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Covid-19: la responsabilità del sanitario e l’uso dei farmaci off label

Covid-19
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Nel contesto di pandemia da Covid 19, caratterizzato dalla novità della patologia, dalla carenza di studi scientifici riguardo la specifica malattia e la relativa terapia, e nell’ambito di una carenza delle strutture sanitarie, impreparate a contrastare il virus, ci si domanda quale sia la responsabilità del sanitario. Più in particolare, quale sia la condotta concretamente esigibile dal sanitario medesimo.

Si ritiene che venga in rilievo l’articolo 2236 Codice Civile.

Come è noto, questa norma dispone: «Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici specifici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo e colpa grave».

La giurisprudenza ha avuto modo di limitare l’applicazione di tale norma all’ambito dell’imperizia.

«La limitazione di responsabilità professionale del medico chirurgo ai soli casi di dolo o colpa grave, ai sensi dell’articolo 2236 Codice Civile: attiene esclusivamente alla perizia, per la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, con esclusione dell’imprudenza e della negligenza; infatti anche nei caso di particolare difficoltà, tale limitazione non sussiste con riferimento ai danni causati per negligenza o imprudenza, dei quali il medico risponde in ogni caso»: così Cass. Civ. Sez. III 12/3/2013 n. 6093. Conforme anche la giurisprudenza di merito (cfr. ad es. App. Roma Sez. III 17/4/2012).

Si è anche ritenuto che la cosiddetta “complicanza” non possa mai configurare speciale difficoltà negli interventi cosiddetti routinari: «Un intervento chirurgico di norma ruotina rio non può mai ritenersi “di speciale difficoltà”, ai sensi dell’articolo 2236 Codice Civile, per il solo fatto che nel corso di esso di verifichino delle complicanze»

(Cass. Civ. Sez. III 22/11/2012 n. 20586). Conformi Cass. Civ. Sez. III 11/11/2019 n. 28985.

I contesti nei quali è stata rinvenuta la speciale difficoltà sono relativi a casi necessariamente straordinari ed eccezionali, in quanto non adeguatamente studiati dalla scienza o sperimentati dalla pratica oppure caratterizzati dal fatto che nella scienza medica vi siano ancora dibattiti diversi ed incompatibili sui corretti sistemi diagnostici e terapeutici fra i quali il medico debba operare una scelta.

«La responsabilità del medico è limitata alle ipotesi di dolo o colpa grave ex articolo 2236, comma 2, Codice Civile, allorché si presentino casi implicanti risoluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà che trascendono la preparazione media o non ancora esclusivamente studiati dalla scienza medica» (App. Roma Sez. III 5/7/2011).

O ancora «La limitazione della responsabilità alle ipotesi di dolo o colpa grave, sancita dall’articolo 2236 Codice Civile., opera – nello specifico campo della responsabilità del sanitario – soltanto per i casi implicanti la risoluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà che trascendono la preparazione media o non sono ancora stati sufficientemente studiati dalla scienza medica» (Trib. Salerno 31/7/2013).

L’articolo 2236 Codice Civile è stato anche ritenuto applicabile in situazione di emergenza: «In tema di colpa professionale del medico, il principio civilistico di cui all’articolo 2236 Codice Civile, che assegna rilevanza soltanto alla colpa grave può trovare applicazione in ambito penalistico come regola di esperienza cui attenersi nel valutare l’addebito di imperizia, qualora il caso concreto imponga la soluzione di problemi di speciale difficoltà ovvero qualora si versi in una situazione di emergenza, in quanto la colpa del terapeuta deve essere parametrata alla difficoltà tecnico-scientifica dell’intervento richiesto ed al contesto in cui esso si è svolto» (Cass. Pen. Sez. IV 22/11/2011 n. 4391).

Analogamente Cass. Pen. Sez. IV 16/5/2014 n. 24528: «In tema di colpa professionale del medico, l’articolo 2236 Codice Civile trova applicazione come regola di esperienza cui il giudice può attenersi nel valutare l’addebito di imperizia, sia quando si versa in una situazione emergenziale, sia quando il caso implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà».

Si ritiene che il Covid 19 integri senz’altro il caso eccezionale e la situazione di emergenza di cui all’articolo 2236 Codice Civile.

Si può affermare quindi che nel caso in cui la terapia prescelta per la cura del Coronavirus non abbia portato alla guarigione, il medico, chiamato a rispondere del decesso del paziente, possa invocare l’articolo 2236 Codice Civile e quindi andare esente da responsabilità.

