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Coerenza

Ombre
Ph. Cinzia Falcinelli / Ombre

C'è qualcuno che non pensa che essere coerenti sia una virtù? Quasi impossibile da credersi.

La coerenza dà sicurezza, perché sai cosa aspettarti da una persona, perché ti indica con semplicità la strada da percorrere, perché ti fa capire dov'è il giusto e dove lo sbagliato, perché è un porto sicuro dove rifugiarti nel caos delle mille scelte che ogni giorno ti si pongono davanti.

Con orgoglio ci definiamo "coerenti" per giustificare scelte spesso difficili ma di cui andiamo fieri, oppure ammiriamo chi riconosciamo come "coerente" perché compie azioni dure ma logiche, robuste, saldate all'immagine che quel qualcuno ha, fino a quel momento, dato di sé.

Il coerente non offre sorprese, non tradisce le aspettative che su di lui si ripongono e non cambia idea.

Ma... davvero la coerenza può essere un valore?

Essere coerenti ci arricchisce?

Restare immutabili e fedeli a sé stessi – o all’immagine che si è data di sé – nonostante l’incessante mutevolezza degli scenari che la vita ci presenta rappresenta una virtù?

Comportarci in maniera coerente impone una scelta e, nel momento in cui si sceglie, automaticamente si rinuncia a qualcosa.

E se quel qualcosa a cui rinunciamo fosse una parte di noi?

Se, in nome della tanto desiderata coerenza, fossimo costretti a non scegliere noi stessi?

Se, in realtà, le decisioni assunte non partissero dal desiderio di percorrere il nostro viaggio interiore ma dal bisogno di compiacere gli altri e compiacersi?

Se ciò che chiamiamo “coerenza” fosse solo il frutto della sterile necessità del non cambiare idea nonostante la costante variabilità del fattore “vita”?

Se ci nascondessimo dietro lo scudo della coerenza per non affrontare le nostre paure, per nasconderle?

Se la coerenza fosse la sabbia con cui copriamo i nostri vuoti?

Essere fedeli a sé non dovrebbe comportare alcuna perdita, qualsiasi sia la scelta.

La rinuncia si ha solo se si vive seguendo l'immagine statica di noi, non l'essenza.

Nel nostro percorso interiore, non ci dovrebbero essere scelte coerenti o incoerenti: sarebbero tutte coerenti perché tutte espressioni della volontà di trovare noi stessi, arricchirci di vita vera adeguandoci ai diversi scenari che la stessa ci pone di fronte.

L'incoerenza appare solo quando accendiamo la luce artificiale, quella che ci serve ad illuminare il buio delle convenzioni, degli stereotipi, del sentire comune, della staticità delle idee. Quando siamo illuminati dalla luce naturale del nostro cuore, non vi sono ombre perché la luce irradia dal centro muovendosi con noi e non vi sono rinunce.

La cartina al tornasole per la misurazione della coerenza è l'amore.

Per amore si può cambiare il proprio modo di vedere le cose, si può abbracciare un altro stile di vita; si possono fare scelte e intraprendere percorsi che ai più appaiono insensati perché comportanti, in un modo o nell'altro, una privazione.

Qualsiasi scelta o comportamento che comporti una deviazione dal percorso inizialmente intrapreso può facilmente essere tacciato per “incoerente”: ma la presunta “incoerenza” costituisce un disvalore se si traduce nella capacità di prendere atto della mutevolezza degli scenari e percepirsi fedeli a un sè in movimento?

Noi vorremmo che la nostra strada da percorrere fosse una linea retta, priva di salite, di curve, di dossi, di buche, di biforcazioni. Invece siamo costantemente di fronte a bivi, a strade tortuose che si biforcano all'improvviso. Ed è comprensibile chiedere aiuto alla "coerenza", che ci viene in soccorso, asfaltando il terreno, rendendolo più facilmente percorribile e visibile: d’altronde risulta più difficile gestire ed affrontare la complessità dell'“incoerenza” che la semplicità e la linearità della “coerenza”.

Ma ricordiamoci che al centro di quei bivi ci siamo noi con il nostro cuore e che a furia di ricorrere all'asfalto, potremmo ritrovarci con un mucchio di catrame tra le mani.