Cassazione Tributaria: onere della prova nella cessione intracomunitaria

Ai fini dell’applicazione della disciplina in materia di esenzione IVA, l’onere della prova dell’avvenuta "esportazione" intracomunitaria grava sul soggetto italiano. Nel caso di specie, la Sezione Tributaria della Cassazione ha così cassato la sentenza della Commissione Tributaria Regionale che aveva invece annullato l’atto impositivo impugnato con la quale l’ufficio finanziario aveva recuperato l’IVA relativa ad una cessione intracomunitaria (con aggravio di sanzioni), effettuata in esenzione d’imposta, a favore di una ditta tedesca risultata aver cessato la propria attività fin dal 1° gennaio 1995.



Secondo la Cassazione "La ditta tedesca, che figura come acquirente nella vendita effettuata dalla società italiana, ha cessato la propria attività e, quindi, è evidente che lo scambio non può essere avvenuto con tale ditta. Di qui la legittimità del recupero di imposta effettuato dall’Erario. A ciò si aggiunga che la società italiana non sembra aver rispettato tutti gli obblighi previsti dalla legislazione vigente ratione temporis, intesi proprio ad evitare il rischio di frodi. Infatti, a norma dell’art. 50, commi 1 e 2, del d.l. 331/1993 (conv. con modif. in legge n.427/l993) le cessioni intracomunitarie come quella in esame, sono effettuate senza applicazione d’imposta nei confronti dei cessionari e dei committenti che abbiano comunicato il numero di identificazione attribuito dallo Stato membro di appartenenza (art. 50, comma l). Per accedere al regime esente, però, non basta che gli esercenti imprese, arti e professioni indichino tale numero nella documentazione relativa allo scambio intracomunitario. Occorre anche che il soggetto attivo dello scambio dia impulso ad una apposita procedura di verifica, richiedendo al Ministero la conferma della validità attuale del numero di identificazione attribuito al cessionario. Il comma 2 dell’art. 50 citato, dispone infatti che, per gli scambi intracomunitari esenti da iva, "l’ufficio, su richiesta degli esercenti imprese, arti e professioni, e secondo modalità stabilite con decreto del Ministro delle finanze, conferma la validità del numero di identificazione attribuito al cessionario o committente da altro Stato membro della Comunità economica europea, nonché i dati relativi alla ditta, denominazione o ragione sociale, e in mancanza, al nome e al cognome".


La Cassazione ha ricordato il proprio orientamento secondo cui "l’onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto che legittimano la deroga al normale regime impositivo è a carico di chi invoca la deroga agevolativa. Si veda in tal senso, tra l’altro, la giurisprudenza in tema di esportazione verso paesi extracomunitari, secondo la quale "L’esenzione dall’I.V.A. per le cessioni di beni destinati all’esportazione, prevista dall’art. 8, primo comma, del d.P .R. 26 ottobre 1972 n. 633, postula l’effettivo perfezionamento di tutte le operazioni di esportazione, delle quali assume per intero la responsabilità il cedente. a carico del quale incombe, nella. ipotesi di mancato perfezionamento della esportazione stessa (nella specie, per mancato apprestamento del prescritto modo T2 da parte della dogana di destinazione), alla stregua della disciplina del diritto interno come del diritto doganale comunitario, l’onere della prova della presentazione delle merci alla dogana di destinazione. Tale prova, peraltro, può essere fornita con ogni mezzo, purché essa abbia carattere di certezza ed incontrovertibilità, quale può essere l’attestazione di pubbliche amministrazioni del Paese di destinazione dell’avvenuta detta presentazione delle merci in dogana, mentre documenti di origine privata, come la documentazione bancaria dell’avvenuto pagamento, non possono costituisce prova idonea allo scopo". Infine, secondo la Cassazione, "la mancata utilizzazione della procedura di controllo esclude il requisito della buona fede, la quale non può ipotizzarsi quando, come nella specie, non siano state rispettate le norme che garantiscono la legittimità degli scambi".


(Corte di Cassazione - Sezione Tributaria, Sentenza 13 febbraio 2009, n.3603: Onere della prova per applicazione deroga al normale regime impositivo).

