Art. 176 - Effetti della restituzione nel termine
1. Il giudice che ha disposto la restituzione provvede, a richiesta di parte e in quanto sia possibile, alla rinnovazione degli atti ai quali la parte aveva diritto di assistere.
2. Se la restituzione nel termine è concessa dalla corte di cassazione, al compimento degli atti di cui è disposta la rinnovazione provvede il giudice competente per il merito.
Rassegna giurisprudenziale
Effetti della restituzione nel termine (art. 176)
Se il condannato in contumacia, restituito nel termine per l’impugnazione per non avere avuto conoscenza del procedimento, non ha tempestivamente esercitato il diritto alla rinnovazione degli atti ai quali aveva diritto di assistere, sancito dall’art. 176, comma 1, le sue richieste intempestive devono essere inquadrate quale sollecitazione ad esercitare i poteri istruttori d’ufficio (Sez. 6, 17570/2017).
Il mancato coordinamento fra la nuova formulazione dell’art. 175, introdotta dal DL 17/2005 convertito dalla L. 60/2005, e la persistente formulazione dell’art. 603, comma 4 – applicabile, come detto, in questa sede – è stato risolto in via interpretativa in senso difforme dalla Corte di Cassazione.
Un primo orientamento ha ritenuto che il provvedimento che concede la restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale di primo grado non condizioni il giudice di secondo grado in ordine alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, essendo questi sempre chiamato a valutare in modo autonomo la sussistenza di ipotesi che la rendano necessari.
Un secondo e più recente orientamento ha sostenuto invece che il condannato in contumacia, una volta che sia stato restituito nel termine per l’impugnazione per non avere avuto conoscenza del procedimento, ha diritto ad ottenere la rinnovazione dell’ istruzione in appello, non potendo valere nei suoi confronti le limitazioni per la rinnovazione previste dall’ art. 603 , in ragione del necessario coordinamento, in linea con l’ art. 6 CEDU, tra le disposizioni previste dagli artt. 175, comma 2 e 603, comma 4 del codice di rito. È senz’altro preferibile il secondo indirizzo.
Se infatti: i) la mancata incolpevole conoscenza del decreto di citazione a giudizio comporta il diritto alla rinnovazione del dibattimento; ii) nel caso di restituzione nel termine la mera possibilità di appellare è insufficiente se non accompagnata da rimedi volti a reintegrare il soggetto nei diritti e nelle facoltà non esercitate in primo grado; iii) a norma dell’ art. 176 a seguito della restituzione in termini il giudice deve provvedere “a richiesta di parte e in quanto sia possibile, alla rinnovazione degli atti ai quali la parte aveva diritto di assistere”, non si può che ritenere che la rinnovazione debba essere integrale e il relativo diritto sia esercitato in maniera adeguata e sufficiente tramite la mera presentazione di una richiesta in tal senso, senza che alla stessa debba aggiungersi alcuna motivazione in merito a temi che l’ imputato ha interesse a valorizzare rispetto all’ attività istruttoria già compiuta.
In altri termini non si tratta di disciplinare le modalità con cui procedere alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello a mente dell’art. 603, comma 4 nel suo previgente tenore ma, alla luce di un’interpretazione della medesima norma fedele al disposto degli artt. 24 e 111 Cost. e 6 CEDU, di assicurare una concreta reintegrazione nei diritti e nelle facoltà non esercitati in primo grado, nel cui ambito l’imputato “aveva diritto di assistere” (come si può affermare mutuando la terminologia dell’art. 176) all’espletamento delle prove dichiarative.
E una simile reintegrazione non può essere effettiva se non integrale e svincolata da oneri o restrizioni di sorta; ciò soprattutto ove l’imputato rimesso in termini abbia richiesto, come nel caso di specie, la riassunzione delle prove dichiarative assunte in primo grado, assolvendo l’onere di allegazione dell’attività istruttoria che intendeva rinnovare (Sez. 3, 39898/2014).