Art. 589-bis - Omicidio stradale (1)

1. Chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale è punito con la reclusione da due a sette anni.

2. Chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psicofisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi rispettivamente degli articoli 186, comma 2, lettera c), e 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, cagioni per colpa la morte di una persona, è punito con la reclusione da otto a dodici anni.

3. La stessa pena si applica al conducente di un veicolo a motore di cui all'articolo 186-bis, comma 1, lettere b), c) e d), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, il quale, in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera b), del medesimo decreto legislativo n. 285 del 1992, cagioni per colpa la morte di una persona.

4. Salvo quanto previsto dal terzo comma, chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, cagioni per colpa la morte di una persona, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.

5. La pena di cui al comma precedente si applica altresì:

1) al conducente di un veicolo a motore che, procedendo in un centro urbano ad una velocità pari o superiore al doppio di quella consentita e comunque non inferiore a 70 km/h, ovvero su strade extraurbane ad una velocità superiore di almeno 50 km/h rispetto a quella massima consentita, cagioni per colpa la morte di una persona;

2) al conducente di un veicolo a motore che, attraversando un'intersezione con il semaforo disposto al rosso ovvero circolando contromano, cagioni per colpa la morte di una persona;

3) al conducente di un veicolo a motore che, a seguito di manovra di inversione del senso di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi o a seguito di sorpasso di un altro mezzo in corrispondenza di un attraversamento pedonale o di linea continua, cagioni per colpa la morte di una persona.

6. Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti la pena è aumentata se il fatto è commesso da persona non munita di patente di guida o con patente sospesa o revocata, ovvero nel caso in cui il veicolo a motore sia di proprietà dell'autore del fatto e tale veicolo sia sprovvisto di assicurazione obbligatoria.

7. Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti, qualora l'evento non sia esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole, la pena è diminuita fino alla metà.

8. Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti, qualora il conducente cagioni la morte di più persone, ovvero la morte di una o più persone e lesioni a una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni diciotto.

(1) Articolo inserito dall’art. 1, comma 1, L. 41/2016.

Rassegna di giurisprudenza

Profili intertemporali

In tema di successione di leggi penali, a fronte di una condotta interamente posta in essere sotto il vigore di una legge penale più favorevole e di un evento intervenuto nella vigenza di una legge penale più sfavorevole, deve trovare applicazione la legge vigente al momento della condotta (SU, 40986/2018).

La disciplina sanzionatoria introdotta con la nuova fattispecie di cui all'art. 589-bis (implicitamente evocata in attraverso il richiamo alla contestuale abrogazione dell'aggravante di cui all'art. 589 comma 3, ad opera della L. 41/2016) si pone in termini di continuità normativa con la previgente disciplina, ma il regime giuridico delle due fattispecie succedutesi è diverso: la disposizione di cui all'art. 589 comma. 2, infatti, costituiva - unitamente a quella dell'omicidio colposo commesso con violazione delle norme per la prevenzione di infortuni - ipotesi aggravata ad effetti speciali del reato di omicidio colposo; la nuova previsione dell'omicidio stradale, nella fattispecie base di cui all'art. 589-bis comma 1, di nuova introduzione integra una ipotesi autonoma di reato (in tal senso deponendo la introduzione di un nuovo titolo di reato e di una previsione normativa distinta da quella che contempla l'omicidio colposo) (Sez, 4, 33423/2018).

A seguito della introduzione, ex L. 41/2016, delle innovative fattispecie autonome dell'omicidio stradale e delle lesioni personali stradali gravi o gravissime (sulla natura di reati autonomi e non già di ipotesi aggravate, si veda Sez. 4, 29721/2017), non può più aderirsi alla interpretazione, sinora diffusa, secondo cui si ha concorso di reati, e non un reato complesso, in caso di omicidio colposo qualificato dalla circostanza aggravante della violazione di norme sulla circolazione stradale, quando detta violazione dia, di per sé, luogo ad un illecito contravvenzionale.

