Art. 368 - Calunnia

1. Chiunque, con denunzia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all’autorità giudiziaria o ad un’altra autorità che a quella abbia obbligo di riferirne o alla Corte penale internazionale, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito con la reclusione da due a sei anni (1).

2. La pena è aumentata se s’incolpa taluno di un reato pel quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o un’altra pena più grave.

3. La reclusione è da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna alla reclusione superiore a cinque anni; è da sei a venti anni, se dal fatto deriva una condanna all’ergastolo; e si applica la pena dell’ergastolo, se dal fatto deriva una condanna alla pena di morte (2).

(1) Comma così modificato dall’art. 10, comma 3, L. 237/2012.

(2) La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abolita dall’art. 1, DLGS LGT 224/1944, ad essa ha sostituito la pena dell’ergastolo.

Rassegna di giurisprudenza

Elemento oggettivo

Ai fini della configurabilità del reato di calunnia, non è necessario l’inizio di un procedimento penale a carico del calunniato, occorrendo soltanto che la falsa incolpazione contenga in sé gli elementi necessari e sufficienti per l’esercizio dell’azione penale nei confronti di una persona univocamente e agevolmente individuabile; cosicché soltanto nel caso di addebito che non rivesta i caratteri della serietà, ma si compendi in circostanze assurde, inverosimili o grottesche, tali da non poter ragionevolmente adombrare – perché in contrasto con i più elementari principi della logica e del buon senso – la concreta ipotizzabilità del reato denunciato, è da ritenere insussistente l’elemento materiale del delitto di calunnia (Sez. 2, 14761/2018).

Al fine della configurabilità del delitto di calunnia, l’accusa della commissione di un reato può essere formulata in qualunque atto rivolto ad una pubblica autorità che sia tenuta, ai sensi dell’art. 331 CPP, a denunciare all’AG la notizia di reati perseguibili d’ufficio, e non soltanto attraverso una formale denuncia diretta al giudice penale (Sez. 6, 30444/2018).

Il delitto di calunnia non è configurabile se il reato oggetto della falsa incolpazione sia punibile a querela, richiesta o istanza e questa manchi, nonché in ogni altro caso in cui la falsa incolpazione sfocerebbe in una declaratoria di improcedibilità, come nel caso di mancanza di autorizzazione a procedere o là dove operi l’effetto preclusivo derivante dalla decisione irrevocabile di un precedente giudizio sugli stessi fatti (Sez. 6, 22309/2018).

Il reato di calunnia sussiste anche quando il fatto oggetto della falsa incolpazione sia diverso da quello effettivamente commesso dalla persona incolpata, se questa diversità non incide sulla identificazione del denunciato, perché il principale bene giuridico tutelato dall’art. 368 è il corretto funzionamento della giustizia, che viene comunque turbato anche quando viene attribuito all’incolpato un reato diverso da quello da lui effettivamente commesso, indipendentemente dalla diversa gravità dell’uno rispetto all’altro (Sez. 6, 9874/2016).

Il delitto di cui all’art. 368 non viene meno né per effetto di successiva abrogazione del reato presupposto, poiché questo costituisce un mero elemento di fatto della fattispecie, né in conseguenza di un sopravvenuto mutamento normativo che renda il reato presupposto perseguibile a querela. Di fatti, l’elemento materiale del reato di calunnia consiste nell’incolpare falsamente taluno di un reato, cioè di un fatto penalmente rilevante comprensivo di tutti gli elementi costitutivi.

Il reato di cui all’art. 368 è un reato di pericolo la cui ratio consiste nella tutela del corretto esercizio della giurisdizione penale e, in particolare, nella necessità di non instaurare procedimenti penali a carico di un innocente; il delitto si consuma con l’insorgere della semplice possibilità - rilevante- che si instauri un processo penale e che, quindi, venga condannato un innocente.

