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Art. 379-bis - Rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale (1)

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque rivela indebitamente notizie segrete concernenti un procedimento penale, da lui apprese per avere partecipato o assistito ad un atto del procedimento stesso, è punito con la reclusione fino a un anno. La stessa pena si applica alla persona che, dopo avere rilasciato dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal pubblico ministero ai sensi dell’articolo 391-quinquies del codice di procedura penale.

(1) Articolo aggiunto dall’art. 21, L. 397/2000.

Rassegna di giurisprudenza

L'art. 379-bis, prima ipotesi, trova applicazione esclusivamente nei confronti delle persone che, in assenza delle relative qualifiche funzionali di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, non sono già tenute all'obbligo del segreto di cui all'art. 329 c.p.p., la cui violazione trova sanzione nell'art. 326 c.p.; partecipazione ed assistenza attengono alle fasi di formazione o di messa in esecuzione dell'atto processuale - promanante tanto dall'autorità giudiziaria o da suoi delegati ed ausiliari quanto dal difensore nell'ambito delle indagini difensive - ma non a quelle della ricezione dell'atto stesso o di soggezione ai relativi effetti. (In applicazione di tale principio, la Suprema corte ha evidenziato come, nel caso di specie, il ricorrente non solo non aveva partecipato né assistito alla formazione dell'atto processuale di cui all'imputazione, individuabile in senso proprio nella materiale predisposizione da parte dell'ufficio del pubblico ministero della richiesta di documenti di cui all'art. 284, comma 1, c.p.p., ma neanche a quella della relativa ricezione, esauritasi nella consegna ad opera di un ufficiale di polizia giudiziaria al formale destinatario) (Sez. 6, 47210/2021).

La fattispecie di cui all’art. 379-bis vede il suo campo di applicazione ristretto dalla clausola d’esordio della disposizione, “salvo che il fatto costituisca più grave reato”, che le assegna chiaramente una funzione residuale. Quando il fatto di aver rivelato notizie segrete da parte di chi ha assistito o partecipato al compimento di un atto del procedimento penale non è altrimenti punito viene in rilievo la fattispecie ora in esame. Ma se la rivelazione è fatta per aiutare il destinatario della stessa ad eludere le investigazioni o a sottrarsi alle ricerche, la norma incriminatrice va individuata nell’art. 378, che punisce il favoreggiamento personale in termini di maggiore gravità. La clausola di riserva che compare nell’art. 379-bis impedisce pertanto di fare applicazione di quella norma incriminatrice, proprio perché il fatto trova già qualificazione, come reato più grave, ad opera di altra fattispecie (Sez. 1, 13854/2019).

Il delitto di rivelazione di segreti inerenti ad un procedimento penale (art. 379-bis) ha ad oggetto quelle notizie che siano state apprese in occasione della partecipazione o dell’assistenza all’atto posto in essere nel procedimento e riguarda, pertanto, l’atto del procedimento in quanto tale, nonché la sua documentazione, ma non il fatto storico oggetto dell’atto e dell’indagine di cui il soggetto abbia avuto precedentemente conoscenza (nel caso di specie è stato escluso il reato “de quo” in relazione alla consegna del contenuto di alcuni “notebooks” ad un giornalista, avvenuta successivamente al sequestro del materiale ed alla sua restituzione in favore dell’imputata, senza che il provvedimento di restituzione prescrivesse divieti o limitazioni al riguardo) (Sez. 6, 20105/2011).