Può quindi affermarsi il seguente principio di diritto: «Nel caso in cui si contesti all'imputato di essersi, dopo il 25 marzo 2016 (data di entrata in vigore della L. 41/2016), posto alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza e di avere in tale stato cagionato, per colpa, la morte di una o più persone - ovvero lesioni gravi o gravissime alle stesse - dovrà prendersi atto che la condotta di guida in stato di ebbrezza alcoolica viene a perdere la propria autonomia, in quanto circostanza aggravante dei reati di cui agli artt. 589-bis, comma 1, e 590-bis, comma 1, con conseguente necessaria applicazione della disciplina sul reato complesso ai sensi dell'art. 84, comma 1, ed esclusione invece dell'applicabilità di quella generale sul concorso di reati». La stessa soluzione dovrà, naturalmente, valere nel caso di guida in stato di alterazione psico-fisica conseguente all'assunzione di sostanza stupefacenti o psicotrope (artt. 589-bis, comma 2, e 590-bis, comma 2) (Sez. 4, 26857/2018).

 

Questione di legittimità costituzionale

Quanto alla sollevata questione di legittimità costituzionale degli artt. 589-bis e 589-ter, essa è irrilevante e manifestamente infondata. Le disposizioni contestate, riguardando la configurazione del trattamento sanzionatorio di condotte individuate come punibili in materia omicidio stradale, rientrano in un ambito in cui deve riconoscersi al legislatore un ampio margine di libera determinazione. Non spetta alla Corte costituzionale assumere autonome determinazioni in sostituzione delle valutazioni riservate al legislatore, ma solo emendare le scelte di quest'ultimo in riferimento a grandezze già rinvenibili nell'ordinamento. Se così non fosse, il sollecitato intervento creativo interferirebbe indebitamente nella sfera delle scelte di politica sanzionatoria rimesse al legislatore, in spregio al principio della separazione dei poteri (Sez. 4, 40943/2018).

 

Omicidio stradale come reato autonomo

La ratio sottesa alla L. 41/2016 è quella di operare un efficace contrasto al crescente numero di vittime causate da condotte di guida colpose o sotto l'effetto di alcool e di sostanze stupefacenti, al fine di emanare un assetto normativo idoneo a regolamentare specificamente - in maniera indipendente dalle generali figure colpose di omicidio e lesioni - i reati che conseguono alle indicate condotte, caratterizzate dalla violazione della disciplina della circolazione stradale. La norma di cui all'art. 589-bis, comma 1, riproduce quanto già previsto dal capoverso dell'art. 589 che puniva l'omicidio colposo «commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale», inciso che, per evidenti ragioni di coordinamento, è stato soppresso dalla riforma (art. 3, lett. c), della L. 41/2016. Sul piano dogmatico tale fattispecie ha natura giuridica autonoma (Sez. 4, 29721/2017). Militano in tal senso la collocazione sistematica che trova spazio in un articolo a sé, inserito subito dopo l'art. 589, dotato di una rubrica inequivoca, «omicidio stradale», sia l'intitolazione della stessa L. 41/2016, relativa all'introduzione dei «reati di omicidio e lesioni personali stradali». E lo stesso legislatore inoltre, nell'art. 590-quater a riconoscere implicitamente la natura di fattispecie autonoma alla previsione di cui all'art. 589-bis, comma 1, allorquando definisce «aggravanti» le sole previsioni contemplate nei commi 2 - 6 dell'art. 589-bis (Sez. 4, 21061/2018).

 

Aggravante dello stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psico-fisica conseguente all'uso di sostanze stupefacenti

La condotta di guida in stato di ebbrezza alcolica costituisce circostanza aggravante dei delitti di omicidio stradale e di lesioni stradali gravi o gravissime dovendosi, conseguentemente, escludere, in applicazione della disciplina del reato complesso, che gli stessi possano concorrere con la contravvenzione di cui all’art. 186 CDS (Sez. 4, 144/2019).

La disciplina del reato complesso di cui all'art. 84 definisce e consacra un principio fondamentale del moderno ordinamento democratico e cioè quello di non addebitare più volte all'imputato lo stesso fatto storico, purché esso sia il momento di emersione di un'unica contrapposizione cosciente e consapevole dell'individuo alle regole che disciplinano la vita dei consociati e che sostanzia il cosiddetto ne bis in idem sostanziale. Pare chiaro che a livello di fattispecie astratta la tipizzazione del delitto di omicidio stradale aggravato, così come configurato dal legislatore, prende in considerazione un fatto, l'azione di chi guida in stato di ebbrezza, autonomamente punito dal codice della strada, con la finalità di unificare in una sola fattispecie criminosa la condotta di chi con tale comportamento causa un evento mortale, prevedendo anche un trattamento sanzionatorio diversificato a seconda che si tratti di ebbrezza grave o intermedia (Sez. 4, 50325/2018).

