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Genesi e sviluppo del diritto ambientale. Principi comunitari e risvegli costituzionali

Ambiente
Ambiente

Genesi e sviluppo del diritto ambientale. Principi comunitari e risvegli costituzionali

Indice

Introduzione

Il sistema normativo europeo

L’ambiente nella costituzione italiana

Conclusioni

 

Introduzione

La crescente attenzione verso i problemi ambientali costituisce la risposta allo sviluppo industriale che ha visto protagonista l’Occidente, Europa compresa. Gli anni settanta si caratterizzano per aver dato impulso ad una serie di interventi legislativi e giurisprudenziali nell’interesse dell’ambiente.

Risposte frammentate da parte degli Stati attraverso riforme settoriali e poco coraggiose cercavano di bilanciare l’eccessivo squilibrio a favore di una industria che, in adesione alla logica del profitto, non si poneva limiti di contenimento per rispettare l’ambiente.

Disastri ambientali, sconvolgimenti climatici, inquinamento atmosferico e stravolgimento della biodiversità sono gli effetti di un acclarato disinteresse dell’uomo verso l’ecosistema.

Come è stato affermato dal Comitato per gli Affari sociali, la salute, e lo sviluppo sostenibile dall’Assemblea del Consiglio d’Europa: “l’inquinamento ambientale, la perdita della biodiversità e le crisi climatiche stanno rendendo le persone e il pianeta malati, portando morti premature per la generazione presente e rubando spazio vitale per le generazioni future”.

Determinanti, negli anni addietro, sono stati gli interventi delle istituzioni europee e della Corte costituzionale, per quanto possibile, diretti ad adottare limitazioni alle incuranti scelte dell’uomo verso l’ambiente.

Va, tuttavia, precisato che già il lemma “Ambiente” trovava una difficile collocazione, atteso che l’approvazione delle fonti normative coincideva con periodi storici nei quali la consapevolezza, la sensibilità e la coscienza verso l’ambiente non erano ritenuti meritevoli di particolare attenzione.

Lo prova la circostanza che soltanto con l’approvazione della riforma del Titolo V della Costituzione sono stati menzionati “l’ambiente e l’ecosistema nella Carta costituzionale.

Pertanto, per lungo tempo non vi è stata traccia dell’Ambiente nella Costituzione (e figuriamoci nelle fonti ad essa subordinate).

Di fronte a tale aporia, la Corte costituzionale è intervenuta più volte per assicurare tutela all’ambiente attraverso l’interpretazione estensiva di alcune disposizioni costituzionali, giungendo a riconoscere l’ambiente come valore in sé.

Gli interventi normativi succedutisi nel tempo, ivi compreso l’approvazione del Codice dell’Ambiente (D.Lgs. 152/2006), sono state fortemente condizionati dal dibattito dottrinario che si presentava divaricato tra i sostenitori di una codificazione ambientale autentica ed organica ed i fautori della valorizzazione di principi, così da rendere il diritto ambientale meno rigido e più cangiante, capace di adattarsi, con rapidità, all’incalzante progresso tecnologico.

La dottrina ha osservato come un sistema normativo fondato sui principi se non “maneggiato con cura” può essere in grado di scalfire il principio unitario di legalità e finire per sostituire alla certezza del diritto il diritto dell’incertezza, rimettendo in tal modo nelle mani del diritto vivente il potere di aggiustare il tiro nella direzione del perseguimento dei principi comunitari.

In conclusione di questa parte introduttiva, è doveroso richiamare l’enciclica di Papa Francesco “Laudato si’”, in cui il Santo Padre ci parla di “oikos” quale casa di tutti, di responsabilità di tutti a favore del bene comune.

L’incipit dell’Enciclica è particolarmente evocativo: “«Laudato si’, mi’ Signore», cantava san Francesco d’Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia: «Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba»”.

