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Dipendenti di una RSA non si vaccinano: per il giudice bellunese è legittimo metterli in ferie

Cassetta delle lettere
Ph. Antonio Capodieci / Cassetta delle lettere

A deciderlo è il Tribunale di Belluno, con l’ordinanza 19 marzo 2021.

Questo il caso.

Alcuni dipendenti di una residenza per anziani scelgono di non vaccinarsi. Il medico competente della struttura li dichiara non idonei e il datore di lavoro li mette in ferie, retribuite. I dipendenti propongono allora un ricorso ex articolo 700 cpc., vale a dire un ricorso cautelare, al giudice del lavoro, lamentando l’ingiustizia dell’essere stati posti in ferie. Il Tribunale però respinge il ricorso.

Come è noto agli addetti ai lavori, un provvedimento urgente – che giustifica una procedura più veloce - può essere richiesto al giudice in presenza di due presupposti, il fumus boni iuris, cioè una parvenza di ragione in punto di diritto, e il periculum in mora, ovverosia il pericolo che si verifichi un pregiudizio nelle more di un giudizio ordinario, che, come si sa, ha tempi di gestione molto più lunghi.

Nel caso di specie, il giudice ritiene che non vi fosse nessuno dei due requisiti.

Interessante, per ciò che qui rileva, è che, secondo il Tribunale bellunese, non vi sia il fumus boni iuris.

Infatti, il giudice osserva che, in forza del disposto dell’articolo 2087 Codice Civile, il datore di lavoro ha l’obbligo di adottare le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori.

Secondo l’articolo 2109 Codice Civile inoltre, il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro.

In questo caso, a seguito della scelta di alcuni lavoratori di non vaccinarsi, il medico competente li aveva dichiarati inidonei alla mansione specifica, ai sensi del disposto del TU 81/2008 sulla sicurezza sul lavoro.

A seguito del giudizio di inidoneità, il datore di lavoro deve, ove possibile, adibire il lavoratore ad altra mansione compatibile con il suo stato di salute, anche una mansione inferiore, conservando però retribuzione e qualifica corrispondente alle mansioni superiori precedentemente svolte.

Nella fattispecie, il datore di lavoro aveva posto in ferie questi dipendenti.

I dipendenti lamentano però che, in questa collocazione “obbligata” in ferie, fossero stati lesi nei propri diritti, giacché non era stato tenuto conto del proprio diritto a svolgere le ferie in periodo diverso.

Il giudice bellunese però ritiene che nel caso specifico l’esigenza del datore di lavoro di osservare il disposto di cui all’articolo 2087 Codice Civile prevale sull’eventuale interesse del lavoratore di usufruire di un diverso periodo di ferie, asserendo altresì che la permanenza dei ricorrenti nel luogo di lavoro comporterebbe per il datore di lavoro la violazione dell’obbligo di cui all’articolo 2087 Codice Civile.

Non vi è quindi, secondo il magistrato, il fumus boni iuris e, peraltro, neppure il periculum in mora, atteso che i ricorrenti solo paventavano il rischio di essere sospesi senza retribuzione o licenziati, ma non portavano prova alcuna da cui poter desumere che l’intenzione del datore di lavoro fosse quella.

Non è vero quindi ciò che hanno pubblicato alcune testate giornalistiche, secondo cui i dipendenti della RSA, i quali avevano scelto di non fare il vaccino, fossero stati sospesi senza retribuzione o addirittura licenziati. Vero è invece che sono stati “obbligatoriamente” collocati in ferie dal datore di lavoro.

La questione certo si porrà quando le ferie di questi dipendenti si esauriranno: in tal caso il datore di lavoro, “ove possibile”, dovrà far loro svolgere una mansione diversa anche inferiore, come prevede l’articolo 279 Testo Unico 81/2008 sulla sicurezza sul lavoro. Se ciò però non fosse possibile, l’unica strada potrebbe diventare la sospensione senza retribuzione o il licenziamento.

Su quest’ultima possibilità, resta un ulteriore dubbio: come qualificare il licenziamento, se giustificato da giusta causa, come sostengono alcuni commentatori, o da giustificato motivo oggettivo, come sostengono altri. Invero, allo stato, la normativa emergenziale per il Covid 19 vieta il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.