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Direttiva Copyright 2019: fair use ed eccezioni al copyright tra esigenze di “apertura” e necessità di indirizzo

Panoramica del sistema delle eccezioni e limitazioni alla tutela autoriale introdotto dalla Direttiva Copyright, adeguato all’ambiente digitale e a quello transfrontaliero

 

Indice

1. Premessa sulla Direttiva Copyright

2. Le novità della Direttiva Copyright

3. Il recepimento della Direttiva Copyright tra esigenze di “apertura” e necessità di indirizzo

 

[Questo articolo è uno stralcio di un più ampio lavoro curato insieme a Maria Letizia Bixio in via di pubblicazione]

 

1. Premessa

Dopo un percorso tortuoso e ad ostacoli tra tentativi di compromesso e ripensamenti repentini, la Direttiva Copyright (UE 2019/790) è ora legge.

I punti da cui ha tratto le mosse il processo di modernizzazione del diritto di autore sono pacifici e certamente condivisibili:

adeguare il copyright all’ecosistema digitale e alle sfide delle nuove tecnologie;

rafforzare l’effettività dei diritti e promuovere un più maturo bilanciamento tra l’interesse degli autori/editori e quello generale, a salvaguardia «della stampa libera e pluralista» e a garanzia del «giornalismo di qualità e l’accesso dei cittadini all’informazione».

Viceversa, le soluzioni apprestate hanno animato il dibattito, spaccandolo almeno su due fronti: l’introduzione di un nuovo diritto a favore degli editori online di opere giornalistiche, per assicurare «la sostenibilità» del settore attraverso la compartecipazione alle nuove forme di sfruttamento promosse da aggregatori e operatori online;

la “responsabilizzazione” delle piattaforme e degli Internet service provider (Isp) ogni volta che svolgano un «ruolo attivo» anche attraverso «l’ottimizzazione della presentazione dei materiali o la loro promozione»[1].

Meno controverso si è presentato il sistema delle eccezioni e limitazioni[2] alla tutela autoriale (articoli 3-6), che è stato adeguato all’ambiente digitale e a quello transfrontaliero senza troppi scossoni[3] e a cui sono dedicate le brevi note che seguono per le implicazioni tutt’altro che irrilevanti che, ad avviso di chi scrive, si accompagnano alle novità introdotte.

 

2. Le novità della Direttiva Copyright

Mentre la Convenzione di Berna introduce le libere utilizzazioni[4] e la Direttiva 2001/29/CE le qualifica come deroghe limitate e specifiche, da recepire facoltativamente a livello nazionale[5], con la Direttiva 2019/790 il decalogo degli usi leciti delle opere protette, che è tale senza previa autorizzazione del titolare, diventa obbligatorio, salvo che per l’eccezione di insegnamento entro certi limiti, e non più discrezionalmente rimesso alla volontà degli Stati membri.

In particolare, gli Stati membri dovranno permettere agli organismi di ricerca ed agli istituti di tutela del patrimonio culturale[6] le riproduzioni e le estrazioni di testo o dati, da qualunque opera, a scopi di ricerca scientifica, sempre che abbiano legittimo acceso alle stesse. Le copie realizzate potranno essere memorizzate e conservate anche per la verifica dei risultati della ricerca, ferma l’applicazione di misure che garantiscano la sicurezza e l’integrità delle banche dati in cui verranno ospitate.

Ancora in tema di Text and data mining[7], dovrà essere introdotta un’eccezione per le riproduzioni e le estrazioni di testo e di dati, da opere o altri materiali cui si abbia legalmente accesso, a condizione che l’utilizzo delle stesse non sia stato espressamente riservato dai titolari dei diritti, ad esempio attraverso strumenti che consentano la lettura automatizzata di contenuti resi pubblicamente disponibili online.

Ai sensi dell’articolo 5, gli Stati membri dovranno altresì consentire l’utilizzo digitale di opere e altri materiali esclusivamente per finalità illustrativa ad uso didattico, nei limiti di quanto giustificato dallo scopo non commerciale perseguito, purché tale utilizzo:

a) avvenga sotto la responsabilità di un istituto di istruzione, nei suoi locali o in altro luogo o tramite un ambiente elettronico sicuro accessibile solo agli alunni o studenti e al personale docente di tale istituto; e

b) sia accompagnato dall’indicazione della fonte, compreso il nome dell’autore, tranne quando ciò risulti impossibile.

