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"Datura", una poesia di Patrizia Cavalli

Patrizia Cavalli (Todi, 17 aprile 1947 – Roma, 21 giugno 2022)
Ombre medioevali
Ph. Luca Martini / Ombre medioevali

"Datura", una poesia di Patrizia Cavalli

Patrizia Cavalli, una poetessa tra le più grandi, scomparsa recentemente, lasciando un vuoto incolmabile.

Patrizia Cavalli, che con la raccolta “Datura” del 2013, mette in campo liriche brevi che hanno quasi la funzione di un coro che, con voci intonate e a volte discordi, si muove attorno alle composizioni piú ampie, tra cui il poemetto in forma drammatica Tre risvegli e la lunga poesia di chiusura che dà il titolo al libro e che qui riportiamo

«Tempeste atmosferiche e ormonali, ritmi del corpo e delle stagioni, genio dei luoghi e delle ore del giorno, investigazioni sulla fisica della materia e dell’immateriale: di tutto questo, della buona e della cattiva sorte in amore e in ogni economia della felicità, Patrizia Cavalli fa in poesia Scienza e Teatro. (…) Sempre di piú col tempo si capisce che queste poesie sono fatte per illuminare e conoscere, perché in ogni ansia e ombra, in ogni percezione e passione c’è un enigma da indagare».

Alfonso Berardinelli

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«Occorre rovesciare puntualmente per Patrizia Cavalli i luoghi comuni e le categorie consuete della critica: lievità epigrammatica, diario privato, canzoniere amoroso. L’operazione che si compie non è lieve, ma aspra e “petrosa”; non è monodica e privata, ma corale e pubblica; non riguarda tanto l’amore quanto la fisiologia e l’etologia di un corpo primordiale. (…) Questo poeta disincantato e quasi preistorico, maestro incomparabile dei metri e delle rime interne, sovranamente privo di scrupoli morali, è riuscito a ritrovare l’unità di parola e forma di vita che gli antichi chiamavano musa e ha scritto la poesia piú intensamente “etica” della letteratura italiana del novecento».

Giorgio Agamben

Per non dimenticare Patrizia Cavalli e la sua infinita arte poetica.

 

Datura

di Patrizia Cavalli


Ma io non voglio andarmene così,
lasciando tutto come ho trovato
in questa scialba geografia che assegna
l’effetto alla sua causa e tutti e due consegna
all’umile solerzia dell’interpretazione.
Un altro è il mio progetto, la mia ambizione
è accogliere la lingua che mi è data
e, oltre il dolore muto, oltre il loquace
suo significato,   giocare alle parole
immaginando, senza un’identità,
una visione. Come di fronte a un fiore
di datura, a quel suo giallo
non propriamente giallo, crema piuttosto,
la stessa crema che ha la pesca bianca,
con brividi di verde trasparente,
ma delicati, piccoli,
il modo di morire al terzo giorno
o meglio, di seccarsi plissettandosi,
pelle di daino, straccetto, guanto,
ala di pipistrello acciaccato, riccioli, rostri,
questa bellezza propriamente sua,
che tutto ciò in se stesso non ci pensi
neppure alla lontana a poter essere
una soltanto di tutte queste cose
che dipenda da me la sua apparenza,
che ne sia io la sola responsabile,
questa è la gioia fiera del mio compito,
qui è il mio valore. Io valgo più del fiore.

La poesia è tratta dalla silloge poetica di Patrizia Cavalli Datura”, Einaudi, 2013