Cassazione SU Civili: prescrizione dell’azione di risarcimento del danno causato da atto amministrativo illegittimo
In particolare, secondo le Sezioni Unite, “venuto meno la pregiudiziale amministrativa, quale necessità di annullamento dell’atto restrittivo della sfera giuridica ai fini della proponibilità dell’azione risarcitoria per il riespandersi del diritto soggettivo, e costruito il risarcimento come diritto primario e autonomo (non meramente sanzionatorio), per il solo fatto della presenza di un illecito – di cui il provvedimento illegittimo è solo una componente - , viene indubbiamente meno quell’ostacolo all’esercizio dell’azione, che configurava un impedimento al decorso della prescrizione (articolo 2935 Codice Civile)”.
In sostanza, gli ermellini hanno sostenuto che la tesi espressa dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 483 del 1999 (secondo cui il termine di prescrizione dell’azione di risarcimento decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza di annullamento da parte del giudice amministrativo), “sia pur di poco precedente a Cass. 27.7.1999, n. 500, non è più sostenibile alla luce di quest’ultima, in quanto fondata sul postulato della preventiva impugnazione dell’atto illegittimo, ai fini della riespansione del diritto soggettivo”.
Tuttavia, “la questione è ora semplificata per la concentrazione davanti ad un unico giudice, quello amministrativo, della cognizione sull’annullamento dell’atto e sul risarcimento del danno (art. 35 l. n. 205 del 2000). Il giudice amministrativo non può rifiutarsi di esercitare la propria giurisdizione sulla seconda domanda, a motivo della mancata preventiva impugnazione dell’atto tacciato di illegittimità (Cass. 16.11.2007, n. 23741; 13.6.2006, n. 13659)”.
In relazione al caso di specie, le Sezioni Unite hanno ritenuto che “allo stesso modo deve argomentarsi ove sia stata proposta domanda per l’annullamento dell’atto, in epoca anteriore alla concentrazione davanti al giudice amministrativo anche della tutela risarcitoria”. Infatti, precisa la Corte, che “la propria pretesa risarcitoria, dunque, è da ritenere azionata fin dal momento in cui egli ritenne di adire il giudice amministrativo per la rimozione dell’atto, del quale l’annullamento, in definitiva, si rivela oggi rimedio superfluo sotto il profilo sostanziale, ma (all’epoca) necessario sotto il profilo processuale”.
In definitiva, “se anche oggi non può più parlarsi di pregiudiziale di annullamento, potendo il soggetto privato agire anche solo per conseguire il risarcimento del danno, e dunque non presentandosi più, data l’esistenza dell’atto, un ostacolo al conseguimento di una tutela risarcitoria sufficiente che si profili l’ingiustizia del danno, l’azione promossa davanti al giudice amministrativo per la demolizione dell’atto è valsa ad interrompere la prescrizione dell’azione risarcitoria, perché si conservano gli effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta davanti al giudice. Il principio è da ritenere applicabile in ogni ipotesi in cui, anteriormente alla creazione di una giurisdizione “piena” del giudice amministrativo, si sia agito davanti a questo ottenendo l’annullamento dell’atto, ed in seguito si sia adito il giudice ordinario per la soddisfazione dei diritti patrimoniali consequenziali”.
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 8 aprile 2008, n. 9040: Pubblica amministrazione - Risarcimento del danno ingiusto causato da atto amministrativo illegittimo - Prescrizione).
[Dott. Donato Vozza]
In particolare, secondo le Sezioni Unite, “venuto meno la pregiudiziale amministrativa, quale necessità di annullamento dell’atto restrittivo della sfera giuridica ai fini della proponibilità dell’azione risarcitoria per il riespandersi del diritto soggettivo, e costruito il risarcimento come diritto primario e autonomo (non meramente sanzionatorio), per il solo fatto della presenza di un illecito – di cui il provvedimento illegittimo è solo una componente - , viene indubbiamente meno quell’ostacolo all’esercizio dell’azione, che configurava un impedimento al decorso della prescrizione (articolo 2935 Codice Civile)”.
In sostanza, gli ermellini hanno sostenuto che la tesi espressa dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 483 del 1999 (secondo cui il termine di prescrizione dell’azione di risarcimento decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza di annullamento da parte del giudice amministrativo), “sia pur di poco precedente a Cass. 27.7.1999, n. 500, non è più sostenibile alla luce di quest’ultima, in quanto fondata sul postulato della preventiva impugnazione dell’atto illegittimo, ai fini della riespansione del diritto soggettivo”.
Tuttavia, “la questione è ora semplificata per la concentrazione davanti ad un unico giudice, quello amministrativo, della cognizione sull’annullamento dell’atto e sul risarcimento del danno (art. 35 l. n. 205 del 2000). Il giudice amministrativo non può rifiutarsi di esercitare la propria giurisdizione sulla seconda domanda, a motivo della mancata preventiva impugnazione dell’atto tacciato di illegittimità (Cass. 16.11.2007, n. 23741; 13.6.2006, n. 13659)”.
In relazione al caso di specie, le Sezioni Unite hanno ritenuto che “allo stesso modo deve argomentarsi ove sia stata proposta domanda per l’annullamento dell’atto, in epoca anteriore alla concentrazione davanti al giudice amministrativo anche della tutela risarcitoria”. Infatti, precisa la Corte, che “la propria pretesa risarcitoria, dunque, è da ritenere azionata fin dal momento in cui egli ritenne di adire il giudice amministrativo per la rimozione dell’atto, del quale l’annullamento, in definitiva, si rivela oggi rimedio superfluo sotto il profilo sostanziale, ma (all’epoca) necessario sotto il profilo processuale”.
In definitiva, “se anche oggi non può più parlarsi di pregiudiziale di annullamento, potendo il soggetto privato agire anche solo per conseguire il risarcimento del danno, e dunque non presentandosi più, data l’esistenza dell’atto, un ostacolo al conseguimento di una tutela risarcitoria sufficiente che si profili l’ingiustizia del danno, l’azione promossa davanti al giudice amministrativo per la demolizione dell’atto è valsa ad interrompere la prescrizione dell’azione risarcitoria, perché si conservano gli effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta davanti al giudice. Il principio è da ritenere applicabile in ogni ipotesi in cui, anteriormente alla creazione di una giurisdizione “piena” del giudice amministrativo, si sia agito davanti a questo ottenendo l’annullamento dell’atto, ed in seguito si sia adito il giudice ordinario per la soddisfazione dei diritti patrimoniali consequenziali”.
La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.
(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 8 aprile 2008, n. 9040: Pubblica amministrazione - Risarcimento del danno ingiusto causato da atto amministrativo illegittimo - Prescrizione).
[Dott. Donato Vozza]