Giudice e le regole dell’esame testimoniale: il giudicante può fare domande suggestive e nocive?
Giudice e le regole dell’esame testimoniale: il giudicante può fare domande suggestive e nocive?
La cassazione sezione 6 con la sentenza numero 34263, udienza 27 giugno 2022, depositata il 15 settembre 2022 ha esaminato la questione relativa alla formulazione al testimone di domande suggestive e nocive da parte del giudicante.
Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, il ricorrente evoca la violazione dell'art. 499 cod. proc. penj sotto il profilo che ai testimoni, sarebbero state rivolte, sia dal Pubblico Ministero che dal Presidente del Tribunale, domande suggestive e a suo dire nocive, comportanti la non genuinità delle testimonianze rese.
Norma in esame articolo 499 c.p.p.: Regole per l’esame testimoniale
1. L’esame testimoniale si svolge mediante domande su fatti specifici.
2. Nel corso dell’esame sono vietate le domande che possono nuocere alla sincerità delle risposte.
3. Nell’esame condotto dalla parte che ha chiesto la citazione del testimone e da quella che ha un interesse comune sono vietate le domande che tendono a suggerire le risposte.
4. Il presidente cura che l’esame del testimone sia condotto senza ledere il rispetto della persona.
5. Il testimone può essere autorizzato dal presidente a consultare, in aiuto della memoria, documenti da lui redatti.
6. Durante l’esame, il presidente, anche di ufficio, interviene per assicurare la pertinenza delle domande, la genuinità delle risposte, la lealtà dell’esame e la correttezza delle contestazioni, ordinando, se occorre, l’esibizione del verbale nella parte in cui le dichiarazioni sono state utilizzate per le contestazioni.
Decisione cassazione:
Ciò premesso, il ricorrente non precisa né quali specifiche dichiarazioni rese dal testimone risulterebbero inficiate dalla irrituale formulazione delle domande né il valore eventualmente decisivo che tali irregolarità esplicherebbero ai fini della esclusione di responsabilità, peraltro, pur riconoscendosi l'esistenza di una querelle in giurisprudenza in ordine alla possibilità per il giudice di formulare domande suggestive; un primo orientamento avendo affermato che nel corso dell'esame testimoniale, il divieto di porre domande suggestive non operasse con riguardo al giudice, il quale potrebbe rivolgere al testimone qualsiasi domanda, con esclusione di quelle nocive, ritenuta utile a fornire un contributo per l'accertamento della verità (cfr. sez. 3, n. 27068 del 20/05/2008, B., Rv. 240261; sez. 1 n. 44223 del 17/09/2014, Iozza, Rv. 260899; sez. 3 n. 21627 del 15/04/2015, E., Rv. 263790-01); altre pronunce avendo affermato di contro il principio secondo cui il divieto di porre al testimone domande suggestive si applica a tutti i soggetti che intervengono nell'esame, operando, ai sensi dell'art. 499 cod. proc. pen., comma 2 per tutti costoro, il divieto di porre domande che possono nuocere alla sincerità della risposta e dovendo, anche dal giudice, essere assicurata, in ogni caso, la genuinità delle risposte ai sensi del comma sesto del medesimo articolo (sez. 3, n. 7373 del 18/01/2012, B., Rv. 252134-01; n. 25712 dell'11/05/2011, M., Rv. 250615-01).
Ritiene questa corte di non dover prendere posizione sul punto specifico, avendo il ricorrente formulato il rilievo in modo assolutamente generico e aspecifico, senza indicare quali interventi siano da considerarsi ad avviso della difesa fuorvianti rispetto alla regola processuale della formazione della prova in dibattimento, nel contraddittorio delle parti (cfr., in motivazione, sez. 3 n. 45931/14, cit.).
Avete capito bene, nel caso esaminato la Suprema Corte evita di esprimersi dopo aver enunciato l’esistenza di una “querelle” sul punto.
Comunque la Suprema Corte ha avuto modo di affermare il principio secondo cui il divieto di domande suggestive non si applica a quelle poste dal giudice, che può rivolgere al teste ogni domanda ritenuta utile all'accertamento dei fatti (da ultimo Sez. 5, n. 24873 del 25/02/2022) ad esclusione di quelle nocive; in relazione a queste ultime, comunque, la relativa eccezione deve essere proposta nel corso dell'acquisizione dell'atto istruttorio e non può essere sollevata per la prima volta con l'impugnazione, mentre la delibazione del giudice dell'impugnazione deve limitarsi a giudicare la motivazione resa circa l'eccezione proposta, non potendo spingersi a valutare direttamente la gestione del teste da parte del decidente (Sez. 1, n. 44223 del 17/09/2014, Tozza, Rv. 260899; Sez. 6, n. 13791 del 10/03/2011, Macchiella, Rv. 249890; Sez. 3, n. 47084 del 23/10/2008, Perricone e altri, Rv. 242255).
Quindi permane l’interrogativo iniziale il giudice può fare le domande suggestive e nocive?
Riportiamo due massime di segno diametralmente opposto:
Il divieto di porre domande suggestive nell’esame testimoniale non opera con riguardo al giudice, il quale, agendo in una ottica di terzietà, può rivolgere al testimone tutte le domande ritenute utili a fornire un contributo per l’accertamento della verità, ad esclusione di quelle nocive (Sez. 3, 21627/2015).
Il divieto di porre domande suggestive al teste vale anche per il giudice (Sez. 4, 15331/2020).
La questione l’affronteremo prossimamente in un confronto senza esclusione di colpi con il magistrato Valerio de Gioia in una diretta di “Attenti a quei due” naturalmente su Filodiritto.
Concludiamo con un’altra sentenza che esplicita in maniera palese quanto sia controversa la materia delle regole per l’esame testimoniale:
L’assunzione della prova direttamente a cura del presidente, e mediante la semplice richiesta se il teste confermi o meno le dichiarazioni già rese in una precedente fase del dibattimento, non può dirsi conforme alle regole che disciplinano la prova stessa, perché non si articola con domande su fatti specifici (art. 499, comma ), tende a suggerire la risposta (art. 499 commi 1 e 3), e comunque viola la disposizione per la quale - salvi alcuni casi particolari - le domande sono e rivolte al testimone direttamente dalle parti processuali (art. 498 comma 1).
Va esclusa, nondimeno, la ricorrenza della sanzione di inutilizzabilità (art. 191), posto che non si tratta di prova assunta in violazione di divieti posti dalla legge, bensì di prova assunta con modalità diverse da quelle prescritte, così come va esclusa la ricorrenza di nullità, posto che la deroga alle norme indicate non è riconducibile ad alcuna delle previsioni delineate dall’art. 178 del codice di rito (Sez. 5, 10127/2018).
Per una rassegna della giurisprudenza sull’articolo 499 cpp