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Corte di Giustizia UE: carattere abusivo e limiti di applicazione della clausola standardizzata contenuta nelle condizioni generali di contratto concluse con i consumatori

La sentenza è stata pronunciata a seguito di rinvio pregiudiziale della Corte di Cassazione tedesca sull’interpretazione della Direttiva 93/13 in materia di clausole abusive nei contratti conclusi con i consumatori.

Nel caso sottoposto dal giudice tedesco, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha ritenuto che non sfuggisse al concetto di clausola abusiva di cui all’art.1, paragrafo 2, della Direttiva 93/13 la clausola inserita in contratti speciali di fornitura del gas (conclusi nell’ambito del regime della libera contrattazione), che si limiti a richiamare la normativa nazionale applicabile ai (diversi) contratti di fornitura del gas con tariffa standard, normativa che consente ai fornitori di variare unilateralmente i prezzi del gas senza indicare il motivo, le condizioni o la portata di una simile modifica, limitandosi a garantire che i consumatori vengano informati della modifica e siano eventualmente liberi di recedere.

Le disposizioni legislative relative ai contratti standardizzati sono infatti esclusivamente applicabili a quei contratti, per i quali si presume che il legislatore nazionale abbia già stabilito un equo contemperamento tra l’insieme dei diritti e degli obblighi delle parti contrattuali; ed è tale ragione a giustificare quanto contenuto nel tredicesimo considerando della Direttiva 93/13, secondo il quale “le disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri che disciplinano (…) le clausole di contratti con i consumatori non contengono clausole abusive”.

Secondo la Corte consentire che l’applicazione della Direttiva 93/13 sia esclusa relativamente alle clausole contrattuali per il solo fatto che esse riproducono disposizioni legislative o regolamentari nazionali, che non sono applicabili al contratto di specie, metterebbe in discussione il regime della tutela dei consumatori posto in essere dalla suddetta direttiva.

La direttiva non si applica quindi alle clausole delle condizioni generali inserite nei contratti con i consumatori che riproducono una norma del diritto nazionale applicabile ad un’altra categoria di contratti e che non sono soggetti alla normativa nazionale di cui trattasi.

La Corte di Giustizia ha riconosciuto che nei contratti di durata (come quelli di fornitura del gas, oggetto del caso di specie) l’impresa di approvvigionamento è portatrice di un interesse legittimo a modificare unilateralmente le clausole contrattuali sui prezzi di fornitura di un servizio al consumatore, ma ha poi chiarito che la clausola che preveda tale possibilità di adeguamento unilaterale deve concretamente soddisfare i requisiti di buona fede, equilibrio e trasparenza a tutela della parte contrattualmente debole, il consumatore.

La Corte ha poi precisato che la verifica dell’esistenza o meno dei requisiti di buona fede, equilibrio e trasparenza e, quindi, del carattere abusivo o meno della clausola standardizzata, spetta al giudice nazionale, il quale, nell’analizzare le circostanze peculiari del caso concreto portato alla sua attenzione, dovrà attenersi a due criteri guida essenziali:

- il contratto deve esporre in modo trasparente il motivo e le modalità di variazione delle spese, di modo che il consumatore possa prevedere, in base a criteri chiari e comprensibili, le modifiche eventuali di tali spese (a tal proposito, la Corte ha precisato che le necessarie informazioni devono essere fornite al consumatore anche prima della conclusione del contratto, oltre che nel corso della sua esecuzione) e

- la facoltà di recesso riconosciuta al consumatore deve essere realmente e concretamente esercitabile.
Proprio in considerazione della necessità che sia il giudice a valutare, caso per caso, concretamente, il carattere abusivo o meno delle clausole inserite nei contratti di fornitura a favore dei consumatori, la Corte di Giustizia ha respinto la richiesta di limitare nel tempo gli effetti della sentenza in esame (richiesta formulata allo scopo di contenerne le conseguenze finanziarie per le imprese di fornitura del gas in Germania), ritenendo non fosse accertata l’esistenza di inconvenienti gravi connessi all’ordinaria efficacia temporale della decisione.

(Corte di Giustizia dell’Unione Europea - Prima Sezione, Sentenza 21 marzo 2013: Direttiva 2003/55/CE – Mercato interno del gas naturale – Direttiva 93/13/CEE – Articolo 1, paragrafo 2, e articoli 3-5 – Contratti conclusi tra i professionisti e i consumatori – Condizioni generali – Clausole abusive – Modifica unilaterale del prezzo del servizio da parte del professionista – Rinvio ad una normativa imperativa concepita per un’altra categoria di consumatori – Applicabilità della direttiva 93/13 – Obbligo di redazione chiara e comprensibile e di trasparenza)

Link esterno al documento: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:62011CJ0092:IT:HTML
 

  La sentenza è stata pronunciata a seguito di rinvio pregiudiziale della Corte di Cassazione tedesca sull’interpretazione della Direttiva 93/13 in materia di clausole abusive nei contratti conclusi con i consumatori.

