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Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti dopo la riforma introdotta dal “decreto sviluppo”

Il c.d. “decreto sviluppo” (decreto legge 22 giugno 2012 n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012 n. 134), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 187 del 11 agosto 2012, ha apportato importanti modifiche alla disciplina del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione dei debiti, nell’ottica di farne uno strumento più efficace per la soluzione della crisi d’impresa.

Dall’esame della nuova normativa emerge chiaramente che il legislatore è stato mosso dalla finalità di incentivare il debitore a denunciare tempestivamente la propria situazione di crisi, fornendo allo stesso strumenti normativi finalizzati al risanamento aziendale.

Per meglio comprendere la natura del concordato preventivo così come rimodellato, è utile partire da una panoramica sull’evoluzione della disciplina di questa procedura concorsuale.

IL CONCORDATO PREVENTIVO

1) Evoluzione storica

L’istituto del concordato preventivo è stato introdotto nel nostro ordinamento con la legge 24 maggio 1903 n. 197.

Il codice di commercio del 1882, infatti, conosceva solo l’istituto della moratoria fallimentare con la quale il debitore che aveva cessato i pagamenti poteva ottenere una dilazione nel caso in cui fosse stato dichiarato il fallimento (con sospensione degli effetti della sentenza), oppure evitare l’apertura della procedura qualora: a) giustificasse con valide prove che la cessazione dei pagamenti era la conseguenza di avvenimenti straordinari e imprevedibili; b) dimostrasse con documenti o con prestazioni di idonea garanzia che l’attivo del suo patrimonio superava il passivo (artt. 819 e ss. Cod. comm. 1882).

Nel 1903 l’istituto della moratoria, che non aveva dato buona prova, venne sostituito con il concordato preventivo la cui funzione doveva essere quella di consentire una “sistemazione amichevole di un dissesto commerciale sostituita alla dichiarazione di fallimento”. Il concordato si configurava quindi come un “beneficio” per il debitore meritevole, “onesto ma sfortunato”, con l’effetto di determinare una esenzione dal fallimento.

La disciplina originaria venne successivamente emendata dapprima con la legge 17 aprile 1925 n. 473, e successivamente con gli artt. 21-24 della legge 10 luglio 1930 n. 995, fino a che il concordato, con ulteriori modifiche, venne inserito nella legge fallimentare di cui al r.d. 16 marzo 1942 n. 267 (artt. 160-186).

In generale il legislatore italiano del 1942 diede un’impostazione netta alla materia fallimentare: garantire il supremo interesse dei creditori accentrando la gestione della procedura nelle mani dei giudici. La procedura principe era il fallimento: l’impresa decotta doveva essere eliminata dal tessuto economico, attraverso la liquidazione del patrimonio aziendale e la distribuzione ai creditori nel rispetto delle regole della par condicio.

L’istituto del concordato preventivo è stato completamente ridisegnato con l’emanazione del d.l. 14 marzo 2005 n. 35, conv. in legge 14 maggio 2005 n. 80 e con i successivi d.lgs. 9 gennaio 2006 n. 5 ed il “correttivo” d.lgs. 12 settembre 2007 n. 169.

Per merito di queste riforme, alla finalità del soddisfo dei creditori si è aggiunto l’obiettivo di mantenere l’impresa sul mercato, gestendone la crisi in modo pilotato e nel rispetto di un più generale interesse.

Questo orientamento ha fatto in modo che la procedura “principe” sia oggi non più il fallimento, che rimane una extrema ratio, ma il concordato preventivo, al quale si può accedere in situazione di crisi e/o di insolvenza e che si fonda sulla negoziazione debitore/creditori.

La riforma odierna accentua la volontà del legislatore di creare procedure finalizzate alla continuità dell’impresa: pertanto, abbiamo un concordato incentrato non più sulla mera dismissione dei beni, bensì su una ristrutturazione che consenta la salvaguardia dei valori aziendali, e ove possibile la stessa sopravvivenza dell’impresa.

2) Requisiti per l’ammissione al concordato preventivo

Dal disposto dell’art. 160 L.F., così come modificato nel 2005, si evince come, ai fini dell’ammissione alla procedura di concordato, sia necessario il concorso di condizioni di natura soggettiva ed oggettiva.

Innanzitutto, essendo la procedura di concordato preventivo alternativa al fallimento, ed anzi, rappresentando – possiamo dire, per definizione –  uno strumento per evitarlo, per esservi ammessi è necessaria la qualità di imprenditore assoggettabile a fallimento (art. 1, L.F.).

NOTA BENEArt. 1 L.F.: requisiti di fallibilitàSono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici.Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori di cui al primo comma, i quali dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti:a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.I limiti di cui alle lettere a), b) e c) del secondo comma possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della Giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati intervenute nel periodo di riferimento.

 

Sono invece venute meno le condizioni soggettive che facevano riferimento alla “meritevolezza” dell’imprenditore, ossia alla sua incensuratezza per reati di bancarotta o altro delitto contro il patrimonio, la fede pubblica, l’economia, l’industria o il commercio; alla regolare tenuta della contabilità; all’iscrizione nel registro delle imprese da almeno un biennio; e ciò conformemente all’idea secondo la quale il concordato preventivo è oggi strumento per la risoluzione in via negoziale della crisi d’impresa, e non più un beneficio per l’imprenditore onesto ma sfortunato.

