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Il mantenimento dei figli naturali riconosciuti

La disciplina degli effetti del riconoscimento dei figli naturali si evince dal combinato disposto degli articoli 250, 258 e 261 del codice civile.

L’articolo 250 al primo comma sancisce che: “ il figlio naturale può essere riconosciuto sia dal padre che dalla madre, anche se uniti in matrimonio con altra persona all’epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire sia congiuntamente che disgiuntamente ”.

La conditio sine qua non per poter procedere al riconoscimento, è la nascita del figlio al di fuori di un rapporto matrimoniale. Si tratta di un atto di natura non recettizia, caratterizzato dal requisito dell’irrevocabilità. La dottrina considera l’atto di riconoscimento del figlio naturale come atto personalissimo e pertanto non suscettibile di rappresentanza.

Ciò che differenzia il riconoscimento effettuato ex articolo 250 cod. civ. dalla dichiarazione giudiziale di paternità è certamente l’elemento della volontarietà.

Sulla natura dell’atto di riconoscimento del figlio naturale, la dottrina nel corso degli anni ha prospettato diverse soluzioni e teorie; ad oggi la teoria prevalente attribuisce all’atto di riconoscimento la natura di atto di accertamento privato.

Il comma secondo dell’articolo 250 del codice civile, impone come condizione essenziale per il riconoscimento, l’assenso del figlio che ha già compiuto i sedici anni di età, mentre per il figlio di età inferiore è richiesto il consenso dell’altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento (3° comma).

La normativa vigente in materia, al fine di evitare rifiuti del consenso motivati da ragioni strumentali o da sentimenti di vendetta o di natura ricattatoria, ammette la possibilità per il genitore che è si visto opporre da parte dell’altro, il rifiuto al consenso al riconoscimento, di ricorrere al Tribunale per i Minorenni (procedimento di opposizione) al fine di ottenere, nel caso in cui venga accertato che il riconoscimento corrisponde all’interesse del figlio, una sentenza costitutiva che tenga luogo del consenso mancante.

Nel corso del Giudizio, sarà compito del Tribunale valutare in concreto l’interesse del minore, tenendo comunque in dovuta considerazione anche il diritto del genitore, costituzionalmente garantito, ad essere considerato tale.

Il riconoscimento volontario può essere effettuato nell’atto di nascita oppure, successivamente alla nascita, con un’apposita dichiarazione davanti ad un ufficiale dello stato civile o in atto pubblico o in un testamento.

L’atto di riconoscimento è di natura irrevocabile. Esso, ai sensi dell’articolo 256 cod. civ., nel caso in cui sia contenuto in un testamento, comporta il riconoscimento automatico del figlio, a decorrere dal giorno della morte del testatore, anche se il testamento è stato da quest’ultimo revocato.

La legge stabilisce espressamente come conseguenza del riconoscimento, l’assunzione da parte del genitore, di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi.

Tra gli obblighi primari del genitore, merita approfondimento la questione relativa al mantenimento del figlio riconosciuto.

Ai fini della determinazione del quantum dell’assegno di mantenimento non si potrà non tenere conto delle sostanze e dei redditi del genitore obbligato. Per la determinazione dell’assegno di mantenimento a favore del figlio minore, le buone risorse economiche dell’obbligato hanno rilievo non soltanto nel rapporto proporzionale con il contributo dovuto all’altro genitore, ma anche in funzione diretta di un più ampio soddisfacimento delle esigenze del figlio, posto che i bisogni, le abitudini, le legittime aspirazioni di questo e in genere le sue prospettive di vita, non potranno non risentire del livello economico sociale in cui si colloca la figura del genitore (Cass. Civ. Sez. I n. 7644 del 13.07.1995).

L’obbligo al mantenimento per giurisprudenza unanime, decorre dalla nascita del figlio (Cass. Civ. Sez. I n. 8042 del 14.08.1998 et Cass. Civ. Sez. I, n. 6217 del 28.06.1994 et Cass. Civ. Sez. I, n. 2065 del 02.03.1994 et Cass. Civ. Sez. I, n. 2907 del 24.03.1994 et Cass. Civ. Sez. I, n. 791 del 23.01.1993 et Cass. Civ. Sez. I, n. 5619 del 26.06.1987) e non dall’atto del riconoscimento o della domanda giudiziale. Tale obbligo infatti, non avendo esclusivamente natura alimentare, sorge automaticamente per il fatto della filiazione e prescinde dallo stato di bisogno del minore.

