Covid: le origini del virus e la mistificazione iniziale

Capitolo 4 - L'origine del virus SARS-cov-2
Pandemia
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Dopo la presentazione nei cap. 1-3 dei dati sperimentali, ottenuti solo recentemente e quindi quasi alla fine della narrativa, torno agli inizi.

Quando le notizie cominciarono a filtrare – a gennaio 2020 – da Wuhan e dall’intera Cina, in molti abbiamo cercato di capire cosa stesse accadendo e di trovare ragionevolmente delle possibili cause.  Tuttavia improvvisamente e quando in Italia si contavano appena i primi casi di turisti cinesi o di italiani rientrati dalla Cina, sono apparsi con grande clamore nella stampa locale, due lavori che hanno creato una grave mistificazione iniziale, che stiamo ancora scontando.

Il primo è datato 7 Marzo 2020 (appare già in rete il 18 febbraio) ed è una lettera sulla prestigiosa rivista britannica The Lancet, nella quale 27 ricercatori condannavano come complottismo (conspiracy theories) qualunque ipotesi che suggerisse che COVID-19 non avesse un’origine naturale. Si scopre oggi, grazie alla legge sulla libertà di informazione (FOIA o Freedom of Information Act) che 1) la lettera era stata inizialmente scritta e sollecitata da Peter Daszak, che è stato fra i maggiori finanziatori dagli US del laboratorio a Wuhan, grazie a contratti di ricerca ottenuti dall’NIH/NIAID che lui ha poi subappaltato al WIV; 2) 5 dei 27 firmatari incluso Daszak erano tutti dipendenti con ruoli prominenti all’interno dell’organizzazione EcoHealth Alliance di NY.

Questa, presieduta da Daszak, è appunto l’organizzazione che otteneva e poi subappaltava i contratti di ricerca alla Cina, soprattutto al Wuhan Virology Institute (WIV). Gli altri 4 nomi sono: Rita Colwell e James Hughes, ambedue membri del Board of Directors di EcoHealth Alliance; William Karesh, Executive Vice President for Health and Policy e Hume Field, Science and Policy Advisor, sempre ad EcoHealth Alliance, anche lui come Daszak attivo in questo tipo di ricerca. 3) Va qui ricordato il ruolo di Daszak, un ricercatore britannico trapiantato negli Stati Uniti, nel coordinare e proprio finanziare la ricerca che si svolgeva sia negli USA che al WIV in Cina. La cosa migliore è lasciare che “i dati” cioè le cifre dei finanziamenti parlino e spieghino da sole.

Dopo un inizio con la Fondazione di Gerald Durrel Wildlife Trust, Daszak divenne presidente di EcoHealth Alliance (EHA) e con questa ottenne vari grants sia dal forndo Emerging Pandemic Threats (EPT) che da altre organizzazioni anche militari. Con una media di circa 17 milioni di dollari all’anno, EHA ha accumulato un tesoretto di circa 120 milioni di dollari: 64 milioni dall’EPT con 4 diversi sottoprogrammi (Predirre, Identificare, Rispondere e Prevenire), ben 39 milioni dal Pentagono (come rivelato dal giornalista Sam Husseini, dopo notevoli sforzi contro la reticenza di EHA) e 20 milioni dal Department of Health and Human Services (DHHS). Anche se torneremo su questo argomento in uno dei prossimi capitoli, faccio qui solo un esempio della quantità di interazione e subappalto dei fondi di ricerca.

Quando l’amministrazione del presidente Barack Obama bloccò nel 2014 negli USA le manipolazioni genetiche dei Coronavirus, a causa della potenziale pericolosità di questi esperimenti, Daszak ed EHA avevano appena ottenuto un grant dall’Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID). I fruitori del grant quindi spostarono i fondi a partners stranieri, in primis il WIV che ottenne la somma di 600.000 dollari direttamente da EHA.

Quindi, vista la delicatezza della loro posizione in EcoHealth Alliance, in quanto l’ipotesi del Lab-Leak mette ovviamente in discussione proprio questi finanziamenti e l’intero lavoro di ricerca eseguito al WIV, la firma di Daszak e degli altri associati a EHA si configura come un gigantesco “conflitto d’interesse”. Tuttavia, sulla lettera di Lancet si legge: “We declare no competing interests”, cioè non abbiamo alcun conflitto d’interesse.