Il nuovo concordato ha previsto, quale requisito per l’ammissione alla procedura, è svincolato dallo stato d’insolvenza dell’impresa (ravvisandosi quest’ultima allorché l’imprenditore non sia più in grado di far fronte “regolarmente” alle proprie obbligazioni: art. 5, L.F.), ma ha previsto comunque la sussistenza di uno stato di crisi. Nei primi commenti successivi all’introduzione del nuovo concordato, ci si era domandati se lo stato di crisi fosse equiparabile allo stato di insolvenza: dubbio risolto in senso affermativo dal comma terzo dell’art. 160.

3) Procedimento

La domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo si propone con ricorso dell’imprenditore-debitore al tribunale del luogo in cui l’impresa ha la propria sede principale e deve contenere tutte le indicazioni richieste dall’art. 160 L.F.

Se all’esito del procedimento il tribunale verifica che non ricorrono le condizioni per l’ammissione, dichiarerà inammissibile la proposta.

Alla declaratoria di inammissibilità non consegue più automaticamente la dichiarazione di fallimento dell’imprenditore, e ciò coerentemente con l’abolizione dei poteri officiosi del tribunale in materia (art. 6 L.F., come modificato dall’art. 4, d.lgs. 5/2006).

Nell’ipotesi in cui, invece, il tribunale ritenga la proposta di concordato fondata e meritevole di accoglimento, pronuncia decreto non soggetto a reclamo con il quale dichiara aperta la procedura.

Tabella di sintesi: la domanda di concordato

Forma della domandaRicorso
CompetenzaTribunale del luogo ove l’azienda ha la sede principale.Il trasferimento della sede nell’anno anteriore al deposito del ricorso non rileva ai fini della competenza territoriale
Presupposto soggettivoImprenditore in stato di crisi e/o di insolvenza fallibile ex art. 1 L.F.
Forma del provvedimento di ammissioneDecreto del tribunale adito

4) Oggetto della domanda

Il “nuovo” concordato preventivo, così come novellato nel 2005, si caratterizza per la sua dinamicità e per la varietà dei contenuti.

L’imprenditore dovrà predisporre un piano che potrà consistere in un programma di dismissione dei propri cespiti e nella loro liquidazione ad opera di un liquidatore nominato dal tribunale (c.d. concordato preventivo con cessio bonorum), ma può comunque prevedersi “la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma”, ivi compreso l’intervento di un assuntore (art. 160). Nel concetto di “beni” va ricompresa ogni voce dell’attivo patrimoniale: es. attrezzature, crediti, partecipazioni, brevetti, etc.

Immagine rimossa.

Inoltre il piano non dovrà necessariamente rispettare la par condicio creditorum in quanto i creditori potranno essere suddivisi in classi e per ciascuna classe potranno prevedersi trattamenti differenziati.

Sia la dottrina che la giurisprudenza si sono interrogati in merito alla ammissibilità di una proposta di concordato che prevedesse il pagamento di una somma irrisoria a creditori chirografari. Sul punto si segnala un’importante decisione del tribunale di Roma, che ha stabilito che “non è compito del giudice vagliare la congruità della percentuale di pagamento offerta nella proposta concordataria … tuttavia ciò non implica che egli possa disinteressarsi di verificare la sussistenza dei requisiti minimi di fattispecie: cioè del fatto che un pagamento, per quanto parziale, sia effettivamente proposto”.

Nota beneSentenza del Tribunale di Roma, 16 aprile 2008 in il fallimento ed in Banca borsa tit. cred. 2009, con nota di Macario, ivi 736 seg.

Alla luce di questo orientamento si deve ritenere che il piano concordatario debba prevedere una soddisfazione economica per i creditori chirografari che non sia insignificante o meramente simbolica.

5) Contenuto della domanda alla luce della riforma

Con il decreto-sviluppo, così come convertito in legge, viene introdotto in primis l’obbligo per il debitore (art. 161, comma 2, lett. e) di presentare, unitamente al ricorso, ”un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta”. La veridicità dei dati e la fattibilità del piano devono essere attestati dalla relazione di un revisore contabile.

Ciò è stato previsto per consentire, finalmente, ai creditori di poter valutare la “bontà” della proposta concordataria, conoscendo ab origine la durata del periodo di esecuzione del concordato.

Immagine rimossa.

N.B. Il piano e la documentazione devono essere accompagnati dalla relazione del revisore  

Ma la novità più importante, volta a stimolare l’utilizzo del concordato preventivo ai fini conservativi dell’azienda, è l’introduzione della possibilità per l’imprenditore di depositare la sola domanda di concordato, riservandosi di produrre la proposta, il piano e la documentazione, entro il termine che verrà fissato dal giudice, tra i 60 ed i 120 giorni ma prorogabile di altri 60 (art. 161, comma 6° L.F.).

ATTENZIONE: La norma parla di “giudice” ma è evidente che, non essendo ancora stato emesso il decreto di ammissione, non vi è un “giudice delegato” cui fare riferimento: per cui la locuzione “giudice” va intesa necessariamente nel senso di “tribunale in composizione collegiale”.Ma la novità più importante, volta a stimolare l’utilizzo del concordato preventivo ai fini conservativi dell’azienda, è l’introduzione della possibilità per l’imprenditore di depositare la sola domanda di concordato, riservandosi di produrre la proposta, il piano e la documentazione, entro il termine che verrà fissato dal giudice, tra i 60 ed i 120 giorni ma prorogabile di altri 60 (art. 161, comma 6° L.F.).

