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È onere del personale ispettivo dimostrare che l’appalto è illecito anche in caso di direttive del committente

Lavoro
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Indice:

1. Il caso in esame

2. La decisione del Tribunale di Bologna

 

Con una recente pronuncia (sentenza 10 dicembre 2019, n. 877), il Tribunale di Bologna ha stabilito che, in tema di interposizione nelle prestazioni di lavoro, ai fini della contestazione di una interposizione illecita è onere del personale ispettivo accertare che le disposizioni impartite dal personale del committente siano espressione di un concreto potere direttivo, essendo del tutto ammesse, in un genuino contratto di appalto, indicazioni da parte del personale dell’appaltante nei confronti dei lavoratori dell’appaltatore in ordine alle modalità di svolgimento dell’opera o del servizio.

 

1. Il caso in esame

La decisione trae origine dall’opposizione proposta dal legale rappresentante di una società avverso l’avviso di addebito emesso e notificato all’esito dell’accertamento svolto dai funzionari ispettivi dell’Ispettorato del Lavoro territorialmente competenti, avente ad oggetto la verifica dei rapporti di lavoro di alcuni lavoratori in forza presso la società opponente ma formalmente dipendenti di una cooperativa, con cui la società ricorrente aveva stipulato un contratto di appalto.

In base all’istruttoria svolta, il personale ispettivo aveva accertato che la cooperativa da cui dipendevano i lavoratori non disponeva di sedi operative, di depositi e magazzini, di attrezzatura, né erano emersi dall’esame delle fatture e dell’estratto conto bancario acquisti di materiali di alcun genere.

Gli ispettori avevano pertanto accertato che la cooperativa disponeva esclusivamente di forza lavoro messa a disposizione di altre imprese per picchi di lavoro o per pura manovalanza e, pertanto, avevano ritenuto del tutto illecito l’appalto tra la società e la cooperativa in assenza da parte di quest’ultima di mezzi e dell’assunzione del rischio di impresa”.

La società ricorreva in giudizio per ottenere l’annullamento dell’avviso di addebito. Costituitasi in giudizio, l’Inps contestava le pretese di parte ricorrente, chiedendone il rigetto.

 

2. La decisione del Tribunale di Bologna

Al fine di pronunciarsi sulla legittimità dell’avviso di addebito opposto, il Tribunale di Bologna ripercorre le fonti normative e gli approdi giurisprudenziali in tema di somministrazione irregolare e i criteri di differenziazione rispetto all’appalto lecito.

In primis, viene in rilievo l’articolo 29 del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276 secondo cui “il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’art. 1655 c.c., si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa”.

Secondo la giurisprudenza, anche di legittimità, “il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro, in riferimento agli appalti cd. “endoaziendali”, caratterizzati dall’affidamento ad un appaltatore esterno di tutte le attività, ancorché strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente, opera tutte le volte in cui l’appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all’appaltatore - datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo” (ex pluris, Cass. 9 marzo 2009, n. 5648).

Sebbene l’assoggettamento dei lavoratori al potere direttivo e di controllo dell’utilizzatore rappresenti uno dei principali indici tradizionalmente utilizzati dalla giurisprudenza per rilevare le ipotesi di interposizione illecita, la Corte di Cassazione (sentenza n. 12201/2011) ha stabilito che un regolare contratto di appalto è perfettamente compatibile con l’esercizio di un potere di controllo da parte del committente-utilizzatore, che può legittimamente definire le modalità temporali e tecniche di esecuzione del servizio o dell’opera.

Ai fini della dimostrazione della sussistenza di un appalto fraudolento, è necessario, dunque, che le disposizioni impartite dall’appaltante siano riconducibili al potere direttivo del datore di lavoro anche in relazione alle effettive modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative, non potendosi, infatti, ritenere sufficiente, ai fini della configurabilità di un appalto fraudolento, la circostanza che il personale dell’appaltante impartisca disposizioni all’ausiliario dell’appaltatore.

L’onere di provare l’esistenza dell’interposizione – osserva il giudicante – incombe sulla parte che alleghi la costituzione di un rapporto di lavoro con la committenza e, nel caso di specie, sull’Inps.

All’esito dell’istruttoria svolta, il Tribunale bolognese ha ritenuto che tale onere non fosse stato assolto con riferimento a tutte le posizioni lavorative oggetto dell’avviso di addebito. Infatti, evidenzia il giudicante, dall’escussione dei testi non era stato possibile individuare gli ulteriori lavoratori dipendenti della cooperativa somministrati illecitamente in favore dell’opponente.

Pertanto, il Tribunale di Bologna ha annullato l’avviso di addebito opposto relativamente a dodici delle quattordici posizioni lavorative indicate nel verbale di accertamento ispettivo esaminato.