Cassazione Sezioni Unite Civili: mancata trasposizione in Italia del diritto comunitario
Le Sezioni Unite hanno esaminato il caso del risarcimento dei danni richiesti per mancata trasposizione nel termine prescritto delle direttive comunitarie prevedenti l’obbligo di retribuire la formazione del medico specializzando, ricordando innanzitutto che "I parametri per valutare la conformità del diritto interno ai risultati imposti dall’ordinamento comunitario, sono stati enunciati dalla Corte di Giustizia Cee nella risoluzione delle questioni pregiudiziali concernenti: 1) l’ambito della responsabilità dello Stato per gli atti e le omissioni del legislatore nazionale contrari al diritto comunitario; 2) i presupposti della responsabilità; 3) la possibilità di subordinare il risarcimento all’esistenza di una colpa; 4) l’entità del risarcimento; 5) la delimitazione del periodo coperto dal risarcimento".
In particolare, i parametri sono stati così precisati:
a) Anche l’inadempimento riconducibile al legislatore nazionale obbliga lo Stato a risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario.
b) Il diritto al risarcimento deve essere riconosciuto allorché la norma comunitaria, non dotata del carattere self-executing, sia preordinata ad attribuire diritti ai singoli, la violazione sia manifesta e grave e ricorra un nesso causale diretto tra tale violazione ed il danno subito dai singoli, fermo restando che è nell’ambito delle norme del diritto nazionale relative alla responsabilità che lo Stato è tenuto a riparare il danno, ma a condizioni non meno favorevoli di quelle che riguardano analoghi recl.nni di natura interna e comunque non tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento.
c) Il risarcimento del danno non può essere subordinato alla sussistenza del dolo o della colpa.
d) Il risarcimento deve essere adeguato al danno subito, spettando all’ordinamento giuridico interno stabilire i criteri di liquidazione, che non possono essere meno favorevoli di quelli applicabili ad analoghi reclami di natura interna, o tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento. In ogni caso, non può essere escluso in via generale il risarcimento di componenti del danno, quelle il lucro cessante.
e) Il risarcimento non può essere limitato ai soli danni subiti successivamente alla pronunzia di una sentenza della Corte di Giustizia che accerti l’inadempimento.
Secondo le Sezioni Unite: "Sulla base del descritto complesso di principi e regole, va data continuità all’indirizzo della giurisprudenza da ultimo richiamata, secondo cui i profili sostanziali della tutela apprestata dal diritto comunitario inducono a reperire gli strumenti utilizzabili nel diritto interno fuori dallo schema della responsabilità civile extracontrattuale e in quello dell’obbligazione ex lege dello Stato inadempiente, di natura indennitaria per attività non antigiuridica, che il giudice deve determinare in base ai presupposti oggettivi sopra indicati, in modo che sia idonea a porre riparo effettivo ed adeguato al pregiudizio subito dal singolo. La qualificazione in termini di obbligazione indennitaria, del resto, consente di assoggettare allo stesso regime giuridico sia il caso, come quello in esame, di attuazione tardiva di una direttiva senza alcuna previsione di riparazione del pregiudizio per l’inadempimento, sia quello dell’intervento legislativo specifico, preordinato alla disciplina dell’obbligazione risarcitoria (come avvenuto, ad esempio, con il il d.lgs. n. 80 del 1992, art. 7, comma 2, in tema tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, su cui la citata Cass. n. 8110/2002). E ciò in linea con il principio secondo cui la qualificazione della situazione soggettiva dei privati deve farsi con esclusivo riferimento ai criteri dell’ordinamento giuridico interno (cfr. Cass., sez. un., 27 luglio 1993, n. 8385), imponendo l’ordinamento comunitario soltanto il raggiungimento di un determinato risultato".
La Corte ha così concluso: "per realizzare il risultato imposto dall’ordinamento comunitario con i mezzi offerti dall’ordinamento interno, si deve riconoscere al danneggiato un credito alla riparazione del pregiudizio subito per effetto del cd. fatto illecito del legislatore di natura indennitaria, rivolto, in presenza del requisito di gravità della violazione ma senza che operino i criteri di imputabilità per dolo o colpa a compensare l’avente diritto della perdita subita in conseguenza del ritardo oggettivamente apprezzabile e avente perciò natura di credito di valore, rappresentando il denaro soltanto l’espressione monetaria dell’utilità sottratta al patrimonio".
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 17 aprile 2009, n.9147: Responsabilità per mancato adempimento direttiva comunitaria).