 

Diminuente prevista dall'art. 589-bis comma 7

La circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all'art. 589-bis, comma 7, fa riferimento all'ipotesi in cui l'evento non sia esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole: ipotesi che ricorre nel caso in cui sia accertato il c.d. concorso di colpa fra il presunto responsabile e altro utente della strada (la vittima, ma non solo essa), non evoca alcuna percentuale di colpa né in capo al colpevole, né in capo ad altri, con la conseguenza che anche una minima percentuale di colpa altrui potrà valere a integrare la circostanza attenuante (Sez. 4, 20091/2021).

l settimo comma dell'art. 589-bis, prevede una diminuzione di pena («fino alla metà») nel caso in cui l'evento «non sia esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole» (analogamente il settimo comma dell'art. 590-bis in tema di lesioni personali stradali gravi o gravissime). Tali norme sono state così modificate dal Senato nella seduta del 10 dicembre 2015 (il diverso testo approvato dalla Camera prevedeva infatti una riduzione di pena solo qualora l'evento fosse «conseguenza anche di una condotta colposa della vittima»). È del tutto evidente che la ratio della modifica risiede nella necessità di spostare l'attenzione dalla condotta interferente della vittima al piano generale dell'interferenza causale, a chiunque riferibile e di valutare detta interferenza a prescindere dall'elemento psicologico che la sorregge (dolo, colpa o addirittura assenza di suitas), risultando irragionevole un giudizio di meritevolezza del più lieve trattamento sanzionatorio ancorato ai connotati soggettivi dell'interferenza stessa (si pensi per esempio ad una condotta della vittima che sia conseguenza del caso fortuito o della forza maggiore, in cui neppure potrebbe parlarsi di condotta cosciente e volontaria o alle interferenze di terzi e non della vittima, casi che sarebbero rimasti irragionevolmente esclusi dal raggio di operatività della norma nella originaria versione, esponendola a dubbi di legittimità costituzionale). Il che pone la previsione normativa in esame nel solco delineato dall'art. 41 e colloca esattamente il fattore esterno considerato sul piano della gravità della condotta e fuori dall'ambito della responsabilità (Sez, 4, 13587/2019).

Allo scopo di mitigare il rigore del trattamento punitivo riservato all'autore del reato di omicidio stradale (o di lesioni stradali) è stata introdotta l'attenuante speciale della "causalità non esclusivamente riferibile all'agente" prevista sia dall'art. 589-bis, sia dell'art. 590-bis. L'attenuante in parola, che comporta una diminuzione della pena fino alla metà, si applica quando "l'evento non sia esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole". In sostanza, il legislatore, in termini definitori molto estesi, ha valorizzato il concorso di cause in una prospettiva applicativa inconsueta, cioè come strumento di graduazione del trattamento sanzionatorio. La peculiarità della formulazione della norma è insita nel fatto che l'attenuante andrebbe inquadrata non tanto nell'ambito del concorso di colpa ma in quello del concorso di cause. Sulla base di tale interpretazione, che è quella più aderente al testo della norma, fatta eccezione per quegli interventi causali che siano tali da escludere ipso facto la stessa imputazione dell'evento ai sensi dell'art. 41, comma 2, l'attenuante in esame sembra riferirsi a tutti quei fattori che, da un lato, non siano in rapporto di derivazione eziologica rispetto alla condotta dell'agente, e che, dall'altro, si inseriscano nel medesimo decorso causale in cui si colloca quest'ultima, di modo che tanto i primi quanto la seconda costituiscano altrettante condizioni senza le quali l'evento non si sarebbe verificato. Con la previsione in esame, dunque, il legislatore viene ad arricchire il panorama delle previsioni offerte dall'art. 41, inserendo, fra gli opposti poli costituiti dal principio di equivalenza delle cause - con conseguente irrilevanza delle concause nell'accertamento del nesso di derivazione eziologica fra singola condotta ed evento - e di esclusione del nesso di causalità da parte di fattori eccezionali sopravvenuti, una sorta di tertium genus in virtù del quale, in talune fattispecie di reato (quelle previste appunto dagli artt. 589-bis e 590-bis), alcune concause esercitano un effetto attenuante sulla responsabilità del soggetto agente e sulla conseguente relativa sanzione per la sua condotta. In tal senso, vengono in considerazione non solo le ipotesi costituite dal contributo concorrente fornito della vittima nella determinazione dell'evento ma anche ogni altra ipotesi che sia dipesa dalla condotta di altri conducenti e da altri fattori esterni da individuarsi di volta in volta. In conclusione, per l'ampiezza della sua formulazione, l'attenuante in esame, attingendo a qualunque interferenza sul piano causale, che non siano quelle idonee ad escludere la responsabilità ai sensi dell'art. 41, comma 2, si presta a legittimare la sua applicazione in presenza di qualsivoglia fattore eziologico (anche concause di tipo oggettivo, frequentemente ricorrenti nell'ambito di sinistri stradali) (Sez. 4, 13103/2019).

