Cassazione Penale: nozione di pedopornografia
Lo ha stabilito la Cassazione che ha aggiunto, con riferimento al caso di specie: "il giudice cautelare non ha fatto buon governo di questi principi ermeneutici, laddove ha ritenuto pornografiche le fotografie che l’indagato ha scattato ai bambini in costume da bagno sulla spiaggia di Ostia, sol perché alcune di esse ritraevano i minori "sul culetto" e il fotografo aveva espressamente richiesto quella posa. La impugnata ordinanza non ha ravvisato alcun coinvolgimento dei minori in atteggiamenti esplicitamente sessuali, o alcuna esibizione lasciva di genitali o di regioni publiche; ma anzi ha più volte ripetuto che in tutte le fotografie i minori erano ritratti in costume da bagno, sicché i genitali, il sedere e l’area pubica erano assolutamente nascosti alla vista".
Secondo la Cassazione: "Si può anche comprendere come il comportamento di uno sconosciuto che fotografa insistentemente bambini sulla spiaggia possa destare precoccupazione o allarme nei genitori, indotti a sospettare in un simile fotografo intenti più o meno malsani. Ma sino a che questi ipotetici intenti restano tali, non si può incriminare il fotografo per produzione di materiale pedopomografico, con l’aggiunta ex lege della carcerazione cautelare. Tutt’al più, ove ne ricorressero concretamente gli estremi, si poteva ravvisare la contravvenzione di molestie di cui all’art. 660 c.p. o altro reato minore; ma non certo il gravissimo delitto di pedopomografia di cui al primo comma dell’art. 600 ter c.p., il quale richiede essenzialmente esibizioni o materiali rappresentativi connotati da un’allusione o un richiamo di tipo sessuale. Si arriverebbe altrimenti all’assurda conseguenza di punire una condotta priva di ogni implicazione sessuale con una pena più grave (la reclusione da sei a dodici anni, oltre alla multa) di quella comminata per gli atti sessuali con minorenni (la reclusione da cinque a dieci anni).
La Cassazione ha pertanto cassato senza rinvio l’ordinanza impugnata nonché quella emessa dal G.i.p. del Tribunale di Roma, e ordinato la immediata scarcerazione del ricorrente.
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezione Terza Penale, Sentenza 22 marzo 2010, n. 10981).
Lo ha stabilito la Cassazione che ha aggiunto, con riferimento al caso di specie: "il giudice cautelare non ha fatto buon governo di questi principi ermeneutici, laddove ha ritenuto pornografiche le fotografie che l’indagato ha scattato ai bambini in costume da bagno sulla spiaggia di Ostia, sol perché alcune di esse ritraevano i minori "sul culetto" e il fotografo aveva espressamente richiesto quella posa. La impugnata ordinanza non ha ravvisato alcun coinvolgimento dei minori in atteggiamenti esplicitamente sessuali, o alcuna esibizione lasciva di genitali o di regioni publiche; ma anzi ha più volte ripetuto che in tutte le fotografie i minori erano ritratti in costume da bagno, sicché i genitali, il sedere e l’area pubica erano assolutamente nascosti alla vista".
Secondo la Cassazione: "Si può anche comprendere come il comportamento di uno sconosciuto che fotografa insistentemente bambini sulla spiaggia possa destare precoccupazione o allarme nei genitori, indotti a sospettare in un simile fotografo intenti più o meno malsani. Ma sino a che questi ipotetici intenti restano tali, non si può incriminare il fotografo per produzione di materiale pedopomografico, con l’aggiunta ex lege della carcerazione cautelare. Tutt’al più, ove ne ricorressero concretamente gli estremi, si poteva ravvisare la contravvenzione di molestie di cui all’art. 660 c.p. o altro reato minore; ma non certo il gravissimo delitto di pedopomografia di cui al primo comma dell’art. 600 ter c.p., il quale richiede essenzialmente esibizioni o materiali rappresentativi connotati da un’allusione o un richiamo di tipo sessuale. Si arriverebbe altrimenti all’assurda conseguenza di punire una condotta priva di ogni implicazione sessuale con una pena più grave (la reclusione da sei a dodici anni, oltre alla multa) di quella comminata per gli atti sessuali con minorenni (la reclusione da cinque a dieci anni).
La Cassazione ha pertanto cassato senza rinvio l’ordinanza impugnata nonché quella emessa dal G.i.p. del Tribunale di Roma, e ordinato la immediata scarcerazione del ricorrente.
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezione Terza Penale, Sentenza 22 marzo 2010, n. 10981).