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Dialogo platonico del XXI secolo

Filosofia
Filosofia

Un uomo anziano e colto, Senecione, sollecitato dall’amico Taliarco e dalla figlia quattordicenne di lui Sara, si trova una sera a riflettere sulla filosofia, sulle sue forze e debolezze. Senecione, così come il suo creatore Sossio Giametta, ha tradotto tutte le opere di Nietzsche, e vorrebbe regalare alla ragazza, per il compleanno, un saggio sul filosofo tedesco. Ma farà di più: le spiegherà cos’è e a cosa serve la filosofia. Durante il loro primo incontro, in un dopocena a casa di amici a Milano, Senecione, o meglio Giametta nei panni di Senecione, racconta come è entrato in contatto con la filosofia e come è diventato filosofo egli stesso: per lui, la filosofia è una terapia, ma anche una religione, “con i suoi misteri gaudiosi e dolorosi”. Sara ascolta con attenzione e partecipa attivamente al dialogo dal sapore platonico fra il padre e Senecione, pone domande, cerca di comprendere concetti molto difficili, non solo per la sua giovane età. La serata si conclude con l’elencazione degli aspetti positivi della filosofia e l’arrivederci a un’altra occasione per continuare la chiacchierata e discutere anche dei suoi aspetti negativi.

Nella seconda parte del libro, intitolato appunto Senecione. Forze e debolezze della filosofia, ritroviamo l’insolito terzetto darsi appuntamento in pizzeria. Durante la cena, in un locale affollato e chiassoso, tra disquisizioni su pizze e calzoni, riparte la conversazione incentrata stavolta sugli errori dei filosofi.

La conclusione di Senecione è che “in nessun modo si può anche solo sperare di venire a capo dell’enigma del mondo”, ma eliminare la filosofia, ammette, “significherebbe mutilare l’umanità di una sua parte essenziale, attentare alla sua integrità sia sul piano individuale sia su quello collettivo e universale”.

Sossio Giametta, filosofo e Privatdenker, è uno dei più autorevoli curatori e traduttori di Nietzsche e Schopenhauer. Con tono leggero e allo stesso tempo rigoroso, presenta al lettore un’opera classica nell’impianto ma originale e modernissima nei contenuti: una riflessione aperta sulla storia del pensiero volta alla comprensione della vita umana e della contemporaneità.

 

Qui di seguito, un significativo estratto:

SENECIONE È la famosa meraviglia, il thaumazein di Platone e di Aristotele, che, come si dice, è all’origine della filosofia. Ma a ciò, nel giudicare la filosofia, la gente, dominata com’è dai bisogni pratici, di solito non pensa; pensa invece che la filosofia non serva a niente, anzi che serva a perdere tempo, a mettere in dubbio le cose più reali ed evidenti, a litigare, a “confutarsi” a vicenda senza costrutto e ad almanaccare all’infinito su problemi che non sono mai stati e mai saranno risolti.

SARA Infatti è questo che la gente pensa della filosofia.

SENECIONE Ma la gente non sa che, anche se si può vivere senza occuparsi di filosofia – e tanti che se ne occupano farebbero bene a non occuparsene – come pure senza occuparsi di poesia o di politica o di tante altre cose, specialmente quando ci sono altri che se ne occupano, nessuno vive senza essere anche filosofo, cioè senza la dimensione razionale; allo stesso modo nessuno vive senza essere anche poeta, cioè senza la dimensione estetica, e nessuno vive senza essere politico, cioè senza la dimensione dell’uomo organicamente associato. La filosofia, come la poesia e la politica, è una dimensione costitutiva, storicamente stratificata dell’uomo, e occuparsi di filosofia significa attivare tale dimensione, così come con lo sport si attiva la muscolatura – i filosofi sono atleti del cerebro – e con altre discipline si attivano altri organi o apparati dell’uomo. Non per niente Aristotele chiamò la logica organon. L’“organo”, la ragione, è altresì ciò per cui proverbialmente l’uomo si distingue dall’animale, benché, secondo me, più per il grado che per l’essenza, anche in senso inverso. Eliminare la filosofia, se si potesse, significherebbe mutilare l’umanità di una sua parte essenziale, attentare alla sua integrità sia sul piano individuale sia su quello collettivo e universale.

TALIARCO Bene, Sara. Vedi che Senecione spiega le cose chiaramente. Ma quando qualcosa non ti è chiaro, perché ci sono cose complesse, dillo. Continua pure Senecione, e grazie di questa bella spiegazione che ci stai dando, anche a me, certo.

