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Art. 322-bis - Appello

1. Fuori dei casi previsti dall’articolo 322, il pubblico ministero, l’imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione, possono proporre appello contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo e contro il decreto di revoca del sequestro emesso dal pubblico ministero.

1-bis. Sull’appello decide, in composizione collegiale, il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento.

2. L’appello non sospende l’esecuzione del provvedimento. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 310.

Rassegna giurisprudenziale

Appello (art. 322-bis)

In tema di misure cautelari reali, sulla richiesta della parte di sospendere l’immediata esecutività dell’ordinanza che, accogliendo l’appello del PM, abbia disposto il sequestro dei beni, il TDR legittimamente provvede de plano, trattandosi di istanza non disciplinata dal codice, che non ne contempla l’ammissibilità e/o la proponibilità, sicché difetta qualsiasi richiamo normativo alla necessità di procedere con rito camerale partecipato, ai sensi dell’art. 127 (fattispecie nella quale il TDR, con procedura de plano, aveva rigettato la richiesta dei ricorrenti di sospendere l’esecutività dell’ordinanza che, accogliendo l’appello cautelare del pubblico ministero, aveva disposto il sequestro preventivo dei loro beni. La Corte, in applicazione del principio enunciato, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto nell’interesse degli imputati) (Sez. 2, 23244/2022).

Tra le ordinanze in materia di sequestro preventivo verso le quali è esperibile l'appello previsto dall'art. 322-bis devono essere incluse quelle con le quali il custode dei beni sequestrati venga autorizzato a compiere atti eccedenti l'ordinaria amministrazione; fra gli atti aventi natura amministrativa, riconducibili alla categoria dell'ordinaria amministrazione nei cui confronti la disposizione dell’art. 322-bis non trova applicazione, devono essere compresi, oltre alla nomina e revoca del custode dell'amministratore, tutti quegli atti che non riguardano direttamente la consistenza o la sopravvivenza del bene, così da non incidere su posizioni di diritto soggettivo della parte (Sez. 5, 11585/2022).

In tema di sequestro diretto di somme di denaro, nel caso in cui venga in rilievo la questione della rideterminazione della complessiva somma per cui deve essere mantenuto il vincolo, in conseguenza della riduzione e delle restituzioni disposte dal giudice procedente e della restituzione delle somme eccedenti, la relativa valutazione concerne la permanenza dei presupposti per il mantenimento, sia pur parziale, del vincolo cautelare in relazione ad una parte dei beni in sequestro (soprattutto allorquando ricorra una manifesta sproporzione tra profitto confiscabile e quantum in sequestro), non già mere modalità esecutive del sequestro; ne consegue che, in caso di rigetto del giudice procedente, è legittimo l’appello cautelare, ai sensi dell’art. 322-bis (Sez. 5, 37669/2020).

Anche in caso di mancata tempestiva proposizione da parte dell’interessato della richiesta di riesame avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare reale, resta intangibile il diritto all’appello ex dell’art. 322-bis, in quanto la mancata richiesta di riesame non preclude la revoca della misura cautelare per la mancanza delle condizioni di applicabilità della stessa, seppur in assenza di fatti sopravvenuti (SU, 46201/2018).

In tema di impugnazioni, allorché un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che riceve l’atto deve limitarsi, a norma dell’art. 568, comma 5, a verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento, nonché l’esistenza di una “voluntas impugnationis”, consistente nell’intento di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competenteAl riguardo, in particolare, sono stati enunciati i seguenti principii a) se un provvedimento giurisdizionale è impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso dal tipo (unico) legislativamente prescritto e/o proposto dinanzi a giudice incompetente, il giudice adito – prescindendo da qualunque analisi valutativa in ordine alla indicazione di parte, se frutto cioè di errore ostativo o di scelta deliberata – deve limitarsi semplicemente, a norma della regula iuris dettata dall’art. 568, comma 5, a prendere atto della voluntas impugnationis (elemento minimo questo che dà esistenza giuridica all’atto proposto e lascia impregiudicata la sua validità) e a trasmettere gli atti al giudice competente; b) tale fenomeno è dogmaticamente inquadrabile nella categoria dell’esatta qualificazione giuridica dell’atto; c) il potere di procedere a tale qualificazione e di accertare l’esistenza dei requisiti di validità dell’atto è riservato in via esclusiva al giudice competente a conoscere, secondo la previsione del sistema delineato dal codice, sia dell’ammissibilità che della fondatezza dell’impugnazione; d) la trasmissione degli atti al giudice competente non richiede necessariamente un provvedimento giurisdizionale, ma può avvenire anche con un atto di natura meramente amministrativa; e) unico limite all’operatività della menzionata disposizione di cui all’art. 568, comma 5, è costituito dall’inimpugnabilità del provvedimento, la quale concettualmente esclude qualunque possibilità di diversa qualificazione del gravame eventualmente proposto (Sez. 6, 38253/2018).