Tale limitazione potrebbe non estendersi a determinati utilizzi o tipi di opere o altro materiale, tra cui il materiale destinato principalmente al mercato dell’istruzione o gli spartiti musicali, ove siano facilmente reperibili sul mercato licenze che rispondano alle necessità e specificità degli istituti di istruzione.

Come indennizzo per la libera utilizzazione proposta il legislatore europeo introduce un meccanismo facoltativo di riconoscimento di un equo compenso per i titolari dei diritti, il quale nel sistema italiano potrebbe ben cumularsi con un altro meccanismo indennitario, ovvero il diritto di copia privata, che già insiste sui device acquisti dalle scuole per le suddette finalità.

Con l’intento di garantire la conservazione dei patrimoni culturali, gli Stati membri potranno permettere agli istituti di tutela del patrimonio culturale le riproduzioni di qualunque opera o altri materiali, presenti nella propria collezione permanente.

In tema poi di libertà di panorama, dovrà assicurarsi che, alla scadenza della durata di protezione di un’opera delle arti visive, il materiale derivante da un atto di riproduzione non sia soggetto a copyright, a meno che lo stesso qualifichi una creazione intellettuale propria dell’autore.

Non vanno dimenticate, infine, le eccezioni previste dalla direttiva (UE) 2017/1564[8], in attuazione del Trattato di Marrakech, tese a garantire alle persone con disabilità visiva o con altre difficoltà l’accesso a libri e ad altro materiale a stampa in formati idonei.

 

3. Il recepimento della Direttiva Copyright tra esigenze di “apertura” e necessità di indirizzo

Se a questo punto è lecito chiedersi quali siano in concreto le sfide prossime per gli Stati membri, alcuni riferimenti possono essere utili quantomeno ad inquadrare la risposta.

L’articolo 3, ad esempio, nel tratteggiare l’ambito dell’eccezione in tema di riproduzioni ed estrazioni per scopi di ricerca scientifica, richiama soggettivamente gli organismi di ricerca, senza d’altra parte definirli, e gli istituti di tutela del patrimonio culturale, che invece sono definiti in maniera impropriamente restrittiva. La norma poi non si preoccupa di chiarire chi in concreto sarà investito del ruolo di riproduzione ed estrazione, così da ricadere nello spettro dell’eccezione.

Viceversa i Consideranda si dilungano sul ruolo delle nuove tecnologie, che consentono un’analisi computazionale automatizzata delle informazioni in formato digitale, quali testi, suoni, immagini o dati, generalmente nota come «estrazione di testo e di dati». Ebbene, prosegue l’articolato della Direttiva, l’estrazione di testo e di dati permette l’elaborazione di un gran numero di informazioni ai fini dell’acquisizione di nuove conoscenze e della rilevazione di nuove tendenze, così potendo arrecare beneficio in particolare alla comunità di ricerca e, in tal modo, sostenere l’innovazione.

Senonché, è appena il caso di annotare che i dati non sono protetti in quanto tali dal diritto autoriale, che si limita a tutelare la forma creativa di un’opera, senza estendere i tentacoli del diritto esclusivo sulle informazioni e sui dati incorporati nell’opera.

Insomma, il Text e Data Mining non dovrebbe né potrebbe qualificare una forma di sfruttamento coperta da diritti di esclusiva, diritti d’autore o altri diritti sui generis[9].

A questa obiezione replica la stessa Direttiva, che sempre nei Consideranda, precisa che “In alcuni casi, l’estrazione di testo e di dati può riguardare atti protetti dal diritto d’autore dal diritto sui generis sulle banche dati, o entrambi, in particolare la riproduzione di opere o altro materiale, l’estrazione di contenuti da una banca dati o entrambi, come avviene ad esempio quando i dati vengono normalizzati nel processo di estrazione di testo e di dati. Se non sussistono eccezioni né limitazioni è richiesta un’apposita autorizzazione ai titolari dei diritti”. 

Nemmeno il successivo articolo 4 brilla per chiarezza, là dove dispone un’eccezione per le riproduzioni e le estrazioni effettuate da opere o altri materiali cui si abbia legalmente accesso ai fini dell’estrazione di testo e di dati, a condizione che l’utilizzo delle opere e di altri materiali non sia stato espressamente riservato dai titolari dei diritti in modo appropriato.