Ai fini dell’applicazione della disciplina in materia di esenzione IVA, l’onere della prova dell’avvenuta "esportazione" intracomunitaria grava sul soggetto italiano. Nel caso di specie, la Sezione Tributaria della Cassazione ha così cassato la sentenza della Commissione Tributaria Regionale che aveva invece annullato l’atto impositivo impugnato con la quale l’ufficio finanziario aveva recuperato l’IVA relativa ad una cessione intracomunitaria (con aggravio di sanzioni), effettuata in esenzione d’imposta, a favore di una ditta tedesca risultata aver cessato la propria attività fin dal 1° gennaio 1995.



Secondo la Cassazione "La ditta tedesca, che figura come acquirente nella vendita effettuata dalla società italiana, ha cessato la propria attività e, quindi, è evidente che lo scambio non può essere avvenuto con tale ditta. Di qui la legittimità del recupero di imposta effettuato dall’Erario. A ciò si aggiunga che la società italiana non sembra aver rispettato tutti gli obblighi previsti dalla legislazione vigente ratione temporis, intesi proprio ad evitare il rischio di frodi. Infatti, a norma dell’art. 50, commi 1 e 2, del d.l. 331/1993 (conv. con modif. in legge n.427/l993) le cessioni intracomunitarie come quella in esame, sono effettuate senza applicazione d’imposta nei confronti dei cessionari e dei committenti che abbiano comunicato il numero di identificazione attribuito dallo Stato membro di appartenenza (art. 50, comma l). Per accedere al regime esente, però, non basta che gli esercenti imprese, arti e professioni indichino tale numero nella documentazione relativa allo scambio intracomunitario. Occorre anche che il soggetto attivo dello scambio dia impulso ad una apposita procedura di verifica, richiedendo al Ministero la conferma della validità attuale del numero di identificazione attribuito al cessionario. Il comma 2 dell’art. 50 citato, dispone infatti che, per gli scambi intracomunitari esenti da iva, "l’ufficio, su richiesta degli esercenti imprese, arti e professioni, e secondo modalità stabilite con decreto del Ministro delle finanze, conferma la validità del numero di identificazione attribuito al cessionario o committente da altro Stato membro della Comunità economica europea, nonché i dati relativi alla ditta, denominazione o ragione sociale, e in mancanza, al nome e al cognome".


La Cassazione ha ricordato il proprio orientamento secondo cui "l’onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto che legittimano la deroga al normale regime impositivo è a carico di chi invoca la deroga agevolativa. Si veda in tal senso, tra l’altro, la giurisprudenza in tema di esportazione verso paesi extracomunitari, secondo la quale "L’esenzione dall’I.V.A. per le cessioni di beni destinati all’esportazione, prevista dall’art. 8, primo comma, del d.P .R. 26 ottobre 1972 n. 633, postula l’effettivo perfezionamento di tutte le operazioni di esportazione, delle quali assume per intero la responsabilità il cedente. a carico del quale incombe, nella. ipotesi di mancato perfezionamento della esportazione stessa (nella specie, per mancato apprestamento del prescritto modo T2 da parte della dogana di destinazione), alla stregua della disciplina del diritto interno come del diritto doganale comunitario, l’onere della prova della presentazione delle merci alla dogana di destinazione. Tale prova, peraltro, può essere fornita con ogni mezzo, purché essa abbia carattere di certezza ed incontrovertibilità, quale può essere l’attestazione di pubbliche amministrazioni del Paese di destinazione dell’avvenuta detta presentazione delle merci in dogana, mentre documenti di origine privata, come la documentazione bancaria dell’avvenuto pagamento, non possono costituisce prova idonea allo scopo". Infine, secondo la Cassazione, "la mancata utilizzazione della procedura di controllo esclude il requisito della buona fede, la quale non può ipotizzarsi quando, come nella specie, non siano state rispettate le norme che garantiscono la legittimità degli scambi".


(Corte di Cassazione - Sezione Tributaria, Sentenza 13 febbraio 2009, n.3603: Onere della prova per applicazione deroga al normale regime impositivo).