SENECIONE Sì, cara Sara. Devi pensare che la vita, la vita degli uomini in particolare, avanza per conto suo incessantemente, con movimento autonomo e irresistibile: è un fiume di forze che si combinano e si combinano, si accavallano e si disgiungono, reagiscono le une alle altre, meccanicamente, nei modi più complessi e imprevedibili. Questo fiume di forze è quello che chiamiamo Corso Storico. Gli uomini sono trascinati da questo fiume immenso e indecifrabile o poco decifrabile, decifrabile solo a posteriori, e non hanno il potere di arrestarlo. È un movimento grandioso e fatale, spontaneo e selvaggio, che segue tuttavia un suo ordine, e non possono fare niente per cambiarlo o contrastarlo. Non solo li trascina con sé esternamente, ma addirittura li forma, li informa e li condiziona internamente, sicché essi hanno voglia di ritenersi liberi e autonomi: non sanno di essere, per quanto riguarda la sostanza di cui sono fatti, creazioni del Corso Storico, creature che obbediscono involontariamente a profonde necessità storiche. Questa dipendenza dalla storia, oltre che dalla natura, sfugge agli uomini. Un esempio significativo di ciò, per rimanere in filosofia, è Schopenhauer. Ferocemente antistorico, non capì mai (ma chi lo ha capito ancora oggi?) che proprio col suo antistoricismo serviva la storia, assolveva una funzione storica, come fanno tutti i grandi e non grandi, che lo sappiano e lo vogliano o no. Un altro esempio è Nietzsche. Si vanta di essere inattuale: ha scritto quattro Considerazioni inattuali e dovevano essere dodici; si vanta in continuazione di essere il pensatore più indipendente della sua epoca. Evidentemente si sentiva così; ma, e sarebbe stato ben sorpreso di apprenderlo, era, come poi la storia ha dimostrato, una creatura della crisi storica del suo tempo, il cosiddetto Tramonto dell’Occidente, che è, a sua insaputa, l’anima delle sue manifestazioni, sicché risulta alla fine il più attuale degli attuali e il più dipendente dei dipendenti. Solo che la sua attualità e la sua dipendenza si riferiscono a ciò che nell’epoca era essenziale, non a ciò che era casuale o occasionale e che però allora era considerato essenziale, cioè non si riferivano all’attualità di superficie, ma all’attualità profonda. È questa dipendenza che soprattutto sfugge e mette fuori strada i suoi interpreti. Più d’uno in realtà l’ha vista o intravista, ma non ne ha colto la continuità organica con la crisi dell’epoca. Qualcuno, a Nietzsche, gliel’aveva anche detto, diciamo che l’aveva messo sulla buona strada, ma lui non se ne diede per inteso, non lo accettò. Fu Paul Michaelis. Nella recensione a Al di là del bene e del male che fece sulla «Nationalzeitung» di Berlino del 4 dicembre 1886, vide giustamente in Nietzsche un’espressione della deriva dell’epoca. Lo descrive, infatti, come «il rappresentante filosofico delle correnti aristocratiche del nostro tempo», come “il filosofo dell’aristocrazia degli Junker”, la cui Volontà di potenza era la traduzione aristocratica della “Volontà di vivere” schopenhaueriana. Così dunque Michaelis conclude: «Questo libro è il segno caratteristico di una direzione ben precisa nella nostra vita attuale». Nietzsche apprezzò la recensione considerandola il più rispettabile compendio del suo percorso di pensiero che avesse letto fino a quel momento, ma respinse il tentativo di Michaelis, come disse, «di ritenermi un sintomo della corrente sociale contemporanea». Così però rinunciò alla grande occasione che gli era stata offerta di capirsi come incarnazione della crisi storica di fine Ottocento, quale egli era veramente. Abitava nell’empireo della filosofia e rifiutava di credere che le cose dell’empireo fossero dirette dal basso. Eppure lui è famoso proprio per aver dimostrato questo in molti casi importanti, è il suo martello critico, la sua trasvalutazione. Hai capito, Sara, cosa ho detto?

SARA Mi sembra di sì, abbastanza, non so…

Sossio Giametta, Senecione. Forze e debolezze della filosofia, Liberilibri 2021, collana Oche del Campidoglio, pagg. 130, euro 14.00, ISBN 978-88-98094-86-8