L’appello cautelare reale è disciplinato, nei suoi presupposti e nelle sue scansioni procedurali, dall’art. 322-bis, non dal successivo art. 324 che riguarda il diverso procedimento di riesameL’art. 322-bis richiama, a fini procedurali, il precedente art. 310 che, a sua volta, non prevede l’applicabilità dell’art. 309, commi 5, 9 e 10. Ne consegue che in tema di appello cautelare non trova applicazione il disposto dell’art 309, comma 9 (Sez. 3, 33402/2018).

Non possono essere dedotti con l’appello ex art. 322-bis, che è mezzo d’impugnazione residuale rispetto al giudizio di riesame, motivi che avrebbero dovuto essere proposti con tale ultimo mezzo (Sez. 3, 26273/2018).

Non è possibile eccepire con l’appello ex art. 322-bis l’illegittimità del provvedimento del GIP con cui era stato disposto il sequestro preventivo, per mancanza dell’autonoma richiesta del PM, perché questione da sottoporre all’attenzione del Tribunale, in sede di riesame, e non dopo oltre un anno dall’emissione del provvedimento (Sez. 3, 55509/2017).

Tra i provvedimenti suscettibili di ricorso immediato in cassazione non rientra quello che respinge la richiesta di revoca del sequestro. In tale caso, infatti, l’unico strumento di controllo esperibile è l’appello di cui all’art. 322-bis (Sez. 3, 30065/2018).

I provvedimenti del giudice che procede in ordine ai poteri e all’operato dell’amministratore giudiziario, non attenendo all’applicazione o alla modifica del vincolo cautelare, ma alle modalità esecutive ed attuative della misura, non sono impugnabili davanti giudice dell’appello cautelare ex art. 322-bis ma le questioni che ad essi si riferiscono devono essere proposte al giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 666, comma 4 (Sez. 6, 28003/2014).

Il terzo rimasto estraneo al processo, formalmente proprietario del bene già in sequestro, di cui sia stata disposta con sentenza la confisca, può chiedere al giudice della cognizione, prima che la pronuncia sia divenuta irrevocabile, la restituzione del bene e, in caso di diniego, proporre appello dinanzi al tribunale del riesame (SU, 48126/2017).

È immediatamente esecutiva l’ordinanza emessa a norma dell’art. 322-bis dal TDR che, in accoglimento dell’appello del PM, abbia disposto il sequestro preventivo, in quanto la clausola di compatibilità che regola il rinvio alle disposizioni di cui all’art. 310 esclude l’operatività del comma 3 di tale articolo, ai sensi del quale l’efficacia del provvedimento è differita fino alla definitività dello stesso, trattandosi di previsione riferita esclusivamente alla libertà personale (Sez. 3, 32935/2018).

Il titolare di un diritto di credito assistito da garanzia reale su bene sottoposto a sequestro penale può far valere il suo diritto solo in via posticipata davanti al giudice dell’esecuzione penale, a seguito della decisione definitiva sulla confisca; non è invece legittimato a chiedere una tutela in via anticipata, proponendo, durante la pendenza del procedimento penale, istanza di revoca della misura cautelare al fine di poter iniziare o proseguire l’azione esecutiva civile; in definitiva, in tema di sequestro preventivo, il creditore assistito da garanzia reale non è legittimato a chiedere la revoca della misura mentre il processo è pendente né ad avvalersi di impugnazioni, in quanto la sua posizione giuridica non è assimilabile a quella del titolare del diritto di proprietà e il suo diritto di sequela non esclude l’assoggettabilità del bene a vincolo, essendo destinato a trovare soddisfazione solo nella successiva fase della confisca e non attraverso l’immediata restituzione del bene, come invece accadrebbe per il proprietario (Sez. 3, 38755/2018).