Ciò giustifica il principio per cui la valutazione della falsa attribuzione del fatto costituente reato, cioè dell’elemento materiale della fattispecie criminosa, deve essere compiuta al momento in cui il reato si consuma, e, dunque, in relazione alla legge vigente all’epoca in cui tale comportamento è posto in essere; non assume decisiva valenza la circostanza che la norma disciplinante il reato del quale sia stato falsamente incolpato un innocente venga successivamente abrogata, poiché l’originaria falsa incolpazione resta in grado di esporre in concreto un innocente all’instaurazione di un procedimento penale a suo carico ed il fatto precedentemente commesso conserva la sua offensività nonostante la successiva depenalizzazione del delitto presupposto (Sez. 6, 39981/2018).

 

Elemento soggettivo

Avuto riguardo all'elemento psicologico del reato di calunnia, la consapevolezza del denunciante in merito all'innocenza della persona accusata può escludersi solo quando la supposta illiceità del fatto denunciato sia ragionevolmente fondata su elementi oggettivi, connotati da un riconoscibile margine di serietà, e tali da ingenerare concretamente la presenza di condivisibili dubbi da parte di una persona di normale cultura e capacità di discernimento, che si trovi nella medesima situazione di conoscenza (Sez. 6, 24752/2022).

Ai fini dell'integrazione del delitto di calunnia, la consapevolezza del denunciante in merito all'innocenza dell'accusato deve essere esclusa allorché la supposta illiceità del fatto denunziato sia ragionevolmente fondata su elementi oggettivi e seri tali da ingenerare dubbi condivisibili da parte di una persona, di normale cultura e capacità di discernimento, che si trovi nella medesima situazione di conoscenza. Pertanto, allorché permanga un qualche dubbio o sussista un errore ragionevole in capo all'agente, non può ritenersi integrato il delitto di calunnia. Proprio per la particolare natura del dolo di calunnia, l'elemento soggettivo richiesto non può consistere nel dolo eventuale, in quanto la formula contenuta nella norma penale in questione, secondo cui è necessaria la incolpazione di "taluno che egli sa innocente", richiede la certa percezione dell'agente dell'innocenza dell'incolpato (Sez. 6, 20950/2022).

In tema di calunnia, l’elemento soggettivo, che deve estendersi alla consapevolezza di esporre al rischio di un procedimento penale l’accusato che si sa innocente, è evidenziato dalle concrete circostanze e dalle modalità esecutive che definiscono l’azione criminosa, dalle quali, con processo logico deduttivo, è possibile risalire alla sfera intellettiva e volitiva del soggetto ai finì dell’accertamento del dolo (Sez. 6, 21204/2013).

Il dolo di calunnia è elemento ricostruibile in via probatoria anche attraverso elementi indiziari o sintomatici logicamente composti e di questi ultimi costituisce certa espressione l’esistenza nell’esposizione contenuta in denuncia di circostanze di fatto false e come tali conosciute dal denunziante (Sez. 6, 29265/2018).

È assente il dolo del reato di calunnia quando la falsa incolpazione consegue ad un convincimento dell’agente in ordine a profili essenzialmente valutativi o interpretativi della condotta denunciata, sempre che tale valutazione soggettiva non risulti fraudolenta o consapevolmente forzata (Sez. 6, 6128/2019).

In tema di calunnia, perché possa escludersi la consapevolezza dell’innocenza del denunciato, occorre accertare che il denunciante abbia agito basandosi su circostanze di fatto non solo veritiere, ma la cui forza rappresentativa sia, contrariamente al caso di specie, tale da indurre una persona di normale cultura e capacità di discernimento a ritenere la colpevolezza dell’accusato (Sez. 6, 50329/2018).

In tema di calunnia, l’erronea convinzione della colpevolezza della persona accusata esclude il dolo del denunciante, laddove vi siano state un’effettiva verifica o una corretta rappresentazione dei fatti storici su cui l’errore si è fondato, in quanto l’ingiustificata attribuzione come vero di un fatto, di cui non si è accertata la realtà, presuppone la certezza della sua non attribuibilità sic et simpliciter all’incolpato (Sez. 6, 10289/2014).