Del resto il riconoscimento del figlio naturale comporta l’assunzione di tutti gli obblighi propri della procreazione legittima, ivi compreso quello del mantenimento e ciò a prescindere dalla circostanza che i genitori siano conviventi o dalle vicissitudini dei rapporti personali tra gli stessi. Ne consegue che “nell’ipotesi in cui al mantenimento abbia provveduto, integralmente o comunque al di là delle proprie sostanze, uno soltanto dei genitori, a lui spetta il diritto di agire in regresso, per il recupero della quota del genitore inadempiente, secondo le regole generali del rapporto tra condebitori solidali” (Cass. Civ. Sez. I, n. 15063 del 22.11.2000).

Pertanto il genitore che per primo ha riconosciuto il figlio e che ha provveduto al suo mantenimento in via esclusiva, successivamente all’atto di riconoscimento da parte dell’altro genitore o alla sentenza di accertamento giudiziale di paternità, avrà il diritto di ripetere nei confronti di quest’ultimo (se inadempiente) una quota delle spese sostenute. E ciò per applicazione analogica dell’articolo 1299 cod. civ, il quale prevede il regresso tra condebitori solidali, quando l’obbligazione sia stata adempiuta da uno solo di essi, alla stregua del principio che si trae dall’articolo 148 (richiamato dall’articolo 261 cod. civ. per la filiazione naturale) che, prevedendo l’azione giudiziaria contro il genitore inadempiente, postula il diritto di quello adempiente di agire in regresso nei confronti dell’atro (Cass. Civ. Sez. I, n. 5619 del 26.06.1987).

Si tratterà pertanto di rimborsare le spese sostenute dal genitore nell’interesse del figlio, posto che i doveri del genitore naturale sono gli stessi che le legge impone nel caso di filiazione legittima e, stante l’obbligo a carico del genitore non solo di mantenere ma altresì di educare ed istruire il figlio, dovranno essere altresì rimborsate tutte le somme corrisposte dal genitore adempiente, per l’educazione e l’istruzione del minore (vedasi Cass. Civ. Sez I, n. 2065 del 02.03.1994).

Sono assai frequenti nella prassi giudiziaria, contenziosi instaurati dinnanzi al Tribunale Ordinario (e non dei Minori), dal genitore che per primo ha provveduto al riconoscimento e al mantenimento del figlio, finalizzati ad ottenere dall’altro genitore naturale, la corresponsione di una somma periodica a titolo di mantenimento del figlio e una somma per il rimborso della quota parte delle spese sostenute dal genitore dalla nascita del figlio, sino alla sentenza di condanna.

Negli ultimi tempi la Giurisprudenza si è spinta sino a riconoscere il diritto del figlio o del genitore nell’interesse del primo, ad agire per la richiesta di risarcimento del danno esistenziale causato al figlio in conseguenza del comportamento del genitore inadempiente agli obblighi di assistenza morale e materiale, per lesione di diritti fondamentali della persona umana inerenti alla qualità di figlio minore. “Poiché l’articolo 2043 civ. Civ. correlato agli articoli 2 ss. della Costituzione, va necessariamente esteso fino a ricomprendere non solo il risarcimento dei danni in senso stretto patrimoniali, ma di tutti i danni che almeno potenzialmente ostacolano le attività realizzatrici della persona umana, la lesione dei diritti di rilevanza costituzionale va incontro alla sanzione risarcitoria per il fatto in sé della lesione, indipendentemente dalle eventuali ricadute patrimoniali che la stessa possa comportare”. (Cass. Civ. Sez. I, n. 7713 del 07.06.2000). Il danno esistenziale sarà rappresentato dal pregiudizio subito dal minore nella realizzazione della sua personalità, a causa dei ridotti mezzi di sussistenza o a causa dell’abbandono morale e/o materiale da parte del genitore inadempiente.

Nel caso di mancata somministrazione dei mezzi di sussistenza da parte del genitore, quest’ultimo incorrerà altresì nel reato previsto dall’articolo 570 del codice penale, per violazione degli obblighi di assistenza familiare. In questo caso neanche la disagiata condizione economica dell’obbligato alla prestazione dei mezzi di sussistenza, costituirà un’esimente per potersi sottrarre al dovere di corresponsione dei mezzi o del pagamento dell’assegno all’avente diritto. Ciò ovviamente a condizione che il soggetto non si trovi in condizioni di assoluta indigenza.

