue, a seguito della traslatio iudicii, dinanzi al giudice penale, senza che sia quindi configurabile alcuna ipotesi di litispendenza, posto che l’estinzione del giudizio civile esclude la contemporanea pendenza di due giudizi (Cass. 30.6.05b n. 13946)".
Prosegue la Cassazione "questa impostazione comporta che non può esserci una traslatio parziale del contenuto della domanda giudiziale (che, ai sensi dell’art. 99 c.p.c., è l’atto formale di esercizio dell’azione civile) dal processo civile a quello penale. Ove, infatti, venisse consentito alla parte del processo civile di trasferire solo una parte dell’originario petitum nel processo penale, si cadrebbe nella situazione che l’art. 75, c. 1, intende evitare, e cioè che l’accertamento giudiziale circa una sola situazione giuridica controversa sia frammentato in due diverse sedi giurisdizionali, nella sostanza facendosi venir meno il principio dell’accentramento nel processo penale voluto dalla norma. Di conseguenza, il concetto di azione civile cui fa riferimento l’art. 75, c. 1, c.p.p. è necessariamente unitario, in quanto sta ad indicare l’azione che è stata concretamente esercitata nel processo civile e che, come tale, nel caso di concomitante esistenza di processo penale, può rimanere confinata nel processo civile o essere trasferita nel processo penale, sempre, però, nella sua interezza, al di là delle intenzioni della parte che ha proposto la domanda".
(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 29 gennaio 2008, n.1985).
Punto di partenza del ragionamento logico-giuridico della Cassazione è la constatazione dell’interesse dell’ordinamento a che due giudici non si pronunzino sulla stessa causa con la possibilità di pronunzie contraddittorie. "Sulla base del codice di procedura civile la soluzione andrebbe ricercata nella disciplina sulla litispendenza: il giudice successivamente adito (ovvero dinanzi al quale la causa è riproposta) dichiara la litispendenza anche di ufficio in ogni stato e grado del processo, disponendo la cancellazione dal ruolo della causa dinanzi a lui pendente (art. 39, c. 1, c.p.c.). Tuttavia, la disciplina della litispendenza è derogata nel caso di trasferimento dell’azione civile nel processo penale, atteso che, volendo l’ordinamento consentire e privilegiare il congiunto esame del fatto e dei suoi effetti penali e civili, da un lato permette al danneggiato di proporre di nuovo la propria domanda nel processo penale, dall’altro è il processo civile in precedenza iniziato a doversi chiudere, lasciando che sull’azione civile provveda il giudice penale (v. Cass. 189/01, in motivazione). Detto più esplicitamente, l’esercizio, mediante la costituzione di parte civile, della facoltà di trasferire nel processo penale l’azione civile proposta davanti al giudice civile, comporta l’estinzione del processo civile ipso facto per rinuncia agli atti, effetto che si produce con la rituale proposizione dell’atto di costituzione nei modi e nelle forme di cui all’art. 79, mentre l’azione civile prosegue, a seguito della traslatio iudicii, dinanzi al giudice penale, senza che sia quindi configurabile alcuna ipotesi di litispendenza, posto che l’estinzione del giudizio civile esclude la contemporanea pendenza di due giudizi (Cass. 30.6.05b n. 13946)".
Prosegue la Cassazione "questa impostazione comporta che non può esserci una traslatio parziale del contenuto della domanda giudiziale (che, ai sensi dell’art. 99 c.p.c., è l’atto formale di esercizio dell’azione civile) dal processo civile a quello penale. Ove, infatti, venisse consentito alla parte del processo civile di trasferire solo una parte dell’originario petitum nel processo penale, si cadrebbe nella situazione che l’art. 75, c. 1, intende evitare, e cioè che l’accertamento giudiziale circa una sola situazione giuridica controversa sia frammentato in due diverse sedi giurisdizionali, nella sostanza facendosi venir meno il principio dell’accentramento nel processo penale voluto dalla norma. Di conseguenza, il concetto di azione civile cui fa riferimento l’art. 75, c. 1, c.p.p. è necessariamente unitario, in quanto sta ad indicare l’azione che è stata concretamente esercitata nel processo civile e che, come tale, nel caso di concomitante esistenza di processo penale, può rimanere confinata nel processo civile o essere trasferita nel processo penale, sempre, però, nella sua interezza, al di là delle intenzioni della parte che ha proposto la domanda".
(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 29 gennaio 2008, n.1985).