FACCE NUOVE
FACCE NUOVE
Non che sia bello, il nuovo venuto. Ma è nuovo. Farà la delizia dei disegnatori che in sei mesi di campagna hanno messo a punto la forte fila di denti, nel sorriso “da orecchio a orecchio”, che contempleremo per almeno quattro anni. Un signore, scambiato per lui, minacciò querele. Ma ora lo troveranno bello, il fascino del potere è sempre alto. Da noi, si sono lette confidenze intime di rinomate signore, che trovan bello perfino Berlinguer. Una sognava, così, di allattarlo. Bello non sarà, Jimmy Carter. E neppure è vero che sia balzato proprio dal niente, fin sulla poltrona, che è una delle più alte della terra. Dopotutto, era governatore della Georgia, che non è l’ultimo degli Stati, e fa parte del gruppo primogenito, anche se poi fece la guerra civile dalla parte sbagliata. Il nuovo venuto, che preferisce sorvolare sulle sue idee politiche, provinciali ma solide, si comporta come quei ricconi che si son fatti da sé e parlano della loro infanzia come di un tempo di squallida miseria, anche se poi avevano genitori decorosi e perfino benestanti. E’ la regola delle favole belle, che esigono contrasti appariscenti. E favola è davvero, questa: diventa una saga, un ciclo se pensate che col presidente cambieranno i titolari di duecento poltrone, dal capo della diplomazia al capo dei generali, da quello dei dollari a quello delle foreste. Giusto che cambi il governo, che i pappagalli delle traduzioni letterali chiamano “amministrazione”. Che cambi il personale della casa Bianca, che cambino quei “consiglieri speciali” e “assistenti personali” che sono uguali ai ministri. Ma il bello è che sono nuovi, non vengono ripescati nella vasca dove nuotano, pigri e lenti come le trote vive nei ristoranti.. Duecento facce nuove. Non saranno tutte belle, né tutte quelle facce saranno scrigni di genialità. Vi si troveranno, nella giusta misura umana, l’ingegno e la stupidità, il bene e il male. Ma cambiano, ecco il bello. La vita americana asseconda quel gusto della varietà che è una delle consolazioni della vita. “Gli uomini del male si stancano, ma del bene si stuccano”, così Machiavelli esprimeva l’insofferenza delle medesime situazioni, degli stessi nomi, delle stesse facce. Pendo all’America, con duecento facce nuove. E anche al gusto che dev’esserci a fare il presidente, a far contente duecento persone in una volta.
Rispettiamo il dolore dei partenti. Concediamo che tra loro vi siano preziose esperienze che vanno perdute. Ma, gran Dio, noi che ce le siamo strette al seno per decenni, non è che ci siamo risparmiati certi mali passi. Con tutto il rispetto, quando l’altra sera la televisione mi fece passare una oretta con l’onorevole Ugo La Malfa, mi venne la tentazione di guardare quando aveva esordito, e lo ritrovai ministro della ricostruzione con De Gasperi nel dicembre 1945 e insieme con lui un Riccardo Lombardi ministro dei trasporti, e un Pietro Nenni, vicepresidente del consiglio e ministro per la costituente. I più anziani in servizio non sono democristiani, dunque. Ma i democristiani si presero la rivincita.
Vediamo. Nel 1954, presidente degli Stati Uniti era il generale Eisenhower; Winston Churchill lasciava il numero 10 di Downing Street ad Antony Eden. La Germania Federale non era ancora Stato sovrano, e la governava Adenauer. Gli astri di Moro, di Emilio Colombo, di Luigi Gui, di Preti, di Zaccagnini e Rumor spuntarono ben prima che l’America facesse conoscenza con un certo John Kennedy.
Oggi, Kennedy è morto da tredici anni, gli han tenuto dietro una volta e mezza Johnson, due volte Nixon, una mezza Ford, ed ora Carter. Le meteora di De Gaulle è salita nel cielo, ha brillato, si è spenta; Pompidou ha regnato ed ecco Giscard.
E poi gli Erhard, Kissinger, Brandt, Schmidt. Da noi, un impetuoso vegliardo afferra il partito socialdemocratico, per rinnovarlo. Ma è la stessa persona che, dopo avere esordito come vicepresidente del consiglio nel 1947 e avere fatto anche da Presidente della Repubblica, sente la tentazione di ricominciare la carriera politica: dalle origini. I propositi di rinnovamento espressi prima delle elezioni politiche han prodotto la scomparsa dalla scena di una sola faccia, quella del bravo e ancor utile senatore Manlio Brosio.
Così avviene in casa nostra. Le sole rinunce son quelle, spontanee, dei migliori. Vedrete coi biglietti ferroviari gratuiti. I soli a restarne senza, saranno le medaglie d’oro, che ne fanno a meno, volontariamente, per spirito patriottico, e per dare l’esempio. Poveretti.
Piero Santerno, da “Il Giornale”, 5 novembre 1976