 

Sanzioni accessorie

È costituzionalmente illegittimo l'art. 222, comma 2, quarto periodo, CDS, nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 CPP per i reati di cui agli artt. 589-bis e 590-bis, il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa ai sensi del secondo e terzo periodo dello stesso comma 2 dell'art. 222 CDS allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi commi secondo e terzo degli artt. 589-bis e 590-bis (Corte costituzionale, sentenza 88/2019).

L'articolo 222 del CDS, al comma 2-bis, prevede, dopo l'entrata in vigore della L. 41/2016 (cui sono successivi i fatti di cui all'imputazione", che "alla condanna, ovvero all'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli articoli 589-bis e 590-bis del codice penale consegue la revoca della patente di guida". Si tratta, dunque, di sanzione accessoria che viene applicata ex lege e che prescinde dall'essere stata o meno inserita nel patto di cui all'art. 444 CPP (Sez. 4, 10082/2019).

La scelta di sottoporre a una sanzione amministrativa accessoria più grave, qual è la revoca della patente di guida, i casi di lesioni personali stradali e di omicidio stradale di cui agli artt. 589-bis e 590-bis, mantenendo la sanzione della sospensione per gli altri casi di lesioni conseguenti alle violazioni di norme del codice della strada, costituisce una prerogativa del legislatore del 2016, nell'esercizio della propria discrezionalità (Sez. 4 32239/2018).

La revoca della patente di guida di cui al quarto e al quinto periodo del comma 2 dell'art. 222 CDS opera in caso di accertata violazione degli artt. 589-bis e 590-bis, che incriminano, rispettivamente, l'omicidio stradale e le lesioni personali stradali gravi o gravissime, mentre la sospensione della patente prevista dal primo, secondo e terzo periodo del medesimo comma 2 dell'art. 222, opera in caso di altri reati, pure previsti dal CDS, in cui si verificano danni alla persona (come, ad esempio, la violazione da parte dell'imputato dell'art. 9 ter, comma 2, CDS), nonché per i fatti di omicidio colposo e lesioni personali gravi e gravissime commessi in epoca antecedente alla novella legislativa introdotta dalla L. 41/2016, in vigore dal 25 marzo 2016 (Sez. 4, 36759/2018).