È stato anche ritenuto che l’articolo 2236 Codice Civile possa essere richiamato anche per giustificare l’imperizia dei medici non specializzati o in possesso di specializzazioni non afferenti alla infettivologia, assunti per sopperire alle carenze di organico nel contesto emergenziale (Carlesimo, 2020).

Un cenno infine merita l’utilizzo di farmaci off label nella terapia del Covid 19.

Nel trattamento del Coronavirus i medici hanno utilizzato farmaci non approvati o off label.

Come noto, il termine off label, tradotto letteralmente dall’inglese, significa “al di fuori dell’etichetta” e nella prassi medica viene usato per indicare un uso non convenzionale dei farmaci, al di fuori delle indicazioni terapeutiche per le quali è stata ottenuta l’autorizzazione all’immissione in commercio.

Il quadro normativo di riferimento è definito dalla legge n. 94/2008 (cd legge Di Bella), di conversione dal d.l. n. 23/1998.

In particolare l’articolo 3, comma 1, statuisce che «fatto salvo il disposto dei commi 2 e 3, il medico, nel prescrivere una specialità medicinale o altro medicinale prodotto industrialmente si attiene alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalità di somministrazione previste dall’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dal Ministero della Sanità».

Lo stesso articolo, al comma 2, prescrive che «in singoli casi il medico può, sotto la sua diretta responsabilità e previa informazione del paziente ed acquisizione del consenso dello stesso, impiegare il medicinale prodotto industrialmente per un’indicazione o una via di somministrazione o una modalità di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata, ovvero riconosciuta agli effetti dell’applicazione dell’articolo 1, comma 4, del d.l. 21 ottobre 1996 n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, qualora il medico stesso ritenga, in base a dati documentabili, che il paziente non possa essere utilmente trattato con medicinali per i quali sia già approvata quell’indicazione terapeutica o quella via o modalità di somministrazione e purché tale impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale».

Il d.l. n. 536/1996, convertito nella l. n. 648/1996 introduce nel nostro ordinamento la possibilità di prescrivere e utilizzare a carico del Sistema Sanitario Nazionale farmaci al di fuori delle indicazioni terapeutiche approvate dall’autorità regolatoria.

Analogo al tema dell’uso off label, è l’uso compassionevole di farmaci ancora in fase di sperimentazione, disciplinato dal decreto del Ministero della Salute del 7 settembre 2017.

È stato ritenuto (Iorio, 2020) che l’uso off label così come l’uso di farmaci ancora in fase sperimentale configuri una responsabilità ex articolo 2050 Codice Civile.

Tale ricostruzione si scontra in realtà con chi esclude che l’attività medico-chirurgica possa rientrare nell’ambito dell’articolo 2050 Codice Civile., essendo stata normata dal legislatore (in tal senso Cass. Civ. Sez. II 10/7/1979 n. 3978). Chi la sostiene però (Iorio, 2020; Perfetti, 2018) ritiene che anche l’attività medica si possa prestare ad essere qualificata come pericolosa per la tipologia dei mezzi impiegati o in ragione della peculiare terapia prescelta.

Posto l’inquadramento nell’ambito dell’articolo 2050 Codice Civile, si ha di fronte una presunzione di colpevolezza del danneggiante che può essere vinta solo dimostrando, come è noto, di “aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno”.

Nell’ambito del danno derivante dalla somministrazione di un farmaco off label o con uso compassionevole, il medico dovrà dimostrare appunto di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno.

È stato invece sostenuto, da chi ritiene che non sia applicabile l’articolo 2050 Codice Civile, che «il medico che prescriva medicinali “off label” (…) e che non agisca in via del tutto sperimentale, risponde a titolo di colpa e non di dolo delle lesioni riportate dal paziente a causa della loro somministrazione, qualora non abbia compiuto un’attenta valutazione comparativa tra i benefici perseguiti ed i rischi connessi alla particolare utilizzazione del farmaco che era possibile prevedere sulla base della situazione clinica del paziente» (Cass. Pen. Sez. IV 24/6/2008 n. 37077).

Nel contesto del Covid 19, è stato ritenuto (Iorio, 2020) che il sanitario dovrà dimostrare che la peculiarità del caso in esame rendeva opportuna la somministrazione del farmaco contestato stante:

l’assenza di indicazioni terapeutiche per trattare il Coronavirus;

l’accreditamento dell’impiego di quel medicinale fuori etichetta da parte di studi scientifici;

nonché, in fase esecutiva, l’avvenuta stretta sorveglianza in ordine allo svolgimento della cura ed alla sua evoluzione.