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Imponibilità retroattiva IVA sulle prestazioni erogate dalle autoscuole

Dubbi, “messa in crisi” del principio del legittimo affidamento e prospettive (legislative) future
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Abstract

Il seguente contributo si prefigge lo scopo di analizzare senza alcuna pretesa di esaustività, in primis lo status quo ante al principio enunciato dalla CGUE con sentenza resa in data 14/03/2019, e successivamente le novità da questa introdotte, e a cui il nostro ordinamento si è di recente conformato grazie ad una già citata risoluzione dell’Agenzia delle Entrate; si tratta cioè di capire se l’imponibilità dell’IVA alle prestazioni erogate dalle autoscuole, addirittura con decorrenza retroattiva sia giuridicamente ammissibile, e se quindi non contrasti con norme o principi normativi del diritto tributario, e più in generale del diritto (interno), ovvero se invece oltre agli indubbi detrimenti economico patrimoniali potenzialmente arrecati ai players di un settore di notevole rilevanza per l’economia italiana, rechi con sé alcuni profili giuridici dubbi e problematici.

Per cercare di districare questi complessi interrogativi sarà necessario avere come punto di partenza la pronuncia della CGUE in questione, ma anche la susseguente risoluzione dell’Agenzia delle Entrate, oltre alle fondamentali disposizioni normative in materia.

 

Indice:

1. Le prestazioni non soggette ad IVA

2. Una forte messa in discussione dello status quo ante: la sentenza 14/03/2019 in causa C-449/17 pronunciata dalla CGUE e la risoluzione n. 79 02/09/2019 emanata dell’Agenzia delle Entrate

3. Prospettive future e ipotesi legislative

 

1. Alcuni servizi non sono soggetti ad imposizione IVA

Pare necessario chiarire preliminarmente e velocemente, quindi senza alcuna pretesa di esaustività, come l’ordinamento italiano (e non solo) preveda la non soggezione ad imponibilità IVA di determinate prestazioni, servizi, e più in generale di alcune “operazioni”.

Ciò accade ogniqualvolta ci si ritrovi dinanzi per l’appunto ad una operazione che venga ad essere priva di uno o più presupposti, soggettivi, oggettivi, o territoriali, necessari per l’applicazione della c.d. imposta sul valore aggiunto, il cui acronimo IVA è ben noto anche ai non “addetti ai lavori”.

Per poter citare alcuni esempi di erogazione di prestazioni non soggette ad imposizione IVA appare di indubbia utilità fare riferimento all’atto normativo per antonomasia in materia di imposta sul valore aggiunto: il DPR 633/1972 (e in particolar modo all’articolo 10); il quale oltre ad avere introdotto nel nostro Paese questo particolare tipo di imposta, ne costituisce indubbiamente un “compendio regolamentare”.

L’articolo 10 del testé citato atto normativo al primo comma punto 18), reca un’importantissima circostanza che non viene non sottoposta ad imposizione IVA, le prestazioni sanitarie; non però qualsivoglia prestazione sanitaria, ma bensì solamente quelle: “di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni ed arti sanitarie soggette a vigilanza”.

Il tema è assai interessante e di stretta attualità, ma non è certamente questa la sede opportuna per affrontarlo, infatti, come si è sopraddetto, lo si è utilizzato solamente a titolo di exemplum al fine di poter chiarire ancor meglio quando l’IVA non debba essere esatta dallo Stato.

Come ben desumibile da una semplice lettura dell’articolo 10, si nota come questo “listi” una serie di operazioni che per le loro intrinseche caratteristiche, e la loro indubbia utilità sociale, vengono ad essere esenti dal versamento dell’imposta sul valore aggiunto da parte dei loro erogatori.

Ritornando ora alla questione su cui si è posto l’accento, cioè le prestazioni erogate dalle scuole guida, l’articolo 10 primo comma al punto 20) prevede come “le prestazioni educative e didattiche di ogni genere” non siano assoggettabili ad imposizione IVA; lo stesso prevede la già citata direttiva 2006/112/CE. In base a queste disposizioni normative, il fisco italiano ha ritenuto costantemente che le attività delle autoscuole fossero esenti da IVA, chiarendolo ripetutamente in alcune risoluzioni susseguitesi nel tempo, quali la n. 83/E-III-7-65258 del 1998 e la n. 134/E del 2005.