Dieci giorni dopo (17 marzo) appare come “Correspondance” cioè come una semplice lettera – non un lavoro vero e proprio – la comunicazione Kristian Andersen et al. su Nature Medicine dal titolo “The proximal origin of SARS-CoV-2”. Questo è diventato il testo scientifico più citato dalla stampa ed i media italiani, in quanto avrebbe offerto una dimostrazione inconfutabile – a loro detta – della validità della natural zoonosis (NZ). Già più di un anno fa scrissi per sottolineare la debolezza scientifica della lettera di Andersen et al. Le mie ragioni erano:

1. l’illogicità di Andersen et al., (vedasi righe 37-69 della lettera): secondo loro, una struttura diversa per il sito di legame al recettore (il Receptor Binding Site o RBD) rispetto a SARS1, che non si poteva calcolare con strumenti di bioinformatica come strutture ad alta affinità sarebbe evidenza di un meccanismo naturale. Il loro ragionamento contorto – come anche discusso nel Bulletin of Atomic Scientists da Nicholas Wade – è il seguente: un gruppo di bioterroristi che avesse voluto costruire un virus patogeno avrebbe seguito i dettami dei calcoli di bioinformatica. Ma innanzi tutto: chi ha mai pensato a dei bioterroristi? Si è sempre pensato proprio ad un errore di laboratorio, soprattutto nel far crescere il virus e passandolo ripetutamente su cellule umane o su animali transgenici umanizzati.

2. sul punto poi dell’aggiunta di un sito FCS (vedasi righe 94-120 della lettera) ho già discusso anche un anno fa; avevo ricordato come queste sequenze possano venire aggiunte (o eliminate) anche grazie al passaggio di questo coronavirus (o altri virus) in coltura. Aggiungerò in un capitolo successivo nella parte conclusiva di questa carrellata sull’origine di SARS2, alcuni commenti e nuove scoperte su come un sito FCS possa essere stato aggiunto con tecniche molto particolari ed “invisibili” di GOF.

3. Nelle ultime settimane, si è venuto a sapere grazie al FOIA (Freedom of Information Act) ed agli sforzi – soprattutto legali, con coinvolgimento di avvocati e giudici – dei gruppi US Right to Know ed INTERSECT che Jeremy Farrar e Francis Collins (allora era direttore dell’NIH, adesso è dimissionario da alcune settimane) avevano contattato i 5 futuri autori della lettera su Nature Medicine (Andersen, Rambaut, Lipkin, Holmes and Garry) e li aveva spronati a scriverla. Perché questo è grave? Farrar in UK è a capo del Welcome Trust, l’ente che finanzia insieme all’americano NIAID ovvero la NIH che era allora diretta da Collins proprio questo tipo di ricerche con milioni di dollari (o sterline/pounds). Quindi qui il “conflict of interest” non è grave, ma mostruoso.

4. Sempre recentemente e con simili pressioni legali, grazie al FOIA, Intercept e USA RTK (right to know), sono state svelate alcune delle emails inviate per la preparazione di un Summit fra i principali gruppi che lavoravano sui Coronaviruses già ad inizio pandemia. La data del Summit venne poi concordata per il 1° febbraio 2020 da remoto e da ambedue le sponde dell’Atlantico, principalmente da USA e UK, con pochi altri scienziati – anche da altre nazioni europee e dall’Australia – che parteciparono. Oltre che dalle emails, questi eventi sono narrati dal libro di Farrar, Spike.

Il quadro che emerge è piuttosto sconcertante: alla vigilia del meeting, la maggior parte degli scienziati coinvolti e che scriveranno poi la citata lettera per Nature Medicine, i.e., Holmes, Andersen e Garry dimostravano di propendere per l’ipotesi del lab-leak, con percentuali di probabilità riportate da Farrar fra 60 e 80%. Anche l’altro firmatario, Andrew Rambaut, aveva espresso forti perplessità. La maggior perplessità è stata recentemente espressa dal 5° firmatario, Ian Lipkin della Columbia University, quando è stato rivelato che molti degli esperimenti in questione al WIV venivano effettuati non in strutture di laboratorio ad alto contenimento (i.e., Biosafety Level 4, BSL-4), bensì ad un livello molto più basso (BSL-2).