Papa Francesco denuncia con coraggio una sequenza di mali: riscaldamento globale, l’inquinamento, il cambiamento climatico, la carenza e l’iniqua distribuzione del cibo, nonché il divario economico tra i Paesi poveri e quelli industrializzati, lo sfruttamento delle risorse dei paesi meno industrializzati, nonché quello che definisce “un vero debito ecologico soprattutto tra Nord e Sud del mondo”.

Un forte monito l’Enciclica riserva alla politica internazionale: “E’ indispensabile creare un sistema normativo che includa limiti inviolabili e assicuri la protezione degli ecosistemi, prima che le nuove forme di potere derivate dal paradigma tecno-economico finiscano per distruggere non solo la politica ma anche libertà e giustizia”.
 

Il sistema normativo europeo

La strada praticata dal legislatore europeo è senza dubbio nella direzione dell’elaborazione di una legislazione per principi che si pongono quali criteri guida per assicurare la massima tutela all’ambiente.

Va precisato che l’elaborazione degli stessi è il portato di anni di meditazione ed osservazioni della mutevolezza dell’ambiente, nonché della sensibilità delle varie anime che compongono l’articolato apparato comunitario.

L’adozione di un sistema normativo caratterizzato dai principi tende a prediligere una linea “soft” attraverso la formulazione di norme che si pongono come criteri informatori per i paesi dell’Unione, lasciando ai singoli legislatori interni la discrezionalità di adottare un quadro precettivo più stringente e più contiguo alla realtà di ogni singolo paese.

In altri termini, si tratta di seguire una impostazione che involge il rapporto tra l’ordinamento comunitario ed i singoli ordinamenti nazionali.

Tale scelta non è casuale, ma è espressione del generale principio di sussidiarietà contenuto nell’art. 5 del Trattato dell’Unione europea che esclude l’intervento dell’Unione in settori in cui il legislatore interno è in grado di disciplinare in modo più efficace una materia, a meno che l’Unione non disponga di una riserva esclusiva in una determinata materia.

Altro principio non trascurabile è il principio di integrazione elevato da tempo a principio generale di diritto comunitario.

L’art. 11 del TFUE stabilisce che: “le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni dell’Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile”.

In tal modo si contribuisce a realizzare una tutela tout court dell’ambiente nel quadro dello sviluppo sostenibile, coinvolgendo e responsabilizzando i vari attori della variegata compagine economica.

Fondamentale è, altresì, il principio di precauzione disciplinato dall’art. 191 del TFUE che impone che, in presenza di attività nociva nelle materie in cui vige uno stato di incertezza scientifica, si devono prediligere le misure di anticipazione di tutele a favore dell’ambiente.

Scorgendo i periodi storici nei quali abbiamo assistito ad interventi legislativi di matrice comunitaria, un primo intervento si è avuto con il Trattato istitutivo della CEE che ha interessato un periodo più o meno lungo (1958-1972) che è stato caratterizzato da interventi frammentati, ancora lontani da una piena tutela del concetto ambiente così come siamo abituati a concepirlo.

In questa fase, le prime Direttive furono la n. 67/584 relativa alla classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose; la n. 70/157 concernente l’inquinamento acustico e la n. 70/220 relativa alle immissioni inquinanti provocate dagli autoveicoli.

Interventi più incisivi li assistiamo nel periodo coincidente con l’istituzione del Primo Programma di azione in materia di politiche ambientali, con il quale fu congegnato il principio di prevenzione dell’inquinamento, criterio attraverso cui si antepongono politiche preventive ad interventi di ripristino e recupero e si pongono le basi del c.d. principio del “chi inquina paga” che si propone lo scopo di imputare i costi per l’eliminazione della contaminazione direttamente all’inquinatore.

Accanto a questi interventi si assiste ad un ulteriore incremento di politiche pro Ambiente attraverso il varo di alcune direttive: la n. 75/442 sui rifiuti; la n. 76/464 sulle sostanze pericolose e la n. 78/319 sui rifiuti tossici nocivi.

