Confini di carta, carte sul confine
Carte géométrique des parties du cours du Var et de l’Esteron depuis le Ruisseau de Riolan jusqu’à la mer, pour servir à la limitation du Comté de Nice et de la Provence (Trattati diversi, mazzo 31, n. 6, 29 maggio 1760, particolari)
Il 24 marzo 1760 con il Trattato di Torino vengono fissati i confini tra il Regno di Sardegna e la Francia, completando l’opera di consolidamento territoriale iniziata da Carlo Emanuele III con il trattato del 1737, che definiva il confine con il Vallese, quello del 1751, firmato con l’imperatrice Maria Teresa in merito ai territori milanesi passati in mano sabauda nella prima metà del secolo e quello del 1754, riguardante i confini con la Repubblica di Ginevra.
Oltre al carteggio diplomatico e al Trattato, si conservano nell’Archivio di Stato di Torino le rappresentazioni cartografiche eseguite al duplice scopo di supportare le trattative e di documentare gli accordi intercorsi tra i due Paesi.
Il Trattato contiene il testo firmato a Torino dai rappresentanti dei due Stati (per il Regno sardo il Primo segretario per gli Affari Esteri Giuseppe Antonio Ossorio, per la Francia l’ambasciatore a Torino François-Claude-Bernard-Louis de Chauvelin) ma è la traduzione grafica a dare evidenza all’effettiva delimitazione territoriale.
BOX DI APPROFONDIMENTO: Nel Regno di Sardegna le competenze tecniche accumulate in ambito topografico e ingegneristico nel corso del XVII secolo vengono organizzate nel 1738 con l’istituzione dell’Ufficio topografico regio: l’evoluzione nella rilevazione sul terreno si giova poi nel corso del secolo dei confronti e degli scambi tra i topografi sabaudi e quelli francesi. Dal 1742 vengono costituite anche tre giunte permanenti “per le materie de’ confini”, al fine di individuare e risolvere le pendenze in rapporto ai punti di demarcazione e agli episodi di violazione o contestazione tra gli Stati. L’Ufficio topografico coadiuva in seguito anche l’opera di vigilanza condotta dal Commissariato Generale dei Confini, organo creato nel 1782 e subordinato alle giunte e poi, dal 1784, direttamente alle Segreterie di Stato per gli Affari Interni e Esteri: soppresso durante il periodo francese, il Commissariato viene ricostituito nel 1817 continuando il lavoro di raccolta delle informazioni relativamente all’arco delle frontiere fino al 1854.
Il tracciamento su carta del confine con la Francia è affidato nel 1759 a due commissari, il consigliere di Stato barone Jean Joseph Foncet de Montailleur per il re di Sardegna e il direttore delle fortificazioni del Delfinato maresciallo Pierre Bourcet per il re di Francia, i quali, insieme a due nutrite squadre di ingegneri, topografi e geografi, viaggiano sulle Alpi per misurare e rilevare il territorio.
Il confine viene in conclusione raffigurato su otto fogli numerati da A a H, allegati al verbale di delimitazione territoriale firmato a Torino il 29 maggio del 1760 e ratificato a luglio dai due Governi (una tiratura a stampa di 14 fogli, disegnata dal capitano ingegnere e geografo Villaret e incisa da De La Haye, si conserva in Archivio nel fondo Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e B, Piemonte, n. 6)
La gestione dei confini non comporta solo decisioni strettamente politiche: nel trattato (articolo XVI) si decide anche che «les titres et documens» relativi a «cessions et échanges portés par ce Réglement des limites» devono essere integrati con quelli «des pays échangés par les Traités d’Utrecht, de Lion et autres précédens». Le parti in causa sono dunque tenute a nominare dei delegati per riconoscere gli archivi di rispettiva competenza che devono seguire la sorte dei territori scambiati.