Rimane quindi un mistero che cosa abbia fatto improvvisamente, fra il 2 e 4 febbraio 2020, cambiare repentinamente idea al gruppo dei 5, tanto da inviare poi il manoscritto con toni forti e polemici (ma con dati e logiche molto scarse, come ho precedentemente indicato) a favore della NZ (natural zoonosis) e contro il LL (laboratory-leak). Poiché pochissimi erano i dati e nessun nuovo dato scientifico era divenuto disponibile, l’ipotesi più probabile è che vi sia stata durante il Summit una forte pressione per non dare alcuno spazio all’ipotesi LL. Quest’ultima avrebbe infatti fortemente indebolito l’immagine di un’autorità scientifica che si apprestava ad affrontare la nuova pandemia COVID-19 ed alla quale veniva chiesto di sconfiggerla. I principali responsabili di questa virata a 180° appaiono essere Jeremy Farrar in UK e Francis Collins negli USA: questi erano ad inizio 2020 i principali controllori ed elargitori di fondi di ricerca sulle due sponde dell’Atlantico, essendo a capo rispettivamente del Welcome Trust e dell’NIH (National Institute of Health).

In conclusione, su questi due unici lavori: una lettera di opinione e quindi non-scientifica su The Lancet ed una breve lettera su Nature Medicine che è molto debole da un punto di vista scientifico e logico si è imbastita una vera e propria campagna intimidatoria contro chiunque non concordasse sull’origine naturale per zoonosi di SARS2 e della pandemia COVID-19, che oggi sappiamo ha già fatto circa 6 milioni di morti (la cifra reale è valutata a circa il doppio, cioè 15 milioni). Io stesso sono stato bersagliato di insulti: dal “complottista”, all’“idiota”, al “vecchio ubriacone” (sono praticamente astemio) solo per aver usato il mio cervello per valutare le evidenze (vedasi la mia risposta al CICAP):

Dalle varie discussioni su giornali e media, non mi risulta però che alcun giornalista italiano abbia veramente letto e valutato indipendentemente con la sua testa la lettera su Nature Medicine di Andersen et al. Certamente, il peggior errore di Andersen-Daszak e collaboratori è stato quello di presentare all’opinione pubblica la mistificazione che l’origine naturale fosse l’unica teoria scientificamente valida ed accettabile. Tutto questo ad appena poche settimane dall’inizio di COVID-19 (metà febbraio e 1° Marzo 2020), quando evidenze scientifiche chiare a favore di un’ipotesi o dell’altra erano del tutto assenti.

  1. Andersen, K. G., A. Rambaut, et al., (2020). "The proximal origin of SARS-CoV-2." Nature Medicine 26(4): pp. 450-452.
  2. Horton, R. (2021). "Offline: The origin story—division deepens." The Lancet 398 (10318): p. 2221.
  3. Rovigatti, U. (2020). "Risposta a "Quando il complottista è un premio Nobel" di S. Fuso." https://www.queryonline.it/2020/04/20/quando-il-complottista-e-un-premio-nobel/: 1-8.
  4. Ruskin, G. (2022). "FOI documents on origins of Covid-19, gain-of-function research and biolabs." US Right to Know 2022 (February 24th 2022): pp. 1-5 https://usrtk.org/biohazards/foi-documents-on-origins-of-sars-cov-2-risks-of-gain-of-function-research-and-biosafety-labs/.
  5. Suryanarayanan, S. (2020). "EcoHealth Alliance orchestrated key scientists’ statement on “natural origin” of SARS-CoV-2." US Right to Know 2020 (November 18th, 2020): https://usrtk.org/biohazards-blog/ecohealth-alliance-orchestrated-key-scientists-statement-on-natural-origin-of-sars-cov-2/.
  6. Suryanarayanan, S. (2022). "EcoHealth Alliance wanted to block disclosure of Covid-19-relevant virus data from China." US Right to Know 2022 (January 10th 2022): https://usrtk.org/biohazards-blog/ecohealth-alliance-wanted-to-block-disclosure-of-covid-19-relevant-virus-data-from-china/?mc_cid=717a530cbc&mc_eid=4677b124c8.
  7. Wade, N. (2021). "The origin of COVID: Did people or nature open Pandora’s box at Wuhan?" The Bulletin of Atomic Scientists May 5th 2021 (https://thebulletin.org/2021/05/the-origin-of-covid-did-people-or-nature-open-pandoras-box-at-wuhan/): 63.