Ora poiché non è facile a dirsi e men che meno a prevedersi cosa si intenda per “riserva appropriata”, sarà rimesso in prima battuta agli Stati Membri individuare in maniera più stringente il perimetro della nuova eccezione, facendo attenzione a bilanciare la tutela autoriale con i principi della concorrenza e della libertà di impresa, e, in ultima analisi, ove il recepimento nazionale non colmi queste incertezze si devolverà ai giudici l’interpretazione della norma.

Un’ultima nota, per così dire “scomposta”: all’articolo 17.7 della Direttiva, dedicata ai regimi di responsabilità in particolare delle piattaforme di condivisione di contenuti caricati dagli utenti, si trova un ultimo comma che introduce uno speciale regime di eccezione.

Derogando al carattere facoltativo delle eccezioni per finalità parodistica e caricaturale, introdotto dalla Direttiva 2001/29[10], la previsione accorda agli utenti quando caricano e mettono a disposizione del pubblico tramite i servizi di condivisione di contenuti online, la possibilità di avvalersi delle seguenti eccezioni o limitazioni: citazione, critica, rassegna, utilizzi a scopo di caricatura, parodia o pastiche.

Bastano questi pochi cenni per rendersi conto che agli Stati membri è dunque delegata una funzione essenziale: scegliere anche rispetto al sistema delle limitazioni attuali la via del recepimento nazionale tra le molte opzioni lasciate aperte.

Ebbene, in tale non facile percorso attuativo, il legislatore nazionale non è lasciato solo, perché a scongiurare il rischio di recepimenti schizofrenici e incoerenti, che vanificherebbero la finalità stessa della Direttiva, soccorre una doppia bussola.

La prima guida è evidentemente rappresentata dal c.d. three step test, che, contemplato dall’articolato normativo, consentirà di orientare la rotta[11], svolgendo la funzione di promuovere un giusto equilibrio tra gli interessi degli autori e degli altri titolari di diritti, da un lato, e degli utenti, dall’altro, ogni volta che si riduce l’area di esclusiva assegnata ai titolari. Per l’effetto, qualunque eccezione “modernizzata” o di nuova introduzione dovrà giustificarsi per fini specifici e in condizioni specifiche, senza mai “contrastare con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali” ovvero “arrecare ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare”.

La seconda, che interpreta e completa la prima, è l’acquis communitaire, in forza del quale le limitazioni, per assicurare le esigenze di bilanciamento che ne giustificano la stessa esistenza, devono costituire oggetto di stretta interpretazione, pena l’indebolimento dell’intero impianto autoriale tutto[12].

 

[1] Bently, Falce, Sul diritto d’autore dalla Ue soluzioni ancora controverse, IlSole24Ore, 2 ottobre 2017, accessibile anche all’indirizzo Internet https://www.ilsole24ore.com/art/sul-diritto-d-autore-ue-soluzioni-ancora-controverse--AEOPhacC; Falce, La direttiva UE sul copyright si ispira all’Italia, IlSole24Ore 18 dicembre 2017, accessibile anche all’indirizzo Internet https://argomenti.ilsole24ore.com/valeria-falce.html.

[2] La distinzione è di Fabiani, Le eccezioni e limitazioni ai diritti degli autori nella Direttiva 2001/29/CE e nella sua attuazione nei Paesi della Comunità, in Il Diritto d’autore, 2005, fasc. 2, pp. 137-151. In argomento anche Falce, La modernizzazione del diritto di autore, Giappichelli Ed., 2012, p. 204 e ss..

[3] Falce, Direttiva copyright. Molte strade per recepire limiti ed eccezioni, IlSole24Ore, 20 giugno 2019.

[4] Articolo 2-bis, in tema di discorsi e le conferenze tenuti in pubblico; l’10, co. 1, in tema di citazioni di opere pubblicate o di articoli di giornale e riviste periodiche nella forma di rassegne di stampe, purché fatte conformemente ai buoni usi e nella misura giustificata dallo scopo; l’articolo 10, co. 2, relativo all’utilizzazione di opere a titolo illustrativo nell’insegnamento, sempre in conformità ai buoni usi e nella misura giustificata dallo scopo; l’articolo 10-bis, co. 1, avente ad oggetto le riproduzione per mezzo della stampa, radiodiffusione o trasmissione per filo al pubblico di articoli di attualità su argomenti economici, politici, religiosi, pubblicati in giornali o riviste periodiche, oppure di opere radiodiffuse aventi lo stesso carattere, a meno che essi non siano accompagnati da esplicita riserva.