La prassi che va formandosi proprio in questi giorni sulla nuova disciplina definisce tale tipo di ricorso un “pre-concordato” o “concordato in bianco”.

I tribunali di Mantova, Milano e Piacenza hanno stabilito che, esaminata ogni nuova domanda di concordato, il presidente di sezione proceda alla nomina di un giudice relatore destinato a rivestire nel prosieguo la funzione ufficiale di giudice delegato, sia che si tratti di concordato preventivo, sia che si tratti di accordo di ristrutturazione dei debiti. Tale criterio è ormai divenuto prassi condivisa dai altri tribunali italiani.

La nuova domanda di pre-concordato potrà essere formulata nel modo più semplice, con il suo contenuto minimo, purché il debitore chieda espressamente la concessione del termine per poter effettuare le successive produzioni.

E’ da ritenersi che, trattandosi di un termine posto nell’interesse del debitore, questo possa essere anche inferiore a quello minimo di 60 giorni previsto dalla norma, quando sia lo stesso ricorrente a farne richiesta.

Il contenuto documentale minimo della domanda di concordato in bianco è, per prima prassi dei tribunali, il seguente:

Immagine rimossa.

 

Il tribunale di Mantova ha per primo richiesto fin da subito la allegazione dei documenti attestanti i poteri di firma dei sottoscrittori, previsti dall’art. 152, e non sembra ammettere la possibilità di una produzione differita. E’ consigliabile attenersi a questo principio indipendentemente dal tribunale adito anche alla luce del fatto che altri Tribunali si sono adeguati a detta prassi:

Attenzione

Tribunale di Modena,. 28.11.2012. “Il requisito di cui all’art. 152, comma 3, L.F. è necessario non solo per la sottoscrizione della proposta e delle condizioni del concordato ma anche per la sottoscrizione ed il deposito della “domanda” propriamente detta.“.

Nota bene: l’art. 161 prevede che la domanda di concordato in bianco sia da considerarsi inammissibile quando il debitore abbia, nei due anni precedenti, presentato altra domanda ai sensi del medesimo comma.

Il deposito dei bilanci relativi agli ultimi tre esercizi si rende necessario per consentire al tribunale di valutare quanto meno la sussistenza dei presupposti dimensionali di fallibilità dell’impresa (tribunale di Piacenza e tribunale di Milano). In mancanza la domanda potrà essere considerata inammissibile. Per le imprese non tenute alla redazione del bilancio ben potrà il tribunale esigere la produzione di tutta la documentazione prevista in sede pre-fallimentare ai fini dell’accertamento del requisito dimensionale.

La nuova disciplina stabilisce che, con il decreto di cui al 6° comma, il tribunale dispone gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell’impresa, che il debitore deve assolvere sino alla scadenza del termine prefissato.

Il tribunale di Milano, sezione fallimentare, ha già avuto modo di sottolineare l’aspetto più critico di tale previsione: la mancanza nell’ambito del tribunale di un organo tecnico in grado si seguire l’andamento dell’impresa rende quasi impossibile per il tribunale stesso valutare criticamente la documentazione.

In linea di massima, quindi, è prevedibile che gli obblighi informativi riguarderanno solo concordati preventivi di grande rilievo o quando siano fatte richieste particolari (finanziamenti, atti di straordinaria amministrazione, etc.).

Attenzione: La prassi che va formandosi è nel senso che il mancato adempimento degli obblighi informativi richiesti potrà portare ad una possibile abbreviazione del termine già concesso e/o alla convocazione del ricorrente al fine di valutare la sopravvenuta inammissibilità della domanda.

La giurisprudenza ha inoltre stabilito che la domanda di concordato con riserva sia dichiarata inammissibile non solo quando siano stati violati gli obblighi informativi periodici ma anche quando siano stati compiuti atti di straordinaria amministrazione senza l’autorizzazione del Tribunale. Cfr. Trib. di Pinerolo, 09.01.2013.

Se l’imprenditore dovesse richiedere nella domanda di concordato in bianco un termine superiore ai 60 giorni per l’integrazione della domanda tale richiesta deve essere adeguatamente motivata ( crf. Tribunale di Mantova, 27.09.2012).

PRIME PRONUNCE GIURISPRUDENZIALI

1) il Tribunale di Vicenza, in pendenza di istanza di fallimento, ha concesso il termine di giorni 60 per il deposito del piano concordato e degli altri documenti di cui al 2° e 3° comma dell’art. 161 L.F.. Il tribunale ha disposto gli oneri informativi ai sensi dell’8° comma dell’art. 161 L.F. (Trib. Vicenza, decr. 3 ottobre 2012, inedito, relatore dott.ssa Cazzola).

2) Il Tribunale di Milano in pendenza di istanza di fallimento, ha concesso il termine di 70 giorni per il deposito del piano di concordato e degli altri documenti di cui al 2°  e 3° comma dell’art. 161 L.F, anche in assenza del bilancio 2011 approvato  dall’assemblea. Nel caso specifico, il bilancio era stato depositato nella sola forma di progetto, unitamente ai bilanci approvati del 2009 e 2010. Il tribunale non ha disposto oneri informativi ai sensi dell’8° comma dell’art. 161 L.F. (Trib. Milano, decr. 27 settembre 2012, inedito, Relatore Dott.ssa Lupo).

