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Il dovere prima dei diritti

Giuseppe Mazzini
Giuseppe Mazzini

Nel terzo millennio, gli uomini sono preda ancora una volta di grandi paure collettive. Si tratti della prospettiva di contagio dal Covid-19 o dall’interrogativo di cosa sarà il domani, il nostro mondo, che pretende di esser moderno e progredito tecnologicamente, in realtà non è molto dissimile da quello di mille anni or sono.

La diffusione planetaria delle informazioni, l’annullamento delle distanze conseguite grazie ai social ed a internet non bastano ad impedire che l’Umanità avverta, nel suo insieme, l’angoscia per l’epidemia e la prospettiva dell’incerto futuro.

L’uomo dell’età dei social e del sempre connesso, dunque, è dominato dalla paura, che la ragione chiaroveggente di cui parla Shakespeare non assiste, né più né meno come lo fu il suo predecessore dell’era medievale. E tuttavia, riflettendo su questa attesa del vaccino anti Covid-19, ci si rende conto che l’umanità oggi è molto più debole e fragile di quanto non fosse quando aspettava l’anno mille e concentrava i suoi timori sulle comete anziché sul Covid-19. Perché?

Perché non vi è peggior cosa della paura senza speranza; e la speranza non è possibile, quando manchi quello che i credenti chiamano “il senso del peccato” e i laici definiscono “la coscienza del dovere tradito.

Sono gli animali ad aver paura senza sapere perché.

Negli uomini, la coscienza, la morale, la fede religiosa, chiamatele come volete, sono il presupposto indispensabile perché “la paura cosmica diventi”, come scrisse Oswald Spengler, nel memorabile Il tramonto dell’occidente, “il più creativo fra tutti i sentimenti primordiali.

Ebbene: mentre l’uomo medievale, alla vigilia dell’anno mille, poteva sperare di trasformare la sua paura in elemento creativo, perché possedeva un credo religioso ed una legge civile ben precisa, oggi tutto questo non esiste più. Si è dimenticato quello che un tempo si chiamava “essere galantuomini”.

Nessuno più ha chiara coscienza, prima ancora che del peccato, delle esigenze del bene e della rettitudine. Invochiamo il rispetto dei diritti ma dimentichiamo la coscienza dei doveri. Siamo tutti assetati d’una miserabile libertà, che in pratica è soltanto libertinaggio di dire, di pretendere, di sovvertire, di banalizzare, di insultare il prossimo, di ergersi a censori degli altrui comportamenti senza avere più il senso del dovere e del rispetto.

Anzi, abbiamo sublimato il dovere ergendolo ad eroico.

I medici, gli infermieri sono eroi quando assistono gli infermi?

Le forze dell’ordine, sono eroi quando intervengono per garantire l’ordine pubblico e prevenire la trasgressione delle disposizioni di legge?

Gli insegnanti e il personale della scuola, pagati per insegnare e stare nella scuola, saranno i nuovi eroi?

Non esiste più il giuramento di Ippocrate, che prevede: “di prestare assistenza d’urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell’Autorità competente”.

Scriveva Giuseppe Mazzini: “La libertà non esiste senza uguaglianza, ma non esistono né uguaglianza né libertà senza una profonda coscienza dei doveri cui tutti siamo chiamati”.

Il libertario Mazzini lo scriveva nel 1860 nei “Doveri dell’uomo”, richiamava l’uomo al senso del dovere, il pensiero di Mazzini è il pensiero di uno sconfitto che ha ancora molto da dire sullo stato del nostro Paese.

Nel proporre un estratto, liberamente tratto, dal classico testo di Giuseppe Mazzini, Dei doveri dell’uomo, ci permettiamo di chiosare con la considerazione che gli uomini autentici sono quelli che accettano il loro destino e comprendono che esiste una solo superiorità, quella dei doveri.

“Colla teoria dei diritti possiamo insorgere e rovesciare gli ostacoli; ma non fondare forte e durevole l’armonia di tutti gli elementi che compongono la Nazione. Colla teoria della felicità del benessere dato per oggetto primo alla vita, noi formeremo uomini egoisti, adoratori della materia, che porteranno le vecchie passioni nell’ordine nuovo e lo corromperanno pochi mesi dopo. Si tratta dunque di trovare un principio educatore superiore a siffatta teoria che guidi gli uomini al meglio, che insegni loro la costanza nel sacrificio, che li vincoli ai loro fratelli senza farli dipendenti dall’idea d’un solo o dalla forza di tutti. E questo principio è il DOVERE. Bisogna convincere gli uomini ch’essi, figli d’un solo Dio, hanno ad essere qui in terra esecutori d’una sola Legge – che ognuno d’essi, deve vivere, non per sé, ma per gli altri – che lo scopo della loro vita non è quello d’essere più o meno felici, ma di rendere se stessi e gli altri migliori – che il combattere l’ingiustizia e l’errore a benefizio dei loro fratelli, e dovunque si trova, è non solamente diritto, ma dovere: dovere da non negligersi senza colpa – dovere di tutta la vita (…).

Se i vostri doveri non fossero che negativi, se consistessero unicamente nel non fare il male, nel non nuocere ai vostri simili, forse, nello stato di sviluppo in cui oggi sono anche i meno educati, il grido della vostra coscienza basterebbe a dirigervi. Siete nati nel bene, e ogni qual volta voi operate direttamente contro la Legge, ogni qual volta voi commetterete ciò che gli uomini chiamano delitto, v’è tal cosa in voi che v’accusa, tale una voce di rimprovero che voi potete dissimulare agli altri, ma non a voi stessi.

Ma i vostri più importanti doveri sono positivi. Non basta il non fare: bisogna fare. Non basta limitarsi a non operare contro la Legge: bisogna operare secondo la Legge. Non basta non nuocere: bisogna giovare ai vostri fratelli.

Purtroppo, finora la morale s’è presentata ai più fra gli uomini in una forma più negativa che affermativa. Gl’interpreti della Legge hanno detto “non ruberai, non ammazzerai”; pochi o nessuno hanno insegnato gli obblighi che spettano all’uomo, e il come egli debba giovare ai suoi simili e al disegno di Dio nella creazione. Or questo è il primo scopo della Morale; né individuo, consultando unicamente la propria coscienza, può raggiungerlo mai.