La disciplina degli effetti del riconoscimento dei figli naturali si evince dal combinato disposto degli articoli 250, 258 e 261 del codice civile.

L’articolo 250 al primo comma sancisce che: “ il figlio naturale può essere riconosciuto sia dal padre che dalla madre, anche se uniti in matrimonio con altra persona all’epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire sia congiuntamente che disgiuntamente ”.

La conditio sine qua non per poter procedere al riconoscimento, è la nascita del figlio al di fuori di un rapporto matrimoniale. Si tratta di un atto di natura non recettizia, caratterizzato dal requisito dell’irrevocabilità. La dottrina considera l’atto di riconoscimento del figlio naturale come atto personalissimo e pertanto non suscettibile di rappresentanza.

Ciò che differenzia il riconoscimento effettuato ex articolo 250 cod. civ. dalla dichiarazione giudiziale di paternità è certamente l’elemento della volontarietà.

Sulla natura dell’atto di riconoscimento del figlio naturale, la dottrina nel corso degli anni ha prospettato diverse soluzioni e teorie; ad oggi la teoria prevalente attribuisce all’atto di riconoscimento la natura di atto di accertamento privato.

Il comma secondo dell’articolo 250 del codice civile, impone come condizione essenziale per il riconoscimento, l’assenso del figlio che ha già compiuto i sedici anni di età, mentre per il figlio di età inferiore è richiesto il consenso dell’altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento (3° comma).

La normativa vigente in materia, al fine di evitare rifiuti del consenso motivati da ragioni strumentali o da sentimenti di vendetta o di natura ricattatoria, ammette la possibilità per il genitore che è si visto opporre da parte dell’altro, il rifiuto al consenso al riconoscimento, di ricorrere al Tribunale per i Minorenni (procedimento di opposizione) al fine di ottenere, nel caso in cui venga accertato che il riconoscimento corrisponde all’interesse del figlio, una sentenza costitutiva che tenga luogo del consenso mancante.

Nel corso del Giudizio, sarà compito del Tribunale valutare in concreto l’interesse del minore, tenendo comunque in dovuta considerazione anche il diritto del genitore, costituzionalmente garantito, ad essere considerato tale.

Il riconoscimento volontario può essere effettuato nell’atto di nascita oppure, successivamente alla nascita, con un’apposita dichiarazione davanti ad un ufficiale dello stato civile o in atto pubblico o in un testamento.

L’atto di riconoscimento è di natura irrevocabile. Esso, ai sensi dell’articolo 256 cod. civ., nel caso in cui sia contenuto in un testamento, comporta il riconoscimento automatico del figlio, a decorrere dal giorno della morte del testatore, anche se il testamento è stato da quest’ultimo revocato.

La legge stabilisce espressamente come conseguenza del riconoscimento, l’assunzione da parte del genitore, di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi.

Tra gli obblighi primari del genitore, merita approfondimento la questione relativa al mantenimento del figlio riconosciuto.

Ai fini della determinazione del quantum dell’assegno di mantenimento non si potrà non tenere conto delle sostanze e dei redditi del genitore obbligato. Per la determinazione dell’assegno di mantenimento a favore del figlio minore, le buone risorse economiche dell’obbligato hanno rilievo non soltanto nel rapporto proporzionale con il contributo dovuto all’altro genitore, ma anche in funzione diretta di un più ampio soddisfacimento delle esigenze del figlio, posto che i bisogni, le abitudini, le legittime aspirazioni di questo e in genere le sue prospettive di vita, non potranno non risentire del livello economico sociale in cui si colloca la figura del genitore (Cass. Civ. Sez. I n. 7644 del 13.07.1995).

L’obbligo al mantenimento per giurisprudenza unanime, decorre dalla nascita del figlio (Cass. Civ. Sez. I n. 8042 del 14.08.1998 et Cass. Civ. Sez. I, n. 6217 del 28.06.1994 et Cass. Civ. Sez. I, n. 2065 del 02.03.1994 et Cass. Civ. Sez. I, n. 2907 del 24.03.1994 et Cass. Civ. Sez. I, n. 791 del 23.01.1993 et Cass. Civ. Sez. I, n. 5619 del 26.06.1987) e non dall’atto del riconoscimento o della domanda giudiziale. Tale obbligo infatti, non avendo esclusivamente natura alimentare, sorge automaticamente per il fatto della filiazione e prescinde dallo stato di bisogno del minore.

