Art. 695 - Fabbricazione o commercio non autorizzati di armi
1. Chiunque, senza la licenza dell’autorità, fabbrica o introduce nello Stato, o esporta, o pone comunque in vendita armi, ovvero ne fa raccolta per ragioni di commercio o d’industria, è punito con l’arresto fino a tre anni e con l’ammenda fino a euro 1.239 (1).
2. Non si applica la pena dell’arresto, qualora si tratti di collezioni di armi artistiche, rare o antiche.
(1) Ammenda così aumentata ai sensi dell’art. 113, L. 689/1981.
Rassegna di giurisprudenza
Il “manganello” o “sfollagente” è esplicitamente compreso tra le armi indicate nell’art. 4, comma primo, L. 110/1975 di cui è vietato il porto, salvo le autorizzazioni previste dall’art. 42 TULPS, in quanto strumento la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona (Sez. 1, 21780/2017).
Anche il “manganello telescopico” od estensibile, infatti, costituisce uno strumento, che possiede una oggettiva adeguatezza a recare offesa alla persona, ed è, pertanto, senz’altro riconducibile tra gli oggetti menzionati nella prima parte del comma secondo della suddetta norma incriminatrice (Sez. 1, 26021/2013). L’importazione senza licenza di armi destinate all’offesa – tra cui il manganello telescopico – integra il reato di cui all’art. 695 (Sez. 1, 15431/2010) (riassunzione dovuta a Sez. 7, 1108/2019).
La detenzione e la messa in commercio di bombolette spray antiaggressione, contenente oleorisin capsicum, secondo un costante indirizzo, integra il reato di cui all’art. 695, laddove tale strumento di autodifesa non rispetti le caratteristiche stabilite dal decreto ministeriale 12 maggio 2011 n. 103 (Sez. 1, 57624/2017).
Per quanto attiene alla contestazione di cui all’art. 695, si osserva che a norma dell’art. 31 TULPS non si possono fabbricare armi senza licenza del Questore. La necessità di rendere possibile un efficace controllo sulla circolazione delle armi impone di ricomprendere in questo concetto anche la fabbricazione artigianale (Sez. 1, 30099/2015).
In tema di reati concernenti le armi, per arma in senso proprio deve intendersi quella la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona, e che rientrano in tale categoria, secondo l’art. 30 TULPS e l’art. 45 comma primo, del relativo regolamento, sia le armi da sparo sia quelle cosiddette bianche, mentre non sono da ritenersi armi, e non è quindi loro applicabile, in caso di detenzione o porto, la relativa disciplina, quegli strumenti, che, pur avendo una specifica diversa destinazione (domestica, agricola, scientifica, sportiva, industriale e simili), possono tuttavia servire occasionalmente all’offesa personale, ed essere ritenuti strumenti atti a offendere, secondo le indicazioni date dall’art. 4 L.110/1975.
Delle armi proprie in genere è vietata la detenzione non previamente denunciata all’autorità di pubblica sicurezza); delle armi improprie è vietato solo il porto, non anche la detenzione, e non è, quindi, ipotizzabile la detenzione abusiva di cui all’art. 697.
Nella giurisprudenza di legittimità, si è anche affermato che il baricentro della distinzione tra la categoria delle armi proprie e quella delle armi improprie risiede non tanto nelle caratteristiche costruttive e strutturali dei singoli strumenti e nella idoneità all’offesa alla persona, comune sia all’una sia all’altra categoria, quanto nella individuazione, tra tutte le possibili destinazioni, di quella principale corrispondente all’uso normale da accertare con specifico riferimento a quello che rappresenta l’impiego naturale dei singoli strumenti in un determinato ambiente sociale alla stregua dei costumi, delle usanze, delle esperienze affermatisi in un dato momento e, con riferimento alle fattispecie concrete analizzate e tra l’altro, si è ritenuto non rientrare nel novero delle armi proprie e il loro porto ingiustificato integrare il reato di cui all’art. 4, comma 2, L. 110/1975 e non quello previsto dall’art. 699, il cosiddetto machete, che, in quanto strumento elettivamente concepito per impieghi agricoli o boschivi, non può essere considerato come naturalmente ed esclusivamente destinato all’offesa della persona e il coltello da lancio, normalmente destinato a uso sportivo per il tiro al bersaglio; si sono considerate armi proprie non da sparo o bianche, il cui porto senza licenza al di fuori della propria abitazione integra il reato di cui all’art. 699, la sciabola da samurai, il pugnale, il coltello a scatto, detto “molletta”, la “katana”, tipica spada utilizzata dai samurai giapponesi, il coltello a serramanico dotato di un sistema di blocco della lama; si sono ritenuti rientrare nel novero delle armi bianche proprie, la cui importazione senza licenza integra il reato di cui all’art. 695 le “katane” giapponesi, le spade, i pugnali, le scimitarre e le tesserine rettangolari taglienti e appuntite, che nascono come armi e sono destinate all’offesa; si è ricondotto alla categoria delle armi improprie l’attrezzo sportivo denominato “long chang”, utilizzato nelle arti marziali, il cui uso integra la circostanza aggravante prevista dall’art. 585, comma 2, n. 2 (lesione personale procurata con l’uso di strumenti atti a offendere) (riassunzione dovuta a Sez. 1, 37208/2014).