Negli anni ottanta assistiamo ad un periodo che tende ad assicurare una più integrata tutela ambientale con il varo di altre direttive (84/360 sulle emissioni in atmosfera degli impianti industriali; 85/210 sul quantitativo di piombo nella benzina, 85/337 sulla valutazione di impatto ambientale).

E’ con l’Atto Unico Europeo che viene introdotto per la prima volta nel Trattato una espressa competenza in materia ambientale con la formulazione di un autonomo Titolo (VIII) riservato alla tutela dell’ambiente.

La svolta per una tutela sistematica avviene con il Trattato di Maastricht che riserva all’ambiente una precisa politica ambientale (Preambolo, artt. 2 e 3 e Titolo XVI).

Nel Trattato viene, inoltre, introdotto anche il principio di precauzione che, come anticipato, rappresenta uno dei pilastri delle politiche ambientali.

Gli anni duemila si contraddistinguono per il coinvolgimento del comparto industriale nell’attuazione delle politiche ambientali per favorire una relazione ecosostenibile.

Non si può tralasciare l’art. 3 comma 3 del TUE che pone tra gli obiettivi da perseguire lo “sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva che mira alla piena occupazione ed al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente”.

Dalla disposizione evocata si comprende la portata omnicomprensiva della stessa che tende a raccogliere le istanze ed esigenze tanto economiche quanto sociali, con il precipuo scopo di poter raggiungere gli obiettivi di politiche ecosostenibili.

Il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea riserva alle politiche ambientali 191 e 193.

Il corpo normativo dell’art. 191 al co. 1 fissa gli obiettivi dell’Unione in materia ambientale in: a) salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente; b) protezione della natura umana; c) utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; d) promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell’ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici.

Il comma 2 riconosce un livello di tutela dell’ambiente fondato sul principio “chi inquina paga” e su misure di carattere preventivo.

L’art. 193 attribuisce agli Stati membri la facoltà di adottare misure maggiormente incisive a tutela dell’Ambiente.

Altro imprescindibile principio è quello di prevenzione che si pone l’obiettivo di evitare il rischio di danni all’Ambiente. Si ispirano a tale principio le norme relative alla pianificazione ambientale, nonché tutta la disciplina relativa alla realizzazione di opere o svolgimento di attività potenzialmente inquinanti.

Accanto ai principi enunciati figura il principio di correzione che opera ex post, ovvero interviene quando i principi di prevenzione e precauzione non hanno assolto la loro funzione.

Detto altrimenti, il principio di correzione legittima azioni di ripristino a carico del soggetto inquinatore e trova la sua sede elettiva la riscontriamo con la normativa relativa alle bonifiche.

Per concludere, un principio fondamentale importanza è il principio “chi inquina paga” che costituisce espressione dell’economicità nel settore ambientale, in quanto legittima l’imputazione dei costi per il ripristino delle condizioni alterate dalla contaminazione in capo all’inquinatore.


L’ambiente nella costituzione italiana

Nella previsione originaria della Carta costituzionale non si rinvenivano disposizioni a tutela dell’ambiente, anzi non vi era riferimento alcuno all’Ambiente.

L’unica disposizione di portata evocativa era l’art. 9 che prima della novella intervenuta nel febbraio 2022 tutelava genericamente “il paesaggio e il patrimonio artistico della Nazione”.

Non veniva specificato il concetto di “paesaggio”, lasciando, così, che questo vuoto venisse colmato dalla giurisprudenza.

La dottrina era concorde nel ritenere che il concetto di paesaggio avesse una struttura estetica da tutelare attraverso dei vincoli di modificabilità.

Nel corso del tempo, il concetto si è ulteriormente arricchito di contenuti fino a valorizzare il paesaggio in una prospettiva dinamica tra uomo e natura, atteso il poderoso (e pericoloso) intervento dell’uomo sul paesaggio attraverso l’edificazione di strutture anche rischiose.

Si può ben comprendere come si era ancora lontani da una autentica valorizzazione dell’ambiente (e forse non si sapeva neanche definirlo), finendo per privilegiare una lettura dell’ambiente in chiave antropocentrica, asservita ancora alle attività dell’uomo.

