Facebook - Cassazione Penale: sì al riconoscimento dell’autore di un reato tramite Facebook
La Corte di Cassazione, con una recentissima sentenza, ha dichiarato l’attendibilità dell’individuazione dell’autore di un reato tramite il social network Facebook.
Il caso
Nel caso in esame, l’imputato aveva proposto ricorso per Cassazione in merito alla pronuncia della sentenza di condanna della Corte di Appello di Milano che, confermando quanto disposto dal Tribunale di Monza, aveva ritenuto il ricorrente responsabile dei reati di concorso in rapina e porto d’armi, condannando l’imputato alla pena di giustizia.
Il ricorso era basato su tre motivi:
1. “mancanza ed illogicità della motivazione in ordine dal profilo della identificazione del ricorrente quale autore della rapina in danno della persona offesa”. L’imputato lamentava che la motivazione era del tutto carente ed illogica nella parte in cui i giudici di merito avevano ritenuto valida la propria identificazione tramite Facebook e senza alcun successivo riconoscimento;
2. difetto di motivazione in relazione alla responsabilità per il reato di cui all’articolo 4 della Legge 110/1975 (porto di armi od oggetti atti ad offendere), riconosciuto in capo all’imputato;
3. violazione e falsa applicazione di legge e difetto di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della circostanza attenuante ex articolo 114 del codice penale.
Il difensore dell’imputato aveva depositato memoria, precisando che relativamente al riconoscimento del ricorrente, tra l’altro soggetto minorenne, non poteva parlarsi di una ricognizione in senso tecnico in quanto non erano state rispettate le formalità di cui agli articoli 213 e 214 del codice di procedura penale (ricognizione di persone e svolgimento della ricognizione).
La decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso dell’imputato, affermando che: “la Corte di Appello, con motivazione esaustiva, logica, congrua e del tutto coerente, ha correttamente ritenuto che fosse stata raggiunta la prova della responsabilità dell’imputato in ordine alla rapina contestatagli sulla scorta delle complessive emergenze processuali e sulla base della annotazione della Polizia di Desio e della individuazione operata dalla persona offesa, ritenuta pienamente genuina ed attendibile (tramite, appunto, il social network Facebook)”.
In relazione al secondo motivo suesposto, la Cassazione ha puntualizzato che la Corte territoriale ha accertato che il ricorrente ed il complice, nello svolgere l’attività criminosa, hanno attuato un piano concordato, ritenendo l’imputato responsabile anche del porto abusivo dell’arma utilizzata dal complice per realizzare il fatto, escludendo l’attenuante di cui all’articolo 114 del codice penale. Tale norma, ha precisato la Suprema Corte, è applicabile solo nell’ipotesi che la condotta del correo abbia inciso sul risultato finale dell’impresa criminosa in maniera del tutto marginale.
La Cassazione, quindi, ha ritenuto corretta la decisione della Corte territoriale nel negare la concessione della richiesta dell’attenuante non potendo ritenere del tutto marginale il ruolo dell’imputato nella produzione dell’evento dannoso, rafforzando con la sua presenza il proposito criminoso del complice.
Pertanto, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
(Corte di Cassazione - Seconda Sezione Penale, Sentenza del 29 settembre 2017, n. 45090)