[5] Con l’unica eccezione delle cd. copie temporanee, di cui all’articolo 5, §1, della Direttiva, la cui introduzione era obbligatoria.

[6] Nella definizione, di cui all’articolo 2 della Direttiva, rientrano le biblioteche accessibili al pubblico e i musei, indipendentemente dal tipo di opere o altri materiali che detengono nelle loro collezioni permanenti, nonché gli archivi e gli istituti per la tutela del patrimonio cinematografico o sonoro.

[7] Nella quale rientra, ai sensi dell’articolo 2 della Direttiva, qualsiasi tecnica di analisi automatizzata volta ad analizzare testi e dati in formato digitale avente lo scopo di generare informazioni inclusi, a titolo non esaustivo, modelli, tendenze e correlazioni. Per un eccellente inquadramento si rinvia ai lavori del Max Planck Institute che in tema di eccezioni ha fornito importanti spunti in parte considerati dalle istituzioni europee in sede di finalizzaizone e approvazione della Direttiva. Hilty,, Heiko, Position Statement of the Max Planck Institute for Innovation and Competition on the Proposed Modernisation of European Copyright Rules Part B Exceptions and Limitations (Articolo 3 – Text and Data Mining) (January 14, 2017), Max Planck Institute for Innovation & Competition Research Paper No. 17-02, disponibile al sito: https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2900110.

[8] Direttiva (UE) 2017/1564 del parlamento europeo e del consiglio del 13 settembre 2017 relativa a taluni utilizzi consentiti di determinate opere e di altro materiale protetto da diritto d’autore e da diritti connessi a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa, e che modifica la direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione.

[9] Sul punto ha aperto una primo dibattito dottrinario Hugenholtz, Data Property: Unwelcome Guest in the House of IP, Institute for Information Law (IViR), in: Lohsse, Trading Data in the Digital Economy: Legal Concepts and Tools, Baden-Baden: Nomos (2017), p. 75-99.

[10] L’articolo 5, par. 3, lett. k), della direttiva 29/2001/CE riconosceva infatti agli Stati membri la facoltà di disporre eccezioni o limitazioni ai diritti di riproduzione e di comunicazione al pubblico «quando l’utilizzo avvenga a scopo di caricatura, parodia o pastiche».

[11] Mentre la Convenzione di Berna riserva alle legislazioni dei Paesi dell’Unione la facoltà di permettere la riproduzione delle predette opere in taluni casi speciali, purché una tale riproduzione non rechi danno allo sfruttamento normale dell’opera e non causi un pregiudizio ingiustificato ai legittimi interessi dell’autore, il three-step test è stato riprodotto nell’articolo 13 dell’Accordo TRIPs (Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights, firmato a Marrakech il 15 aprile del 1994) e nei Trattati WIPO del 1996 (WIPO Copyright Treaty e WIPO Performances and Phonograms Treaty, firmati a Ginevra il 20 dicembre 1996). Per una ricostruzione, Margoni, Il "Three-step Test" nel diritto d’autore: tra necessità di bilanciamento e mancanza di ragionevolezza, in Il Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2009, fasc. 1, pp. 164-165.

[12] La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha infatti ribadito il principio per cui le norme in materia di libere utilizzazioni di cui alla Direttiva 2001/29/CE hanno carattere eccezionale e, in quanto tali, devono costituire oggetto di stretta interpretazione. In particolare, con riferimento all’eccezione relativa alla realizzazione di copie temporanee (o cache) di cui all’articolo 5, §1, della Direttiva 2001/29/CE, la Corte di Giustizia ha rilevato che: “dalla giurisprudenza emerge che i requisiti indicati supra [ovvero, quelli alla ricorrenza dei quali è applicabile l’eccezione relativa alle copie temporanee] devono costituire oggetto di un’interpretazione restrittiva, in quanto l’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva costituisce una deroga alla regola generale sancita dalla medesima che impone che il titolare dei diritti d’autore autorizzi qualsiasi riproduzione delle sue opere protette”  per tutte si veda C. giust. UE 17 gennaio 2012, C-302/10, Infopaq International A/S c. Danske Dagblades Forening, §27.