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Fascisti smemorati

Sabato fascista, anni 30
Sabato fascista, anni 30

Senza alcun intento fustigatorio, dedichiamo attenzione al Ventennio e agli entusiasmi che destò in milioni di italiani. Senza la retorica antifascista, per la quale tutto ciò che ha riguardato il periodo mussoliniano è sbagliato, insensato, illogico. Cerchiamo di comprendere cosa ha spinto gli italiani a far quadrato, con poche eccezioni, ad una dittatura che ha scandito la vita dalla culla alla maggiore età della folla che inneggiava al Duce.

Teniamo conto che finita la guerra gli intenti epurativi, si scontrarono con la necessità di mandare avanti una nazione devastata dalle fondamenta. Gli insegnati, i magistrati, gli avvocati, il pubblico impiego e la burocrazia, le forze dell’ordine, gli industriali e le corporazioni degli artigiani e commercianti tutte erano state disciplinate a far proprie le idee fasciste.

L’epurazione avrebbe impedito qualsiasi possibile ricostruzione e Togliatti si fa portavoce della necessità dell’amnistia.

Giordano Bruno Guerri, scrive :” I partigiani erano appena 1500 nel settembre del 1943, non più di 30.000 nella primavera del 1944 e almento il doppio in estate, quando la liberazione di Roma e di Firenze fece prevedere una rapida vittoria degli alleati: diventeranno 250.000 al 25 aprile 1945 e milioni a guerra finita. Per lo più rano renitenti alla leva, anche se la maggior parte dei renitenti si nascosero, senza scegliere l’uno o l’altro schieramento”.

Dunque, quasi tutti fascisti e poi quasi tutti attendisti e pochi partigiani. Perché non dirlo ed invece “costruirsi” un manto “resistenziale o da dissidente politico”?

Questa è la questione.

Tra i tanti giovani cresciuti in un clima di metodico indottrinamento troviamo Eugenio Scalfari e Giovanni Spadolini che collaborarono attivamente in riviste di regime. Tale parentesi della loro vita è stata volutamente taciuta e occultata e qualche volta mistificata.

 

Recentemente Scalfari, intervistato il 20 novembre 2019, dalla Tiziana Panella nel corso della trasmissione Tagadà su La7, ha affermato: "sono stato espulso dal GUF nel 1942 e non sono più stato fascista".

Si potrebbe pensare che l'età avanzata possa aver tratto in inganno il fondatore di la Repubblica, sennonché anche il 2 dicembre del 1991, Eugenio Scalfari, polemizzando con il defunto Bettino Craxi, affermava fra l'altro :"Sono nato nel 1924 e sono stato espulso dal Guf nel 1942". La dichiarazione venne pubblicata su la Repubblica, fra virgolette; fu data alle agenzie; venne ripresa da altri giornali.

Si tratta di un falso, poiché Eugenio Scalfari collaboratore di Roma Fascista, mantenne quella collaborazione fino al 24 giugno 1943; e poiché Roma Fascista era l'organo del Gruppo universitario fascista di Roma, è evidente che ciò non sarebbe stato possibile, se Scalfari fosse stato davvero espulso dai GUF nel 1942.

La verità scomoda per Scalfari viene ricordata anche da Ugo Indrio, il suo direttore di “Roma fascista”, che scrive: “…Scalfari non subì alcun provvedimento disciplinare da parte del Guf… e fino al 24 giugno del 1943 collaborava ancora a Roma fascista, nel numero 33, il terz’ultimo prima della fine”. (Cfr Ugo Indrio, Da “Roma fascista” al “Corriere della Sera”, Edizioni Lavoro, 1987, pag. 120)

Lo stesso Scalfari ha collaborato anche ad un altro periodico del regime, Nuovo Occidente almeno sino al 19 giugno 1943 quando scrisse l'articolo "Incontro con Huizinga".

Gli articoli di Scalfari su Roma Fascista nel biennio 1942-1943 sono numerosi: Ritorno all'uomo del 12 novembre 1942, Interrogativo sulla confederazione del 19 novembre 1942, L'ora del partito clima nuovo del 10 dicembre 1942, Sconfinamento del sindacato del 14 gennaio 1943 e l'ultimo del 24 giugno 1943 dal titolo Fine degli Enti economici, pochi giorni prima della caduta del regime mussoliniano.

Gli articoli citati sono reperibili presso la biblioteca universitaria “Alessandrina” di Roma come accertato da chi scrive.

Per concludere riportiamo cosa gli scriveva Italo Calvino : 21 maggio del 1942: «Per quanto io aspiri a un “modo di salire” e tu a un “salire ad ogni modo”, l’esempio dell’amico mi sarà certo di sprone. […] Manda roba: Conquiste d’Impero, tua tesi per quell’affare del convegno che so io, Roma Fascista che – scusa – non ho capito bene che cosa è (un giornaletto del Guf)?»

Il 10 giugno 1942 : «Tu che sempre hai vissuto in una sfera lontana dalla vera vita, uniformando il tuo pensiero all’articolo di fondo del giornale tale e talaltro, ignorando completamente uomini fatti cose adesso ti metti a scrivere di economia, di argomenti ai quali sono legati avvenire benessere prosperità di popolazioni. Questa più che faccia tosta mi sembra impudenza. […] Lo so, sono amaro, ma, ragazzo, nella merda fino a quel punto non ti credevo. Il giornale fa pietà, è un vero sconcio che si lasci pubblicare tanta roba idiota e inutile. […] Ti conoscevamo come uno disposto a tutto pur di riuscire, ma cominci a fare un po’ schifo.» Cfr. I. Calvino, Lettere 1940-1985, a cura di L. Baranelli, Mondadori, Milano 2000.

Per completezza di verità anche Italo Calvino collaborò con “Roma fascista” sino al 1943. Ricorda Ugo Indrio: “Ma anche di Calvino – scrittore che io stimo più di molti altri – devo dire che fino al 1943 egli collaborò alla terza pagina di Roma fascista; un suo elzeviro apparve il 22 aprile del ’43; e ne sarebbe uscito certamente un altro, che è rimasto nelle mie mani”.

Ugo Indrio, Da “Roma fascista” al “Corriere della Sera”, Edizioni Lavoro, 1987.

Italo Calvino, Lettere 1940-1985, a cura di L. Baranelli, Mondadori, Milano 2000.

Anonimo Nero, Camerata dove sei?, B&C, 1976.