Nel caso sottoposto dal giudice tedesco, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha ritenuto che non sfuggisse al concetto di clausola abusiva di cui all’art.1, paragrafo 2, della Direttiva 93/13 la clausola inserita in contratti speciali di fornitura del gas (conclusi nell’ambito del regime della libera contrattazione), che si limiti a richiamare la normativa nazionale applicabile ai (diversi) contratti di fornitura del gas con tariffa standard, normativa che consente ai fornitori di variare unilateralmente i prezzi del gas senza indicare il motivo, le condizioni o la portata di una simile modifica, limitandosi a garantire che i consumatori vengano informati della modifica e siano eventualmente liberi di recedere.

Le disposizioni legislative relative ai contratti standardizzati sono infatti esclusivamente applicabili a quei contratti, per i quali si presume che il legislatore nazionale abbia già stabilito un equo contemperamento tra l’insieme dei diritti e degli obblighi delle parti contrattuali; ed è tale ragione a giustificare quanto contenuto nel tredicesimo considerando della Direttiva 93/13, secondo il quale “le disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri che disciplinano (…) le clausole di contratti con i consumatori non contengono clausole abusive”.

Secondo la Corte consentire che l’applicazione della Direttiva 93/13 sia esclusa relativamente alle clausole contrattuali per il solo fatto che esse riproducono disposizioni legislative o regolamentari nazionali, che non sono applicabili al contratto di specie, metterebbe in discussione il regime della tutela dei consumatori posto in essere dalla suddetta direttiva.

La direttiva non si applica quindi alle clausole delle condizioni generali inserite nei contratti con i consumatori che riproducono una norma del diritto nazionale applicabile ad un’altra categoria di contratti e che non sono soggetti alla normativa nazionale di cui trattasi.

La Corte di Giustizia ha riconosciuto che nei contratti di durata (come quelli di fornitura del gas, oggetto del caso di specie) l’impresa di approvvigionamento è portatrice di un interesse legittimo a modificare unilateralmente le clausole contrattuali sui prezzi di fornitura di un servizio al consumatore, ma ha poi chiarito che la clausola che preveda tale possibilità di adeguamento unilaterale deve concretamente soddisfare i requisiti di buona fede, equilibrio e trasparenza a tutela della parte contrattualmente debole, il consumatore.

La Corte ha poi precisato che la verifica dell’esistenza o meno dei requisiti di buona fede, equilibrio e trasparenza e, quindi, del carattere abusivo o meno della clausola standardizzata, spetta al giudice nazionale, il quale, nell’analizzare le circostanze peculiari del caso concreto portato alla sua attenzione, dovrà attenersi a due criteri guida essenziali:

- il contratto deve esporre in modo trasparente il motivo e le modalità di variazione delle spese, di modo che il consumatore possa prevedere, in base a criteri chiari e comprensibili, le modifiche eventuali di tali spese (a tal proposito, la Corte ha precisato che le necessarie informazioni devono essere fornite al consumatore anche prima della conclusione del contratto, oltre che nel corso della sua esecuzione) e


- la facoltà di recesso riconosciuta al consumatore deve essere realmente e concretamente esercitabile.
Proprio in considerazione della necessità che sia il giudice a valutare, caso per caso, concretamente, il carattere abusivo o meno delle clausole inserite nei contratti di fornitura a favore dei consumatori, la Corte di Giustizia ha respinto la richiesta di limitare nel tempo gli effetti della sentenza in esame (richiesta formulata allo scopo di contenerne le conseguenze finanziarie per le imprese di fornitura del gas in Germania), ritenendo non fosse accertata l’esistenza di inconvenienti gravi connessi all’ordinaria efficacia temporale della decisione.

(Corte di Giustizia dell’Unione Europea - Prima Sezione, Sentenza 21 marzo 2013: Direttiva 2003/55/CE – Mercato interno del gas naturale – Direttiva 93/13/CEE – Articolo 1, paragrafo 2, e articoli 3-5 – Contratti conclusi tra i professionisti e i consumatori – Condizioni generali – Clausole abusive – Modifica unilaterale del prezzo del servizio da parte del professionista – Rinvio ad una normativa imperativa concepita per un’altra categoria di consumatori – Applicabilità della direttiva 93/13 – Obbligo di redazione chiara e comprensibile e di trasparenza)

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