 

Casistica

Integra il reato di calunnia anche la incolpazione cosiddetta reale o indiretta, nella quale siano portate a conoscenza dell’AG circostanze idonee ad indicare taluno come responsabile di un fatto costituente reato che non ha commesso (Sez. 7, 13407/2019).

La denuncia all’autorità nella quale si affermi falsamente un delitto mai avvenuto costituisce corpo di reato che, in quanto tale, deve essere sottoposto a sequestro ed acquisito agli atti del procedimento; ne consegue che le affermazioni ivi contenute debbono essere valutate nel loro complesso e sono interamente utilizzabili ai fini della prova degli elementi costitutivi del delitto in questione (Sez. 6, 7626/2019).

Ai fini della configurabilità del delitto di falsa testimonianza è sufficiente che i fatti oggetto della deposizione siano pertinenti alla causa e suscettibili di avere efficacia probatoria, anche se, in concreto, le dichiarazioni non hanno influito sulla decisione del giudice (Sez. 6, 3268/2019).

La condotta consistente nella falsa denuncia di smarrimento di un assegno, già in precedenza rilasciato dal titolare del conto corrente ad un terzo, dà luogo se non alla diretta incolpazione in senso formale, almeno alla simulazione nei confronti del possessore di indizi di reità tali da rendere prevedibile l’apertura a carico del terzo di un procedimento penale in ordine a delitto procedibile d’ufficio, primariamente quello di ricettazione, derivante dalla ricezione di bene che non può dirsi tecnicamente smarrito, in quanto recante i segni dell’altrui legittimo possesso. Tale condotta non può neanche in astratto costituire lo strumento legittimo per far fronte ad un eventuale inadempimento altrui e per impedire la messa all’incasso del titolo, conforme alla sua intrinseca natura, in quanto essa comporta conseguenze, consistenti nell’indiretta incolpazione di un grave delitto, all’evidenza eccentriche e manifestamente sproporzionate, in termini di correlazione tra pericolo di offesa e necessità di difesa, rispetto alla sfera dei rapporti sottostanti. La condotta medesima integra quindi il reato di calunnia (Sez. 6, 49932/2018).

La falsa denuncia di smarrimento di un assegno, presentata dopo la consegna del titolo da parte del denunciante ad altro soggetto, integra il delitto di calunnia cosiddetta formale o diretta, mentre, ove la denuncia di smarrimento venga presentata prima della consegna, è configurabile il delitto di calunnia cosiddetta reale o indiretta, a condizione, tuttavia, che risulti dimostrata la sussistenza di uno stretto e funzionale collegamento, oggettivo e soggettivo, tra la falsa denuncia e la successiva negoziazione, diversamente integrandosi il delitto di simulazione di reato (Sez. 2, 14145/2018).

La falsa denuncia di smarrimento di assegni bancari, presentata da un soggetto dopo averli consegnati ad altra persona in pagamento di un'obbligazione, integra il delitto di calunnia anche quando preceda la negoziazione dei titoli, atteso che, sebbene la stessa non contenga una notizia di reato, preavverte l'autorità che la riceve su possibili reati commessi da chi verrà scoperto a detenerlo. La falsa denuncia costituisce, in tal caso, l'espediente per bloccare la circolazione del titolo e il denunziante è consapevole di simulare una circostanza idonea a far sì che il soggetto, al quale ha trasmesso l'assegno e che in buona fede lo girerà o lo porrà all'incasso, potrà essere perseguito d'ufficio per furto aggravato o per ricettazione e che la simulazione posta in essere non si esaurisce in tracce del reato di appropriazione di cosa smarrita (Sez. 6, 31236/2020).

Sebbene il delitto di cui all’art. 368 non possa configurarsi allorquando oggetto specifico della falsa incolpazione sia un reato perseguibile a querela, risulta irrilevante la possibile desumibilità, in via alternativa, dalla falsa denuncia di smarrimento di assegni, di reati perseguibili a querela (quali – ad esempio – il furto non aggravato) atteso che la verifica sul punto «non può certo compiersi ex post, restando altrimenti frustrata la finalità [...] di evitare il pericolo sia che l’amministrazione della giustizia venga tratta in inganno sia che venga leso l’onore e la libertà personale del soggetto falsamente incolpato.