3) Il Tribunale di Piacenza, in relazione ad una domanda di concordato con continuità aziendale con “riserva di piano”, in considerazione del fatto che il proponente, pur riservandosi i dettagli della proposta e le modalità del piano aveva anticipato la finalità della proposta, ha autorizzato il proponente a procedere all’integrale pagamento dei debiti scaduti ma necessari per la prosecuzione dell’attività d’impresa, assegnando un termine di giorni 60 per la presentazione del piano, della proposta e della documentazione. Nessun obbligo informativo (Trib.  Piacenza, decr. 11 ottobre 2012, inedito, Relatore Dott. Giuseppe Bersani).

4) Il tribunale di Terni, con riferimento a quattro ricorsi di concordato in bianco depositati separatamente, ha accolto l’istanza di riunione, a causa della riconducibilità di tutte le società ad una medesima governance. Il Tribunale ha concesso termine di 120 giorni per il deposito del piano della proposta e della documentazione. Ha disposto i seguenti obblighi informativi: 1) deposito tempestivo dell’atto di designazione del professionista attestatore; 2) deposito, con cadenza mensile, di un report a firma del professionista designato sulle attività e sulle verifiche in corso di svolgimento ai fini della relazione attestante la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano; 3) deposito, entro 15 giorni, di una relazione riepilogativa ed illustrativa sui contratti in corso di esecuzione.( Trib. di Terni decr. 12.10.2012, Relatore Dott.ssa Paola Vella).

5) il Tribunale di Mantova ha stabilito che l’imprenditore che proponga domanda di ammissione al concordato preventivo riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione non possa depositare, in luogo dei bilanci degli ultimi tre esercizi, il Modello Unico relativo ai mededimi periodi, non essendo idoneo detto documento a consentire un riscontro da parte del Tribunale dello stato di crisi dell’imprenditore. (Trib. di Mantova, 31.01.2013, Pres. Villani, est. Laura De Simone.

La domanda di concordato deve essere pubblicata nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito, a cura del cancelliere; da tale momento l’imprenditore godrà dell’immediata protezione del suo patrimonio da azioni esecutive e cautelari ad opera dei creditori, prevista dall’art. 168 della L.F.

Grazie a questa novità l’imprenditore potrà dedicarsi alla salvaguardia delle ragioni dell’impresa senza il patema di azioni aggressive del patrimonio aziendale e senza il rischio che il salvataggio sia pregiudicato da esecuzioni volte al soddisfacimento delle ragioni del singolo creditore.

È prevedibile che il ricorso per concordato “in bianco” sarà la via più seguita in futuro, tutelando il patrimonio aziendale proprio nel momento più delicato, ossia nel periodo che precede il deposito della proposta, concedendo all’imprenditore, nonostante la pressione del ceto creditorio, il tempo necessario per calibrare in modo adeguato la proposta concordataria predisponendo un piano articolato e completo, ed altresì per valutare quale sia la strada percorribile in alternativa tra il concordato e la ristrutturazione dei debiti.

In particolare, dopo la pubblicazione del ricorso nel registro imprese, il novellato art. 168 L.F. prevede che:

1)    i creditori non possano iniziare né proseguire non solo le azioni esecutive (già previste), ma anche le azioni cautelari sul patrimonio del debitore;

Nota: al riguardo riteniamo che si sia persa una buona occasione per correggere la norma nel senso in cui la giurisprudenza la estende a tutta la durata dell’esecuzione del concordato e non solo fino all’omologazione.

2)    le ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni che precedono la pubblicazione del ricorso nel registro imprese siano inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato.

Si è, in questo modo, scoraggiato il creditore aggressivo a cercare di battere in velocità gli altri creditori per acquisire una garanzia nuova; dall’altro lato, si è rafforzato l’imprenditore in crisi a reagire a simili comportamenti chiedendo l’ammissione al concordato.

Nota: rileviamo, peraltro, che l’innovazione potrebbe essere suscettibile di un utilizzo meramente strumentale, poiché consente al debitore di scegliere il momento in cui vanificare le ipoteche giudiziali semplicemente depositando il ricorso nei 90 giorni dalla loro iscrizione; laddove, invece, nel fallimento l’analoga previsione di inefficacia dell’ipoteca (art. 67, comma 1, n. 4) è determinata dalla sentenza e non da un atto unilaterale del debitore.

L’art. 161, comma 6°, prevede che nel periodo di tempo che intercorre tra il deposito della domanda e il decreto di ammissione il debitore potrà compiere tutti gli atti di ordinaria amministrazione, nonché gli atti urgenti di straordinaria amministrazione che siano autorizzati dal tribunale previa eventuale assunzione di sommarie informazioni. E’ consigliabile che, nel formulare la richiesta, l’imprenditore specifichi la finalità dell’operazione da autorizzare e gli oneri che ne conseguiranno.

Gli atti di gestione dei rapporti negoziali pendenti al momento della presentazione della domanda di concordato preventivo con riserva sono da considerarsi di ordinaria amministrazione solo qualora abbiano lo scopo di conservare l’attività d’impresa e non incidano innovativamente sul suo patrimonio. (Cfr. Tribunale di Milano, 11.12.2012)

Attenzione: alcuni tribunali hanno già precisato che la richiesta di autorizzazione al compimento di atti di straordinaria amministrazione sarà rigettata in caso di concordato in bianco.