Meritevole fu l’opera creatrice della giurisprudenza della Corte costituzionale che si cominciò a riconoscere una tutela all’ambiente in chiave ecocentrica, ricavata dall’interpretazione estensiva che si diede agli articoli 2, 9 e 32 della Costituzione.

La Corte costituzionale ha più volte invocato l’esigenza di riconoscere tutela all’ambiente, giungendo ad affermare che la tutela dell’ambiente non può ritenersi propriamente una materia, essendo invece l’ambiente da considerarsi come un valore costituzionalmente protetto (Corte cost. n. 536/2002).

Nell’opera creatrice del Giudice delle Leggi è stato impiegato l’art. 32 Cost. quale volano per riconoscere il diritto soggettivo a godere di un ambiente salubre (Corte cost. nn.  210-640/1987).

Infine, la Corte ha riconosciuto che nei doveri di solidarietà propri dell’art. 2 Cost. rientrino anche i doveri di solidarietà ambientale, ampliando in tal modo la copertura costituzionale a tutte le ipotesi che non rientravano nelle disposizioni di cui agli articoli 9 e 32 della Costituzione.

Un cambio di passo è avvenuto con la riforma del Titolo V della Costituzione che ha assegnato all’ambiente un autonomo spazio, seppur ai fini della ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni.

L’art. 117 Cost. dispone: “Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie (…) s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”.

L’inserimento di un riferimento testuale “all’ambiente e all’ecosistema” in una norma che definisce le competenze tra Stato e Regioni non è stato salutato con favore da chi si aspettava che all’ambiente fosse riconosciuto lo spazio che merita, lasciando così deluse le aspettative che da molte parti si erano create.

Più nel dettaglio, la riforma ha conferito allo Stato una competenza esclusiva in materia ambientale che non vuol dire riconoscimento di un primario ed unitario concetto dell’ambiente e dell’ecosistema, bensì ampliamento di una diffusa nozione di ambiente che va ad incidere sullo spartiacque di materie segnato dalla riforma.

L’attribuzione della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema alla competenza esclusiva dello Stato ha suscitato numerosi dubbi, posto che la riforma costituzionale si prefigurava lo scopo di valorizzare le autonomie nello spirito, più volte richiamato dalla Corte costituzionale, di quella trasversalità che contraddistingueva l’ambiente.

A smussare la centralità dello Stato in materia ambientale, ci ha pensato ancora una volta la Corte costituzionale che nella prima pronuncia all’indomani dell’approvazione del Titolo V ha affermato che “non tutti gli ambiti materiali specificato nell’art. 117 co. 2 possono, giacché tali, configurarsi come materie in senso stretto, poiché, in alcuni casi, si tratta più esattamente di competenze del legislatore statale idonee ad investire una pluralità di materie” (Corte cost. n. 282/2002).

La Consulta da tempo ritiene che allo Stato sia riservato “il potere di fissare standards di tutela uniformi sull’intero territorio nazionale, senza peraltro escludere in questo settore la competenza regionale alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali” (Corte cost. n. 282/2002).

In un’altra interessante pronuncia la Corte costituzionale ha chiarito che l’esclusività dello Stato consiste nel “garantire la conservazione della flora e della fauna su tutto il territorio nazionale” (Corte cost. n. 536/2002).

Dalla innovazione del Titolo V e dagli interventi della Corte costituzionale è emerso che lo Stato è chiamato a predisporre un programma generale, invece alle Regioni spetterebbe apportare una maggior tutela purché compatibile con i principi fissati dallo Stato.

Da non trascurare l’elevazione dell’ambiente a valore assiologico operata con fermezza dalla Corte costituzionale che ha finito per conferire all’ambiente uno spazio metafisico, fornendo, però, in maniera involontaria il potere allo Stato di intervenire su materie che, invero, sembrava avessero un sapore regionale.