E il pericolo, dunque, il dato ontologico che contrassegna la fattispecie in esame, derivante dalla possibilità  da verificare ex ante  che si instauri un procedimento penale, con il rischio di irrogare una pena nei confronti di un innocente» (Sez. 6, 13912/2004). Muovendo da questa impostazione, si è più volte ribadito espressamente, anche dopo la depenalizzazione della fattispecie di appropriazione di cosa smarrita di cui all’art. 647, che, per la configurabilità del delitto di calunnia, è sufficiente che i fatti falsamente rappresentati all’AG (o ad altra Autorità che alla prima abbia l’obbligo di riferire), pur se non univocamente indicativi di una specifica fattispecie di reato, siano tali da rendere ragionevolmente prevedibile l’apertura di un procedimento penale per un fatto procedibile di ufficio a carico di una persona determinata (Sez. F, 43798/2018).

L’informatore di PG non assume, per la totale, evidente assenza delle necessarie caratteristiche pubblicistiche, la qualifica di “Autorità che abbia obbligo di riferire alla Autorità giudiziaria” e, dall’altro e sul piano funzionale, né ha alcun obbligo di riferire, né alla PG e tantomeno alla stessa AG, la notizia di reato eventualmente appresa da terzi, obbligo che l’art. 331, comma 2, CPP impone ai soli pubblici ufficiali ed incaricati di pubblico servizio e l’art. 347 CPP riserva alla PG, mentre un obbligo di denuncia per il privato cittadino, quale è in definitiva l’informatore della PG, esiste solo nei casi di cui all’art. 364.

In conclusione, quindi, va affermato il principio di diritto per cui in tema di calunnia diretta ex art. 368 non realizza l’elemento materiale di fattispecie il fatto di aver comunicato la falsa incolpazione ad un informatore della PG sia pure nella fondata previsione che quest’ultimo avrebbe successivamente trasmesso la falsa “notitia criminis” alla PG che aveva l’obbligo di riferirla poi all’AG. In merito invece alla calunnia reale, va preliminarmente sottolineato come la strutturazione materiale della condotta punibile, come descritta nell’art. 368, individui, sulla base di un argomento interpretativo di carattere testuale, due distinte modalità di esecuzione, una realizzata mediante denunce o atti consimili rivolte all’AG o a chi ha l’obbligo di riferire a quest’ultima e la seconda, chiaramente distinta dalla prima mediante l’uso della disgiuntiva “ovvero”, realizzata con atti materiali di (falsa) incolpazione costituiti dalla simulazione delle tracce di un reato a carico di una persona che si sa innocente.

La conclusione delle considerazioni che si sono svolte induce quindi necessariamente ad affermare che la calunnia “reale” prescinde dalla denuncia di reato alla AG (o ad una altra che abbia obbligo di riferire a quest’ultima) e si realizza, sotto l’aspetto dell’elemento oggettivo del reato, con la sola predisposizione materiale di una situazione reale di simulazione, a carico di una persona, delle tracce di un reato in realtà mai avvenuto (Sez. 6, 33033/2018).

La condotta di chi con querela presentata ai carabinieri accusa taluno di averlo ingiuriato è chiaramente idonea alla attivazione del procedimento e, a prescindere da una formale apertura della indagine, comporta, da parte degli organi inquirenti, una necessaria valutazione che, nel caso di specie, per mezzo della richiesta di archiviazione, si è puntualmente realizzata. Dalla configurazione di reato di pericolo della calunnia, consegue la irrilevanza del fatto che il procedimento si sia successivamente concluso con un decreto di archiviazione essendo sufficiente, ai fini della integrazione dell’elemento oggettivo, una falsa accusa astrattamente configurabile quale notitia criminis, idonea alla apertura delle indagini, a prima vista non manifestamente inverosimile (Sez. 6, 24496/2018).