È legittimo il provvedimento di interdizione all’accesso agli stadi nei confronti di un tifoso che ha commesso atti contrari alla pubblica decenza nel corso di una partita di calcio.
In via preliminare, il Consiglio di Stato rileva che "il parametro valutativo cui deve attenersi il Giudice amministrativo non riposa nell’indagine dell’intento soggettivo dell’autore della condotta." Pertanto "La ratio della disposizione in oggetto, infatti, si rinviene -come risulta dalla formula letterale dell’ultimo periodo dell’art. 6 comma 1, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, così come introdotta dal decreto legge 8 febbraio 2007 n. 8 - nell’attribuzione di un potere interdittivo in capo al Questore esercitabile nei confronti di chiunque, in occasione o a causa di manifestazioni sportive, tenga una condotta violenta o comunque tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica, sicché la misura di divieto di accesso a impianti sportivi può essere disposta non solo nel caso di accertata lesione, ma in caso di pericolo di lesione dell’ordine pubblico, come nel caso di semplici condotte che comportano o agevolano situazioni di allarme e di pericolo. Detto potere si connota di un’elevata discrezionalità, in considerazione delle finalità di pubblica sicurezza cui è diretto, in vista della tutela dell’ordine pubblico, non solo in caso di accertata lesione, ma anche in via preventiva in caso di pericolo anche solo potenziale di lesione. Ne consegue che il divieto di accesso negli stadi non richiede un oggettivo ed accertato fatto specifico di violenza, essendo sufficiente che il soggetto sulla base dei suoi precedenti non dia affidamento di tenere una condotta scevra da ulteriori episodi di violenza, accertamento che resta incensurabile nel momento in cui risulta congruamente motivato avuto riguardo a circostanze di fatto specifiche."
In definitiva, secondo il Consiglio di Stato "Il mostrare parti intime del corpo ai tifosi della squadra avversaria, infatti, può forse essere supportato da intenti goliardici; è indubbio, però che detta volgare condotta sia atta provocare possibili reazioni violente da parte di chi, da tali condotte, si sentisse irriso. Ciò integra pienamente il presupposto applicativo della citata disposizione che, lo si ribadisce, è volta a prevenire disordini e violenze."
(
Consiglio di Stato - Sezione Sesta Giurisdizionale, Sentenza 16 dicembre 2010, n. 9074)
[Sentenza segnalata dall’
Avv. Alfredo Matranga]
È legittimo il provvedimento di interdizione all’accesso agli stadi nei confronti di un tifoso che ha commesso atti contrari alla pubblica decenza nel corso di una partita di calcio.
In via preliminare, il Consiglio di Stato rileva che "il parametro valutativo cui deve attenersi il Giudice amministrativo non riposa nell’indagine dell’intento soggettivo dell’autore della condotta." Pertanto "La ratio della disposizione in oggetto, infatti, si rinviene -come risulta dalla formula letterale dell’ultimo periodo dell’art. 6 comma 1, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, così come introdotta dal decreto legge 8 febbraio 2007 n. 8 - nell’attribuzione di un potere interdittivo in capo al Questore esercitabile nei confronti di chiunque, in occasione o a causa di manifestazioni sportive, tenga una condotta violenta o comunque tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica, sicché la misura di divieto di accesso a impianti sportivi può essere disposta non solo nel caso di accertata lesione, ma in caso di pericolo di lesione dell’ordine pubblico, come nel caso di semplici condotte che comportano o agevolano situazioni di allarme e di pericolo. Detto potere si connota di un’elevata discrezionalità, in considerazione delle finalità di pubblica sicurezza cui è diretto, in vista della tutela dell’ordine pubblico, non solo in caso di accertata lesione, ma anche in via preventiva in caso di pericolo anche solo potenziale di lesione. Ne consegue che il divieto di accesso negli stadi non richiede un oggettivo ed accertato fatto specifico di violenza, essendo sufficiente che il soggetto sulla base dei suoi precedenti non dia affidamento di tenere una condotta scevra da ulteriori episodi di violenza, accertamento che resta incensurabile nel momento in cui risulta congruamente motivato avuto riguardo a circostanze di fatto specifiche."
In definitiva, secondo il Consiglio di Stato "Il mostrare parti intime del corpo ai tifosi della squadra avversaria, infatti, può forse essere supportato da intenti goliardici; è indubbio, però che detta volgare condotta sia atta provocare possibili reazioni violente da parte di chi, da tali condotte, si sentisse irriso. Ciò integra pienamente il presupposto applicativo della citata disposizione che, lo si ribadisce, è volta a prevenire disordini e violenze."
(
Consiglio di Stato - Sezione Sesta Giurisdizionale, Sentenza 16 dicembre 2010, n. 9074)
[Sentenza segnalata dall’
Avv. Alfredo Matranga]