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Farsi famiglia

Marina di Ravenna
Ph. Alessandro Saggio / Marina di Ravenna

Cos’è la famiglia? Domanda cui si è sempre cercato di rispondere e che ci si pone ancor di più oggi a causa della continua crisi della famiglia moderna. L’economista Luigino Bruni risponde così: “La famiglia è molte cose, ma è anche il principale luogo dove apprendiamo – per tutta la vita e in un modo tutto speciale da bambini – un’arte fondamentale, l’arte alla base di tutte le arti e le professioni della vita adulta: l’arte della gratuità. Imparando questa arte essenziale impariamo a lavorare, perché non c’è lavoro senza gratuità. […] Se la famiglia vuole, e deve, coltivare l’arte della gratuità, deve fare molta attenzione a non importare dentro casa la logica che oggi vige fuori. Guai, ad esempio, a usare la logica dell’incentivo all’interno delle dinamiche familiari. Il denaro in famiglia, soprattutto nei confronti dei bambini e dei ragazzi, va usato poco, e se usato deve essere usato come premio o riconoscimento e mai usato come prezzo e come incentivo”. La famiglia è la prima scuola di solidarietà (art. 2 Cost.) e di lavoro (art. 4 Cost.) in ogni piccolo gesto, a cominciare dal riassetto del letto.

L. Bruni aggiunge: “Uno dei compiti della famiglia è proprio formare nelle persone l’etica del lavoro ben fatto. Il letto va riassettato bene perché deve essere fatto bene, non per la mancia; i compiti vanno fatti bene perché vanno fatti bene e basta, per ragioni cioè interne allo studiare, e se oggi imparo quest’arte dell’«e basta» domani sarò capace di lavorare bene anche quando nessuno mi vede, mi incentiva o mi punisce. Se, invece, anche in casa, il denaro diventa il «perché» si fanno o non si fanno compiti e lavoretti, i ragazzi da adulti difficilmente saranno buoni lavoratori e non sperimenteranno la libertà profonda e vera che nasce dalla gratuità”. Si potrebbe, perciò, riferire alla famiglia l’art. 1 comma 1 della Costituzione riscrivendolo in: “La famiglia è una piccola Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.

Quest’aspetto è stato pure sottolineato da Victoria Prooday, psicoterapeuta ergoterapista canadese: “Insegnategli [al bambino] la responsabilità e l’indipendenza e non proteggetelo dai piccoli fallimenti. In questo modo, impareranno a superare le grandi sfide della vita. Non siate voi a preparargli lo zaino per la scuola, non portateglielo voi, se ha dimenticato a casa il pranzo o il diario non portateglielo a scuola, non sbucciate una banana per un bambino di 5 anni. Insegnategli piuttosto come si fa”. “Considerato che occorre preparare appieno il fanciullo ad avere una vita individuale nella società, ed allevarlo nello spirito degli ideali” (dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). Quello che si deve fare significa che si può fare (perché qualcuno l’ha già fatto), se si vuole: insieme è ancora meglio. Famiglia deriva etimologicamente dal latino “famul, famulus”, “servo”, pertanto significa “mettersi al servizio l’uno dell’altro/a”, avere spirito di servizio, essere servizievoli e non servitori o asserviti come in alcune famiglie di una volta o anche dei nostri tempi.

Come il mettersi a servizio tra fratelli e sorelle, di cui parla Ada Fonzi, esperta di psicologia dello sviluppo: “Il rapporto tra fratelli è fondamentale. Sia perché fa parte di quei legami intimi che rappresentano dei saldi riferimenti in un’epoca di forti e veloci trasformazioni sia perché è una palestra insostituibile per imparare a gestire le relazioni al di fuori della cerchia familiare”. Le relazioni familiari sono uno dei diritti fondamentali del bambino come l’identità (art. 8 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia) che contribuiscono a formare, a consolidare o disgregare. I genitori tengano conto di questo nelle loro scelte, da quella di generare un figlio unico a quella di formare una cosiddetta famiglia allargata, dalla scelta di amore dell’adozione di un figlio non proprio alla scelta egoistica di relazioni extraconiugali ed eventuali figli nati da vite (famiglie) parallele.

I riti in famiglia sono importanti perché danno sicurezza ai bambini, il senso del tempo, regole da rispettare, diventano sculture nella memoria, in altre parole i riti giovano alla salute dei bambini. “La salute è creata e vissuta dalle persone all’interno degli ambienti organizzativi della vita quotidiana: dove si studia, si lavora, si gioca e si ama. La salute è creata prendendosi cura di se stessi e degli altri, essendo capaci di prendere decisioni e di avere il controllo sulle diverse circostanze della vita” (dalla Carta di Ottawa per la Promozione della Salute, 1986).

La bioeticista Viviana Daloiso evidenzia: “[…] il valore dei ricordi è tra le piccole cose che andrebbero riscoperte in ogni famiglia, e conservate con cura, un po’ come hanno fatto le società di tutti i tempi, raccogliendo documenti e reperti nelle vetrine dei musei per continuare a rinnovarne il ricordo di generazione in generazione. Farlo in famiglia potrebbe diventare anche educativo e “programmatico”: dovremmo imporci di condividere oggetti e ricordi, metterli a tema, parlane e ascoltarne. La coperta, l’orsetto, il paio di guanti, il fiore lasciato essiccare sapranno sorprenderci, raccontando favole bellissime e mai sentite, ma soprattutto con una morale inaspettata. Quella che, anche loro, come ogni famiglia in fondo, sanno stare lì, ben piantati, pronti ad affrontare con noi ogni tempesta. Forse per aiutarci a renderla meno amara”. Coltivare, conservare, custodire ricordi di e in famiglia è fondamentale per i bambini perché favorisce, tra l’altro, la libertà di espressione (art. 13 Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia) - in quanto “questo diritto comprende la libertà di ricercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere” - e lo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale del fanciullo (art. 27 Convenzione).

Ogni membro della famiglia cerca la felicità trascurando che la famiglia stessa è fonte di felicità. La famiglia dovrebbe essere il primo luogo di luce viva e vera, perché dà alla luce dando la vita e dà la luce dando i valori della vita. Alcuni genitori, però, dopo aver trasmesso la vita, sembrano non trasmettere null’altro, sembrano abdicare a tutto delegando agli altri.

“Faresti meglio a rallentare. Non danzare così veloce. Il tempo è breve. La musica non durerà. Quando corri così veloce per giungere da qualche parte ti perdi la metà del piacere di andarci. Quando ti preoccupi e corri tutto il giorno, è come un regalo mai aperto… gettato via. La vita non è una corsa. Prendila piano. Ascolta la musica” (da una poesia di un’adolescente “malata terminale” di cancro). Tempo di vita: costruirlo in famiglia, praticarlo in famiglia, viverlo in famiglia.

Camminare è stato un traguardo dell’umanità ed è un traguardo di ogni uomo; aiutare l’altro a camminare, con pazienza e rispetto, è traguardo del cuore: come fanno i genitori e i cosiddetti “caregiver” (“colui che si prende cura”), figura per cui si è coniato questo termine come, in passato, per le “badanti”, che svolgono prestazioni di attenzione e assistenza alla persona che una volta erano proprie della famiglia, di ogni componente della famiglia (i genitori per i figli, i figli maggiori per quelli minori, i figli per i genitori anziani o malati e così via). La famiglia aiuti a camminare e non ad intralciare e si aiuti ogni famiglia a camminare. Il bene di una famiglia è un bene per ogni altra famiglia.