I crediti dei terzi sorti durante questo periodo saranno considerati prededucibili ai sensi dell’art. 111 L.F.

Il c.d. “decreto sviluppo” (decreto legge 22 giugno 2012 n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012 n. 134), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 187 del 11 agosto 2012, ha apportato importanti modifiche alla disciplina del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione dei debiti, nell’ottica di farne uno strumento più efficace per la soluzione della crisi d’impresa.

Dall’esame della nuova normativa emerge chiaramente che il legislatore è stato mosso dalla finalità di incentivare il debitore a denunciare tempestivamente la propria situazione di crisi, fornendo allo stesso strumenti normativi finalizzati al risanamento aziendale.

Per meglio comprendere la natura del concordato preventivo così come rimodellato, è utile partire da una panoramica sull’evoluzione della disciplina di questa procedura concorsuale.

IL CONCORDATO PREVENTIVO

1) Evoluzione storica

L’istituto del concordato preventivo è stato introdotto nel nostro ordinamento con la legge 24 maggio 1903 n. 197.

Il codice di commercio del 1882, infatti, conosceva solo l’istituto della moratoria fallimentare con la quale il debitore che aveva cessato i pagamenti poteva ottenere una dilazione nel caso in cui fosse stato dichiarato il fallimento (con sospensione degli effetti della sentenza), oppure evitare l’apertura della procedura qualora: a) giustificasse con valide prove che la cessazione dei pagamenti era la conseguenza di avvenimenti straordinari e imprevedibili; b) dimostrasse con documenti o con prestazioni di idonea garanzia che l’attivo del suo patrimonio superava il passivo (artt. 819 e ss. Cod. comm. 1882).

Nel 1903 l’istituto della moratoria, che non aveva dato buona prova, venne sostituito con il concordato preventivo la cui funzione doveva essere quella di consentire una “sistemazione amichevole di un dissesto commerciale sostituita alla dichiarazione di fallimento”. Il concordato si configurava quindi come un “beneficio” per il debitore meritevole, “onesto ma sfortunato”, con l’effetto di determinare una esenzione dal fallimento.

La disciplina originaria venne successivamente emendata dapprima con la legge 17 aprile 1925 n. 473, e successivamente con gli artt. 21-24 della legge 10 luglio 1930 n. 995, fino a che il concordato, con ulteriori modifiche, venne inserito nella legge fallimentare di cui al r.d. 16 marzo 1942 n. 267 (artt. 160-186).

In generale il legislatore italiano del 1942 diede un’impostazione netta alla materia fallimentare: garantire il supremo interesse dei creditori accentrando la gestione della procedura nelle mani dei giudici. La procedura principe era il fallimento: l’impresa decotta doveva essere eliminata dal tessuto economico, attraverso la liquidazione del patrimonio aziendale e la distribuzione ai creditori nel rispetto delle regole della par condicio.

L’istituto del concordato preventivo è stato completamente ridisegnato con l’emanazione del d.l. 14 marzo 2005 n. 35, conv. in legge 14 maggio 2005 n. 80 e con i successivi d.lgs. 9 gennaio 2006 n. 5 ed il “correttivo” d.lgs. 12 settembre 2007 n. 169.

Per merito di queste riforme, alla finalità del soddisfo dei creditori si è aggiunto l’obiettivo di mantenere l’impresa sul mercato, gestendone la crisi in modo pilotato e nel rispetto di un più generale interesse.

Questo orientamento ha fatto in modo che la procedura “principe” sia oggi non più il fallimento, che rimane una extrema ratio, ma il concordato preventivo, al quale si può accedere in situazione di crisi e/o di insolvenza e che si fonda sulla negoziazione debitore/creditori.

La riforma odierna accentua la volontà del legislatore di creare procedure finalizzate alla continuità dell’impresa: pertanto, abbiamo un concordato incentrato non più sulla mera dismissione dei beni, bensì su una ristrutturazione che consenta la salvaguardia dei valori aziendali, e ove possibile la stessa sopravvivenza dell’impresa.

2) Requisiti per l’ammissione al concordato preventivo

Dal disposto dell’art. 160 L.F., così come modificato nel 2005, si evince come, ai fini dell’ammissione alla procedura di concordato, sia necessario il concorso di condizioni di natura soggettiva ed oggettiva.

Innanzitutto, essendo la procedura di concordato preventivo alternativa al fallimento, ed anzi, rappresentando – possiamo dire, per definizione –  uno strumento per evitarlo, per esservi ammessi è necessaria la qualità di imprenditore assoggettabile a fallimento (art. 1, L.F.).

NOTA BENEArt. 1 L.F.: requisiti di fallibilitàSono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici.Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori di cui al primo comma, i quali dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti:a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.I limiti di cui alle lettere a), b) e c) del secondo comma possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della Giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati intervenute nel periodo di riferimento.

 

Sono invece venute meno le condizioni soggettive che facevano riferimento alla “meritevolezza” dell’imprenditore, ossia alla sua incensuratezza per reati di bancarotta o altro delitto contro il patrimonio, la fede pubblica, l’economia, l’industria o il commercio; alla regolare tenuta della contabilità; all’iscrizione nel registro delle imprese da almeno un biennio; e ciò conformemente all’idea secondo la quale il concordato preventivo è oggi strumento per la risoluzione in via negoziale della crisi d’impresa, e non più un beneficio per l’imprenditore onesto ma sfortunato.

