Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione

Capo I - Le misure di prevenzione personali applicate dal questore, art. 1 Soggetti destinatari
Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione
Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione

1. I provvedimenti previsti dal presente capo si applicano a:

a) coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi; (1)

b) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; (2)

c) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, comprese le reiterate violazioni del foglio di via obbligatorio di cui all’articolo 2, nonché dei divieti di frequentazione di determinati luoghi previsti dalla vigente normativa, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica (2).

(1) La Corte costituzionale, con la sentenza 24/2019 ha dichiarato tra l’altro l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 1, lett. c), nella parte in cui stabilisce che i provvedimenti previsti dal Capo II si applichino anche ai soggetti indicati nell’art. 1, lett. a), e dell’art. 16 nella parte in cui stabilisce che le misure di prevenzione del sequestro e della confisca, disciplinate dagli artt. 20 e 24, si applichino anche ai soggetti indicati nell’art. 1, comma 1, lett. a).

(2) Lettera così modificata dall’ art. 15, comma 1, lett. a), DL 14/2017, convertito, con modificazioni, dalla L. 48/2017.

Rassegna di giurisprudenza

Art. 1, lettera a): i soggetti abitualmente dediti a traffici delittuosi

La sentenza n. 24/2019 della Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale: – dell’art. 4, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 159 del 2011, nella parte in cui stabilisce che i provvedimenti previsti dal capo secondo si applichino anche ai soggetti indicati nell’articolo 1, lettera a, della legge 27 dicembre 1956 n. 1423 nella parte in cui consente l’applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza anche ai soggetti indicati nell’art. 1, lett. a); – dell’articolo 16 del decreto legislativo n. 159 del 2011, nella parte in cui stabilisce che le misure di prevenzione del sequestro e della confisca, disciplinate dagli articoli 20 e 24, si applichino anche soggetti indicati nell’art. 1, lett. a). 

A sostegno della decisione, la Consulta ha rilevato come detta previsione si ponga in contrasto con l’art. 13 Cost. e, in riferimento all’art. 117, comma 1, Cost., con l’art. 2 del Prot. n. 4 CEDU per ciò che concerne le misure di prevenzione personali della sorveglianza speciale, anche alla luce dei principi espressi dalla Grande Camera della Corte EDU nella sentenza del 23 febbraio 2017, nel caso De Tommaso c. Italia.

Giova rammentare come, in tale pronuncia, i giudici di Strasburgo censurarono le disposizioni in materia di prevenzione personale fondate sulle fattispecie di pericolosità generica di cui alla L. 1423/1956, oggi trasfuse nell’art. 1, in quanto non conformi agli standard qualitativi – in termini di precisione, determinatezza e prevedibilità – che deve possedere ogni norma che costituisca la base legale di un’interferenza nei diritti della persona riconosciuti dalla CEDU o dai suoi protocolli. Nel sancire l’incostituzionalità dell’indicato art. 1 lett. a), i giudici della Consulta hanno posto in luce come l’interpretazione “tassativizzante” del requisito normativo previsto dalla lettera a) dell’art. 1 proposta dalla Corte di cassazione all’indomani della sentenza De Tommaso non valga, di per sé, a colmare l’eventuale originaria carenza di precisione del precetto penale, in quanto nei paesi di tradizione continentale, e certamente in Italia, è indispensabile l’esistenza di un “diritto scritto di produzione legislativa” rispetto al quale “l’ausilio interpretativo del giudice penale non è che un posterius incaricato di scrutare nelle eventuali zone d’ombra, individuando il significato corretto della disposizione nell’arco delle sole opzioni che il testo autorizza e che la persona può raffigurarsi leggendolo” (Sez. 6, 35685/2019).

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