Del resto il riconoscimento del figlio naturale comporta l’assunzione di tutti gli obblighi propri della procreazione legittima, ivi compreso quello del mantenimento e ciò a prescindere dalla circostanza che i genitori siano conviventi o dalle vicissitudini dei rapporti personali tra gli stessi. Ne consegue che “nell’ipotesi in cui al mantenimento abbia provveduto, integralmente o comunque al di là delle proprie sostanze, uno soltanto dei genitori, a lui spetta il diritto di agire in regresso, per il recupero della quota del genitore inadempiente, secondo le regole generali del rapporto tra condebitori solidali” (Cass. Civ. Sez. I, n. 15063 del 22.11.2000).

Pertanto il genitore che per primo ha riconosciuto il figlio e che ha provveduto al suo mantenimento in via esclusiva, successivamente all’atto di riconoscimento da parte dell’altro genitore o alla sentenza di accertamento giudiziale di paternità, avrà il diritto di ripetere nei confronti di quest’ultimo (se inadempiente) una quota delle spese sostenute. E ciò per applicazione analogica dell’articolo 1299 cod. civ, il quale prevede il regresso tra condebitori solidali, quando l’obbligazione sia stata adempiuta da uno solo di essi, alla stregua del principio che si trae dall’articolo 148 (richiamato dall’articolo 261 cod. civ. per la filiazione naturale) che, prevedendo l’azione giudiziaria contro il genitore inadempiente, postula il diritto di quello adempiente di agire in regresso nei confronti dell’atro (Cass. Civ. Sez. I, n. 5619 del 26.06.1987).

Si tratterà pertanto di rimborsare le spese sostenute dal genitore nell’interesse del figlio, posto che i doveri del genitore naturale sono gli stessi che le legge impone nel caso di filiazione legittima e, stante l’obbligo a carico del genitore non solo di mantenere ma altresì di educare ed istruire il figlio, dovranno essere altresì rimborsate tutte le somme corrisposte dal genitore adempiente, per l’educazione e l’istruzione del minore (vedasi Cass. Civ. Sez I, n. 2065 del 02.03.1994).

Sono assai frequenti nella prassi giudiziaria, contenziosi instaurati dinnanzi al Tribunale Ordinario (e non dei Minori), dal genitore che per primo ha provveduto al riconoscimento e al mantenimento del figlio, finalizzati ad ottenere dall’altro genitore naturale, la corresponsione di una somma periodica a titolo di mantenimento del figlio e una somma per il rimborso della quota parte delle spese sostenute dal genitore dalla nascita del figlio, sino alla sentenza di condanna.

Negli ultimi tempi la Giurisprudenza si è spinta sino a riconoscere il diritto del figlio o del genitore nell’interesse del primo, ad agire per la richiesta di risarcimento del danno esistenziale causato al figlio in conseguenza del comportamento del genitore inadempiente agli obblighi di assistenza morale e materiale, per lesione di diritti fondamentali della persona umana inerenti alla qualità di figlio minore. “Poiché l’articolo 2043 civ. Civ. correlato agli articoli 2 ss. della Costituzione, va necessariamente esteso fino a ricomprendere non solo il risarcimento dei danni in senso stretto patrimoniali, ma di tutti i danni che almeno potenzialmente ostacolano le attività realizzatrici della persona umana, la lesione dei diritti di rilevanza costituzionale va incontro alla sanzione risarcitoria per il fatto in sé della lesione, indipendentemente dalle eventuali ricadute patrimoniali che la stessa possa comportare”. (Cass. Civ. Sez. I, n. 7713 del 07.06.2000). Il danno esistenziale sarà rappresentato dal pregiudizio subito dal minore nella realizzazione della sua personalità, a causa dei ridotti mezzi di sussistenza o a causa dell’abbandono morale e/o materiale da parte del genitore inadempiente.

Nel caso di mancata somministrazione dei mezzi di sussistenza da parte del genitore, quest’ultimo incorrerà altresì nel reato previsto dall’articolo 570 del codice penale, per violazione degli obblighi di assistenza familiare. In questo caso neanche la disagiata condizione economica dell’obbligato alla prestazione dei mezzi di sussistenza, costituirà un’esimente per potersi sottrarre al dovere di corresponsione dei mezzi o del pagamento dell’assegno all’avente diritto. Ciò ovviamente a condizione che il soggetto non si trovi in condizioni di assoluta indigenza.