Il nuovo concordato ha previsto, quale requisito per l’ammissione alla procedura, è svincolato dallo stato d’insolvenza dell’impresa (ravvisandosi quest’ultima allorché l’imprenditore non sia più in grado di far fronte “regolarmente” alle proprie obbligazioni: art. 5, L.F.), ma ha previsto comunque la sussistenza di uno stato di crisi. Nei primi commenti successivi all’introduzione del nuovo concordato, ci si era domandati se lo stato di crisi fosse equiparabile allo stato di insolvenza: dubbio risolto in senso affermativo dal comma terzo dell’art. 160.

3) Procedimento

La domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo si propone con ricorso dell’imprenditore-debitore al tribunale del luogo in cui l’impresa ha la propria sede principale e deve contenere tutte le indicazioni richieste dall’art. 160 L.F.

Se all’esito del procedimento il tribunale verifica che non ricorrono le condizioni per l’ammissione, dichiarerà inammissibile la proposta.

Alla declaratoria di inammissibilità non consegue più automaticamente la dichiarazione di fallimento dell’imprenditore, e ciò coerentemente con l’abolizione dei poteri officiosi del tribunale in materia (art. 6 L.F., come modificato dall’art. 4, d.lgs. 5/2006).

Nell’ipotesi in cui, invece, il tribunale ritenga la proposta di concordato fondata e meritevole di accoglimento, pronuncia decreto non soggetto a reclamo con il quale dichiara aperta la procedura.

Tabella di sintesi: la domanda di concordato

Forma della domandaRicorso
CompetenzaTribunale del luogo ove l’azienda ha la sede principale.Il trasferimento della sede nell’anno anteriore al deposito del ricorso non rileva ai fini della competenza territoriale
Presupposto soggettivoImprenditore in stato di crisi e/o di insolvenza fallibile ex art. 1 L.F.
Forma del provvedimento di ammissioneDecreto del tribunale adito

4) Oggetto della domanda

Il “nuovo” concordato preventivo, così come novellato nel 2005, si caratterizza per la sua dinamicità e per la varietà dei contenuti.

L’imprenditore dovrà predisporre un piano che potrà consistere in un programma di dismissione dei propri cespiti e nella loro liquidazione ad opera di un liquidatore nominato dal tribunale (c.d. concordato preventivo con cessio bonorum), ma può comunque prevedersi “la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma”, ivi compreso l’intervento di un assuntore (art. 160). Nel concetto di “beni” va ricompresa ogni voce dell’attivo patrimoniale: es. attrezzature, crediti, partecipazioni, brevetti, etc.

Immagine rimossa.

Inoltre il piano non dovrà necessariamente rispettare la par condicio creditorum in quanto i creditori potranno essere suddivisi in classi e per ciascuna classe potranno prevedersi trattamenti differenziati.

Sia la dottrina che la giurisprudenza si sono interrogati in merito alla ammissibilità di una proposta di concordato che prevedesse il pagamento di una somma irrisoria a creditori chirografari. Sul punto si segnala un’importante decisione del tribunale di Roma, che ha stabilito che “non è compito del giudice vagliare la congruità della percentuale di pagamento offerta nella proposta concordataria … tuttavia ciò non implica che egli possa disinteressarsi di verificare la sussistenza dei requisiti minimi di fattispecie: cioè del fatto che un pagamento, per quanto parziale, sia effettivamente proposto”.

Nota beneSentenza del Tribunale di Roma, 16 aprile 2008 in il fallimento ed in Banca borsa tit. cred. 2009, con nota di Macario, ivi 736 seg.

Alla luce di questo orientamento si deve ritenere che il piano concordatario debba prevedere una soddisfazione economica per i creditori chirografari che non sia insignificante o meramente simbolica.

5) Contenuto della domanda alla luce della riforma

Con il decreto-sviluppo, così come convertito in legge, viene introdotto in primis l’obbligo per il debitore (art. 161, comma 2, lett. e) di presentare, unitamente al ricorso, ”un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta”. La veridicità dei dati e la fattibilità del piano devono essere attestati dalla relazione di un revisore contabile.

Ciò è stato previsto per consentire, finalmente, ai creditori di poter valutare la “bontà” della proposta concordataria, conoscendo ab origine la durata del periodo di esecuzione del concordato.

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N.B. Il piano e la documentazione devono essere accompagnati dalla relazione del revisore  

Ma la novità più importante, volta a stimolare l’utilizzo del concordato preventivo ai fini conservativi dell’azienda, è l’introduzione della possibilità per l’imprenditore di depositare la sola domanda di concordato, riservandosi di produrre la proposta, il piano e la documentazione, entro il termine che verrà fissato dal giudice, tra i 60 ed i 120 giorni ma prorogabile di altri 60 (art. 161, comma 6° L.F.).

ATTENZIONE: La norma parla di “giudice” ma è evidente che, non essendo ancora stato emesso il decreto di ammissione, non vi è un “giudice delegato” cui fare riferimento: per cui la locuzione “giudice” va intesa necessariamente nel senso di “tribunale in composizione collegiale”.Ma la novità più importante, volta a stimolare l’utilizzo del concordato preventivo ai fini conservativi dell’azienda, è l’introduzione della possibilità per l’imprenditore di depositare la sola domanda di concordato, riservandosi di produrre la proposta, il piano e la documentazione, entro il termine che verrà fissato dal giudice, tra i 60 ed i 120 giorni ma prorogabile di altri 60 (art. 161, comma 6° L.F.).