Le Sezioni Unite hanno esaminato il caso del risarcimento dei danni richiesti per mancata trasposizione nel termine prescritto delle direttive comunitarie prevedenti l’obbligo di retribuire la formazione del medico specializzando, ricordando innanzitutto che "I parametri per valutare la conformità del diritto interno ai risultati imposti dall’ordinamento comunitario, sono stati enunciati dalla Corte di Giustizia Cee nella risoluzione delle questioni pregiudiziali concernenti: 1) l’ambito della responsabilità dello Stato per gli atti e le omissioni del legislatore nazionale contrari al diritto comunitario; 2) i presupposti della responsabilità; 3) la possibilità di subordinare il risarcimento all’esistenza di una colpa; 4) l’entità del risarcimento; 5) la delimitazione del periodo coperto dal risarcimento".
In particolare, i parametri sono stati così precisati:
a) Anche l’inadempimento riconducibile al legislatore nazionale obbliga lo Stato a risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario.
b) Il diritto al risarcimento deve essere riconosciuto allorché la norma comunitaria, non dotata del carattere self-executing, sia preordinata ad attribuire diritti ai singoli, la violazione sia manifesta e grave e ricorra un nesso causale diretto tra tale violazione ed il danno subito dai singoli, fermo restando che è nell’ambito delle norme del diritto nazionale relative alla responsabilità che lo Stato è tenuto a riparare il danno, ma a condizioni non meno favorevoli di quelle che riguardano analoghi recl.nni di natura interna e comunque non tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento.
c) Il risarcimento del danno non può essere subordinato alla sussistenza del dolo o della colpa.
d) Il risarcimento deve essere adeguato al danno subito, spettando all’ordinamento giuridico interno stabilire i criteri di liquidazione, che non possono essere meno favorevoli di quelli applicabili ad analoghi reclami di natura interna, o tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento. In ogni caso, non può essere escluso in via generale il risarcimento di componenti del danno, quelle il lucro cessante.
e) Il risarcimento non può essere limitato ai soli danni subiti successivamente alla pronunzia di una sentenza della Corte di Giustizia che accerti l’inadempimento.
Secondo le Sezioni Unite: "Sulla base del descritto complesso di principi e regole, va data continuità all’indirizzo della giurisprudenza da ultimo richiamata, secondo cui i profili sostanziali della tutela apprestata dal diritto comunitario inducono a reperire gli strumenti utilizzabili nel diritto interno fuori dallo schema della responsabilità civile extracontrattuale e in quello dell’obbligazione ex lege dello Stato inadempiente, di natura indennitaria per attività non antigiuridica, che il giudice deve determinare in base ai presupposti oggettivi sopra indicati, in modo che sia idonea a porre riparo effettivo ed adeguato al pregiudizio subito dal singolo. La qualificazione in termini di obbligazione indennitaria, del resto, consente di assoggettare allo stesso regime giuridico sia il caso, come quello in esame, di attuazione tardiva di una direttiva senza alcuna previsione di riparazione del pregiudizio per l’inadempimento, sia quello dell’intervento legislativo specifico, preordinato alla disciplina dell’obbligazione risarcitoria (come avvenuto, ad esempio, con il il d.lgs. n. 80 del 1992, art. 7, comma 2, in tema tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, su cui la citata Cass. n. 8110/2002). E ciò in linea con il principio secondo cui la qualificazione della situazione soggettiva dei privati deve farsi con esclusivo riferimento ai criteri dell’ordinamento giuridico interno (cfr. Cass., sez. un., 27 luglio 1993, n. 8385), imponendo l’ordinamento comunitario soltanto il raggiungimento di un determinato risultato".
La Corte ha così concluso: "per realizzare il risultato imposto dall’ordinamento comunitario con i mezzi offerti dall’ordinamento interno, si deve riconoscere al danneggiato un credito alla riparazione del pregiudizio subito per effetto del cd. fatto illecito del legislatore di natura indennitaria, rivolto, in presenza del requisito di gravità della violazione ma senza che operino i criteri di imputabilità per dolo o colpa a compensare l’avente diritto della perdita subita in conseguenza del ritardo oggettivamente apprezzabile e avente perciò natura di credito di valore, rappresentando il denaro soltanto l’espressione monetaria dell’utilità sottratta al patrimonio".
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 17 aprile 2009, n.9147: Responsabilità per mancato adempimento direttiva comunitaria).