Nel 1762 giungono a Torino le scritture riguardanti Nizza e la Savoia, e verso la Francia partono quelle relative alle province di Bressa, Bugey, Gex, Valromey, Delfinato, Diois, Valentinois e Barcellonetta. Quello stesso anno i topografi Antonio Durieu, Giuseppe Castellino, Ignazio Amedeo Galletti sono incaricati di formare le carte dei nuovi confini, aggiornando la Carta generale degli Stati Sardi realizzata da Borgonio nel 1680, che viene data alle stampe nella versione del 1772 ampliata con le raffigurazioni dei paesi di nuovo acquisto, sia di qua che di là dai monti.
A seguito dell’accordo del 1760 assistiamo dunque alla prima applicazione del principio della territorialità degli archivi, che avrebbe successivamente preso sempre più piede nella diplomazia europea: esattamente un secolo più tardi, nella Convenzione firmata a Parigi il 23 agosto 1860 dal Regno di Sardegna e dall’Impero francese (in seguito agli accordi stipulati durante la Seconda guerra di indipendenza), lo stesso principio è ribadito all’articolo 10, dove si stabilisce il passaggio alla Francia di Nizza e della Savoia unitamente ai loro archivi conservati a Torino. Parimenti la Francia si impegna a “restituire” alla “famiglia reale” i documenti a essa relativi che si possono ancora trovare nelle province appena cedute.
Il Governo sardo interpreta la convenzione intendendo la necessità di consegnare i soli documenti presenti sul territorio nizzardo e savoiardo (in sostanza gli archivi dell’Insinuazione e quelli prodotti dalle Intendenze, dalle Magistrature ordinarie, dagli enti ecclesiastici e dalle opere pie locali), mentre i rappresentanti francesi avanzano pretese anche sui fondi storici riguardanti le due province conservati nei Regi Archivi di Torino, trasferiti nella capitale a seguito del Trattato di Torino del 1760. Questa posizione viene ripresa più volte nel corso degli anni e sfocia in una lunga contesa diplomatica terminata solo con l’approvazione del Trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947.
Nell’immediato Secondo dopoguerra infatti, i documenti torinesi rivendicati dal governo francese ormai da quasi cento anni, si trovano al centro di intensi scambi diplomatici, che vedono protagonisti per parte italiana il Ministero degli Affari esteri, il Ministero dell’Interno (da cui dipende all’epoca l’Ufficio centrale degli Archivi di Stato) e l’Archivio di Stato di Torino e che conducono nel 1946 alla convocazione di una Commissione interministeriale per la trattazione della questione.
Il “Trattato di pace tra le potenze alleate e associate e l’Italia”, stipulato a Parigi nel 1947, sancisce la responsabilità italiana nella guerra appena conclusa, disponendo a carico del Paese pesanti cessioni territoriali e riparazioni militari ed economiche. A tali obblighi l’articolo 7 aggiunge quello di consegnare al Governo francese tutte le carte antecedenti il 1860 che riguardano il territorio ceduto in quella data alla Francia.
I lavori di una apposita Commissione italo-francese portano infine i due Paesi a siglare nel 1949 un accordo che stabilisce con precisione quali documenti debbano rimanere a Torino (i rotoli con i conti di castellania, i documenti dei territori non ceduti nel 1860, i titoli dinastici e i documenti di natura statale), fatta salva la possibilità per parte francese di richiederne copia.
Al culmine delle polemiche sorte in Italia dopo la firma dell’accordo, la “Gazzetta del Popolo”, grazie al contributo dell’Unione industriale di Torino, promuove un progetto di microfilmatura del materiale destinato alla consegna: il Ministero dell’Interno, consultata la Direzione dell’Archivio, stabilisce l’ordine di priorità, scegliendo di dare la precedenza alle Giudicature della Savoia e alle Castellanie di Chambéry, Thonon e Annecy e infine ai documenti relativi ai Paesi d’Oltralpe e alle materie ecclesiastiche ed economiche.
Le consegne vengono effettuate nel 1951 e riguardano circa 15 tonnellate di materiale, trasportato in diversi convogli via treno e destinato a sedi diverse. La Francia a sua volta consegna la documentazione riguardante la parte italiana conservata nei propri Istituti, tra cui il fondo delle Legazioni italiane ritrovato presso il Ministero degli Esteri francese e le carte relative ai territori di Asti, Genova e Marchesato di Saluzzo.