La prassi che va formandosi proprio in questi giorni sulla nuova disciplina definisce tale tipo di ricorso un “pre-concordato” o “concordato in bianco”.

I tribunali di Mantova, Milano e Piacenza hanno stabilito che, esaminata ogni nuova domanda di concordato, il presidente di sezione proceda alla nomina di un giudice relatore destinato a rivestire nel prosieguo la funzione ufficiale di giudice delegato, sia che si tratti di concordato preventivo, sia che si tratti di accordo di ristrutturazione dei debiti. Tale criterio è ormai divenuto prassi condivisa dai altri tribunali italiani.

La nuova domanda di pre-concordato potrà essere formulata nel modo più semplice, con il suo contenuto minimo, purché il debitore chieda espressamente la concessione del termine per poter effettuare le successive produzioni.

E’ da ritenersi che, trattandosi di un termine posto nell’interesse del debitore, questo possa essere anche inferiore a quello minimo di 60 giorni previsto dalla norma, quando sia lo stesso ricorrente a farne richiesta.

Il contenuto documentale minimo della domanda di concordato in bianco è, per prima prassi dei tribunali, il seguente:

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Il tribunale di Mantova ha per primo richiesto fin da subito la allegazione dei documenti attestanti i poteri di firma dei sottoscrittori, previsti dall’art. 152, e non sembra ammettere la possibilità di una produzione differita. E’ consigliabile attenersi a questo principio indipendentemente dal tribunale adito anche alla luce del fatto che altri Tribunali si sono adeguati a detta prassi:

Attenzione

Tribunale di Modena,. 28.11.2012. “Il requisito di cui all’art. 152, comma 3, L.F. è necessario non solo per la sottoscrizione della proposta e delle condizioni del concordato ma anche per la sottoscrizione ed il deposito della “domanda” propriamente detta.“.

Nota bene: l’art. 161 prevede che la domanda di concordato in bianco sia da considerarsi inammissibile quando il debitore abbia, nei due anni precedenti, presentato altra domanda ai sensi del medesimo comma.

Il deposito dei bilanci relativi agli ultimi tre esercizi si rende necessario per consentire al tribunale di valutare quanto meno la sussistenza dei presupposti dimensionali di fallibilità dell’impresa (tribunale di Piacenza e tribunale di Milano). In mancanza la domanda potrà essere considerata inammissibile. Per le imprese non tenute alla redazione del bilancio ben potrà il tribunale esigere la produzione di tutta la documentazione prevista in sede pre-fallimentare ai fini dell’accertamento del requisito dimensionale.

La nuova disciplina stabilisce che, con il decreto di cui al 6° comma, il tribunale dispone gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell’impresa, che il debitore deve assolvere sino alla scadenza del termine prefissato.

Il tribunale di Milano, sezione fallimentare, ha già avuto modo di sottolineare l’aspetto più critico di tale previsione: la mancanza nell’ambito del tribunale di un organo tecnico in grado si seguire l’andamento dell’impresa rende quasi impossibile per il tribunale stesso valutare criticamente la documentazione.

In linea di massima, quindi, è prevedibile che gli obblighi informativi riguarderanno solo concordati preventivi di grande rilievo o quando siano fatte richieste particolari (finanziamenti, atti di straordinaria amministrazione, etc.).

Attenzione: La prassi che va formandosi è nel senso che il mancato adempimento degli obblighi informativi richiesti potrà portare ad una possibile abbreviazione del termine già concesso e/o alla convocazione del ricorrente al fine di valutare la sopravvenuta inammissibilità della domanda.

La giurisprudenza ha inoltre stabilito che la domanda di concordato con riserva sia dichiarata inammissibile non solo quando siano stati violati gli obblighi informativi periodici ma anche quando siano stati compiuti atti di straordinaria amministrazione senza l’autorizzazione del Tribunale. Cfr. Trib. di Pinerolo, 09.01.2013.

Se l’imprenditore dovesse richiedere nella domanda di concordato in bianco un termine superiore ai 60 giorni per l’integrazione della domanda tale richiesta deve essere adeguatamente motivata ( crf. Tribunale di Mantova, 27.09.2012).

PRIME PRONUNCE GIURISPRUDENZIALI

1) il Tribunale di Vicenza, in pendenza di istanza di fallimento, ha concesso il termine di giorni 60 per il deposito del piano concordato e degli altri documenti di cui al 2° e 3° comma dell’art. 161 L.F.. Il tribunale ha disposto gli oneri informativi ai sensi dell’8° comma dell’art. 161 L.F. (Trib. Vicenza, decr. 3 ottobre 2012, inedito, relatore dott.ssa Cazzola).

2) Il Tribunale di Milano in pendenza di istanza di fallimento, ha concesso il termine di 70 giorni per il deposito del piano di concordato e degli altri documenti di cui al 2°  e 3° comma dell’art. 161 L.F, anche in assenza del bilancio 2011 approvato  dall’assemblea. Nel caso specifico, il bilancio era stato depositato nella sola forma di progetto, unitamente ai bilanci approvati del 2009 e 2010. Il tribunale non ha disposto oneri informativi ai sensi dell’8° comma dell’art. 161 L.F. (Trib. Milano, decr. 27 settembre 2012, inedito, Relatore Dott.ssa Lupo).