È infondata la tesi della natura sostanzialmente penale della revoca della patente di guida. Il concetto di matière pénale inteso in senso sostanzialistico è stato elaborato dalla Corte di Strasburgo al precipuo fine di estendere l'applicazione del divieto di bis in idem in conformità all'art. 4 prot. n. 7 CEDU, in relazione alla libertà accordata alla Corte EDU di applicare il regime garantistico della CEDU, mentre non può risolversi nell'attribuzione di un potere in grado di annullare le differenze tra le nozioni europea ed interna di sanzione penale. In proposito, la Corte costituzionale (sentenza 49/2015) ha chiarito che, in relazione al diritto interno, l'autonomia dell'illecito amministrativo dal diritto penale attiene al più ampio grado di discrezionalità del legislatore nel configurare gli strumenti migliori per perseguire l'effettività dell'imposizione di obblighi e doveri. La Consulta ha, altresì, sottolineato come la giurisprudenza della Corte EDU abbia elaborato suoi peculiari indici per qualificare una sanzione come pena ai sensi dell'art. 7 CEDU al fine di scongiurare che vasti processi di decriminalizzazione possano avere l'effetto di sottrarre gli illeciti, così depenalizzati, alle garanzie sostanziali assicurate dagli artt. 6 e 7 della CEDU senza voler porre in discussione la discrezionalità dei legislatori nazionali nell'adottare strumenti sanzionatori ritenuti più adeguati dell'illecito penale. Tale interpretazione della materia penale in senso sostanzialistico non può essere sic et simpliciter trasposta per regolare il presente caso al fine di affermare la contrarietà della norma che impone la sanzione amministrativa accessoria rispetto ai principi sanciti dagli artt. 3 e 27 Cost.; qui non si discute della violazione del principio del ne bis in idem, posto che l'irrogazione di una sanzione amministrativa accessoria in un processo definito ai sensi dell'art. 444 CPP non equivale a dire che l'imputato sia sottoposto ad un procedimento amministrativo e ad un procedimento penale per il medesimo fatto, godendo egli delle garanzie del giusto processo all'interno del quale viene irrogata la stessa sanzione amministrativa. Non è, dunque, possibile affermare che dalla pronuncia della Corte EDU 4/03/2014 Grande Stevens c. Italia possa trarsi in termini assoluti ed astratti un principio di tendenziale equiparazione della sanzione amministrativa a quella penale, scardinando principi come la riserva assoluta di legge per le norme penali (art. 25 Cost.) ovvero la presunzione di non colpevolezza (pure affermata in Corte EDU 23/09/2008, Grayson e Barnham c. Regno Unito) che, interpretata in tutta la sua estensione, renderebbe illegittima la provvisoria esecutività di condanne pecuniarie anche in materia extrapenale, od anche il divieto assoluto di retroattività della sanzione amministrativa. Nella fattispecie qui in esame, la previsione di una sanzione amministrativa irrogata all'esito di un giudizio penale, ancorché definito ai sensi dell'art. 444 CPP con riguardo alla pena principale, vanifica la stessa preoccupazione, rinvenibile in alcune enunciazioni teoriche della giurisprudenza CEDU, di una configurazione amministrativa dell'illecito al fine precipuo, se non esclusivo, di eludere le garanzie proprie del processo penale (cosiddetta «truffa delle etichette»). In sostanza, la ricorrenza di alcuni caratteri comuni non comporta, di necessità, l'equiparazione della sanzione amministrativa a quella penale a tutti gli effetti. Anche ove, in ipotesi, si volesse estendere la portata applicativa dei criteri interpretativi posti dalla Corte EDU, quanto sopra va letto, in ogni caso, nell'ambito sanzionatorio penale entro il quale si configura la sanzione amministrativa di cui si tratta. L'obbligatorietà dell'irrogazione della sanzione amministrativa, dunque, si ritiene derivi da una scelta legislativa rientrante nei limiti dell'esercizio ragionevole del potere legislativo, più volte considerata dal giudice delle leggi non sindacabile sotto il profilo della pretesa irragionevolezza, in quanto fondata su differenti natura e finalità rispetto alle sanzioni penali. Giova richiamare, in proposito, i casi nei quali la Consulta ha ritenuto trattarsi di sanzione con chiara finalità preventiva, piuttosto che sanzionatoria (Corte costituzionale 196/2010, in cui il criterio dello scopo è stato adoperato in una questione di legittimità costituzionale che riguardava la possibilità di applicare retroattivamente la normativa in materia di confisca obbligatoria del veicolo per guida in stato di ebbrezza). Una lettura sistematica della disposizione che impone la revoca della patente di guida, dunque, consente di ribadirne la natura amministrativa, e la dimensione accessoria, ancillare, rispetto al procedimento penale, pur quando ordinata dal giudice penale; tant'è che resta eseguibile ad opera del Prefetto, ai sensi dell'art. 224, comma 3, CDS, anche in caso di estinzione del reato per causa diversa dalla morte dell'imputato (Sez. 4, 42346/2017).

 

Casistica

In tema di omicidio e lesioni per colpa cosiddetta "stradale", il giudice di merito, riconosciuto il concorso di colpa della persona offesa, adempie il dovere di motivazione in ordine alla graduazione delle colpe concorrenti di cui è impossibile determinare con certezza le diverse percentuali dando atto di aver preso in considerazione le modalità del sinistro e di aver raffrontato le condotte dei soggetti coinvolti (Sez. 4, 31346/2013).