In una pronuncia la Corte ha sottolineato che: “il concetto di paesaggio indica, innanzitutto, la morfologia del territorio, riguarda cioè l’ambiente nel suo aspetto visivo (…) Si tratta peraltro di un valore primario ed assoluto se si tiene presente che il paesaggio indica essenzialmente l’ambiente” (Corte cost. n. 367/2007).

Per lungo tempo il legislatore nazionale è rimasto sordo alle esortazioni della Corte costituzionale di riconoscere all’ambiente ed ecosistema una autonoma identità non in chiave antropocentrica, bensì in chiave ecocentrica per riservare al valore ambiente quell’importanza e quello spazio che propriamente gli competono.

Invero, determinante è stato l’impulso comunitario che più volte ha sollecitato il legislatore ad adottare politiche a tutela dell’ambiente.

Dopo anni si è giunti ad approvare la legge costituzionale n. 1 dell’11 febbraio 2022 ed entrata in vigore il 9 marzo 2022 che ha introdotto il comma 3 all’art. 9, prevedendo che la Repubblica “Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.

La legge di riforma è intervenuta, altresì, sul comma 2 dell’art. 41 Cost., ponendo vincoli alla libertà di iniziativa economica privata che non potrà più svolgersi in contrasto con la salute e l’ambiente.

Si pongono in questo modo alcune fondamentali limitazioni alle attività industriali, le quali saranno chiamate ad osservare gli standards già presenti a presidio del bene-valore Ambiente ed ecosistema.

Tuttavia, è doveroso precisare che con l’approvazione del PNRR si richiede una implementazione di misure dirette a limitare danni all’Ambiente e, di conseguenza, a scongiurare una deriva ambientale.
 

Conclusioni

La chiave di lettura per comprendere l’importanza dell’Ambiente richiede una consistente larghezza di vedute, in grado di collocarne dimensione in un contesto universale.

Se un tempo rispettare l’ambiente si riduceva ad una scelta etica e non giuridica, possiamo dire maturi i tempi per ritenere abbandonata la visione antropocentrica dell’Ambiente a favore di una visione ecocentrica che lo inserisce a pieno titolo in una cornice ben definita di valori assiologici.

L’attenzione iniziale verso l’Ambiente, così come concepito dalla Corte costituzionale e l’orientamento inizialmente intrapreso, hanno lasciato spazio ad una serie di interventi che hanno aperto il varco ad una nuova concezione dell’Ambiente,

Ciò per l’uomo ha rappresentato una battuta d’arresto, in quanto catapultato in una dimensione più limitante, si è visto imporre la stretta osservanza di una serie di interventi legislativi a tutela dell’Ambiente e dell’ecosistema.

Ciò che si richiede non è più buon senso, ma si impongono precisi obblighi tali da disciplinare la volontà estemporanea, riduttiva e superficiale dell’uomo, sempre pronto a perseguire obiettivi autoreferenziali anche a danno di ciò che lo circonda.

Senza dubbio la precisa presa di posizione delle istituzioni comunitarie ha accelerato quel processo che tardava ad arrivare e diretto a considerare il “Creato” come un luogo da preservare, custodire e valorizzare.

In questo percorso evolutivo merito va riconosciuto anche agli organi giudiziari interni che con coraggio, di fronte all’inerzia del legislatore, hanno intrapreso percorsi evolutivi e trovato il grimaldello che scardinasse quella visione vetusta e non più sostenibile di Ambiente, quale realtà asservita all’uomo ed alle sue esigenze.

Gli ultimi anni sono stati sicuramente determinanti, posto che l’attenzione ad ogni forma di ecosistema è all’ordine del giorno. Non vi sono dibattiti, programmi, testate online e giornalistiche che non riservino all’Ambiente parte dei loro spazi, al fine di sensibilizzare e rendere edotti gli ascoltatori e lettori dei rischi che si corrono se si persevera in comportamenti totalmente disallineati alle politiche legislative poste a tutela dell’ambiente.

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