3) Il Tribunale di Piacenza, in relazione ad una domanda di concordato con continuità aziendale con “riserva di piano”, in considerazione del fatto che il proponente, pur riservandosi i dettagli della proposta e le modalità del piano aveva anticipato la finalità della proposta, ha autorizzato il proponente a procedere all’integrale pagamento dei debiti scaduti ma necessari per la prosecuzione dell’attività d’impresa, assegnando un termine di giorni 60 per la presentazione del piano, della proposta e della documentazione. Nessun obbligo informativo (Trib.  Piacenza, decr. 11 ottobre 2012, inedito, Relatore Dott. Giuseppe Bersani).

4) Il tribunale di Terni, con riferimento a quattro ricorsi di concordato in bianco depositati separatamente, ha accolto l’istanza di riunione, a causa della riconducibilità di tutte le società ad una medesima governance. Il Tribunale ha concesso termine di 120 giorni per il deposito del piano della proposta e della documentazione. Ha disposto i seguenti obblighi informativi: 1) deposito tempestivo dell’atto di designazione del professionista attestatore; 2) deposito, con cadenza mensile, di un report a firma del professionista designato sulle attività e sulle verifiche in corso di svolgimento ai fini della relazione attestante la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano; 3) deposito, entro 15 giorni, di una relazione riepilogativa ed illustrativa sui contratti in corso di esecuzione.( Trib. di Terni decr. 12.10.2012, Relatore Dott.ssa Paola Vella).

5) il Tribunale di Mantova ha stabilito che l’imprenditore che proponga domanda di ammissione al concordato preventivo riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione non possa depositare, in luogo dei bilanci degli ultimi tre esercizi, il Modello Unico relativo ai mededimi periodi, non essendo idoneo detto documento a consentire un riscontro da parte del Tribunale dello stato di crisi dell’imprenditore. (Trib. di Mantova, 31.01.2013, Pres. Villani, est. Laura De Simone.

La domanda di concordato deve essere pubblicata nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito, a cura del cancelliere; da tale momento l’imprenditore godrà dell’immediata protezione del suo patrimonio da azioni esecutive e cautelari ad opera dei creditori, prevista dall’art. 168 della L.F.

Grazie a questa novità l’imprenditore potrà dedicarsi alla salvaguardia delle ragioni dell’impresa senza il patema di azioni aggressive del patrimonio aziendale e senza il rischio che il salvataggio sia pregiudicato da esecuzioni volte al soddisfacimento delle ragioni del singolo creditore.

È prevedibile che il ricorso per concordato “in bianco” sarà la via più seguita in futuro, tutelando il patrimonio aziendale proprio nel momento più delicato, ossia nel periodo che precede il deposito della proposta, concedendo all’imprenditore, nonostante la pressione del ceto creditorio, il tempo necessario per calibrare in modo adeguato la proposta concordataria predisponendo un piano articolato e completo, ed altresì per valutare quale sia la strada percorribile in alternativa tra il concordato e la ristrutturazione dei debiti.

In particolare, dopo la pubblicazione del ricorso nel registro imprese, il novellato art. 168 L.F. prevede che:

1)    i creditori non possano iniziare né proseguire non solo le azioni esecutive (già previste), ma anche le azioni cautelari sul patrimonio del debitore;

Nota: al riguardo riteniamo che si sia persa una buona occasione per correggere la norma nel senso in cui la giurisprudenza la estende a tutta la durata dell’esecuzione del concordato e non solo fino all’omologazione.

2)    le ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni che precedono la pubblicazione del ricorso nel registro imprese siano inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato.

Si è, in questo modo, scoraggiato il creditore aggressivo a cercare di battere in velocità gli altri creditori per acquisire una garanzia nuova; dall’altro lato, si è rafforzato l’imprenditore in crisi a reagire a simili comportamenti chiedendo l’ammissione al concordato.

Nota: rileviamo, peraltro, che l’innovazione potrebbe essere suscettibile di un utilizzo meramente strumentale, poiché consente al debitore di scegliere il momento in cui vanificare le ipoteche giudiziali semplicemente depositando il ricorso nei 90 giorni dalla loro iscrizione; laddove, invece, nel fallimento l’analoga previsione di inefficacia dell’ipoteca (art. 67, comma 1, n. 4) è determinata dalla sentenza e non da un atto unilaterale del debitore.

L’art. 161, comma 6°, prevede che nel periodo di tempo che intercorre tra il deposito della domanda e il decreto di ammissione il debitore potrà compiere tutti gli atti di ordinaria amministrazione, nonché gli atti urgenti di straordinaria amministrazione che siano autorizzati dal tribunale previa eventuale assunzione di sommarie informazioni. E’ consigliabile che, nel formulare la richiesta, l’imprenditore specifichi la finalità dell’operazione da autorizzare e gli oneri che ne conseguiranno.

Gli atti di gestione dei rapporti negoziali pendenti al momento della presentazione della domanda di concordato preventivo con riserva sono da considerarsi di ordinaria amministrazione solo qualora abbiano lo scopo di conservare l’attività d’impresa e non incidano innovativamente sul suo patrimonio. (Cfr. Tribunale di Milano, 11.12.2012)

Attenzione: alcuni tribunali hanno già precisato che la richiesta di autorizzazione al compimento di atti di straordinaria amministrazione sarà rigettata in caso di concordato in bianco.

I crediti dei terzi sorti durante questo periodo saranno considerati prededucibili ai sensi dell’art. 111 L.F.