 

2. Una forte messa in discussione della non imponibilità IVA di tali prestazioni. La sentenza della CGUE resa in data 14/03/2019 e la conseguente risoluzione dell’Agenzia delle Entrate

La Corte di Giustizia dell’UE pronunciandosi con sentenza in causa C-449/17, riguardante una controversia tra un soggetto giuridico tedesco e l’amministrazione finanziaria del medesimo Stato, ha però invece affermato che le attività di formazione che hanno lo scopo di rilasciare le licenze di condurre, le cosiddette patenti, non rientrano nelle attività di formazione scolastica e universitaria, che come si è poc’anzi precisato sono esenti da IVA.

A stretto giro, l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 79, ha ritenuto applicabile sic et simpliciter anche in Italia il principio stabilito dalla Corte.

Questo revirement interpretativo operato dell’Agenzia delle Entrate sulla base del principio di diritto contenuto nella sentenza della CGUE ha una serie di criticità e di ricadute pratiche, non solo giuridiche, che ci si accinge ad esaminare ora dettagliatamente.

Anzitutto, si rischia seriamente di arrecare seri danni ad un settore economico strategico, in cui sono impiegati migliaia di operatori, andando quindi a mettere a rischio e in discussione preziosi posti di lavoro, in quanto secondo alcune stime (approssimative), la somma che il fisco si accingerebbe a recuperare si aggira attorno al miliardo di euro.

Inoltre, come si è avuto modo di dire poco sopra, la CGUE si è occupata della questione dell’imponibilità dell’IVA in relazione alle prestazioni erogate dalle autoscuole tedesche, e non italiane; la Corte ha chiaramente quindi valutato la questione avendo preso in considerazione le specificità del mercato e del quadro giuridico tedesco, che differisce in tutto e per tutto da quello italiano, in quanto in terra teutonica le autoscuole non presentano gli stessi connotati pubblicistici previsti invece in Italia, specialmente dal codice della strada, il quale attribuisce alle prestazioni erogate dalle autoscuole la dignità di formazione scolastica.

E questo come si può ben capire, rappresenta un problema di non poco conto, che pone quanto meno svariati dubbi circa la possibilità di estendere questo principio in maniera acritica e pedissequa a tutti i Paesi dell’Unione Europea, senza tener conto della diversità di discipline normative e della specificità economico-settoriale di ciascuno Stato membro.

Successivamente, dopo pochi mesi dall’emanazione della sentenza, l’Agenzia delle Entrate, a seguito dell’interpello proposto da un contribuente è stata chiamata a definire gli effetti che questa (sentenza) dovesse produrre rispetto alla prassi consolidata dell’esenzione.

Nella risoluzione del settembre 2019 che affronta tale interrogativo, l’Agenzia delle Entrate si è limitata ad affermare icasticamente e seraficamente come quando un principio venga affermato dalla Corte, questo si trovi ad essere efficace ex se e sic et simpliciter, per tutti gli Stati membri, e quindi ovviamente anche per l’Italia. Da ciò la stessa Agenzia fa derivare la necessità del recupero dell’IVA mai addebitata fino ad oggi, andando addirittura a ritroso fino all’anno 2014; è previsto però come per tale anno, entro il 31 dicembre 2019 possa essere emesso un avviso di accertamento da parte dello stesso fisco.

I punti “dolenti” e problematici di questa posizione sono svariati e non di poco conto, in quanto presentano ricadute pratiche, oltre che giuridiche, di assoluta rilevanza, e meriterebbero di essere trattati in maniera specifica e dettagliata.

Quello che però è di maggior spicco e interesse giuridico, e pare cruciale allo scrivente, è rappresentato dalla “messa in crisi” di un principio cardinale del diritto tributario, ma non solo, il c.d. legittimo affidamento.

Quid iuris?

Come si è già avuto modo di precisare, è la stessa Agenzia delle Entrate che mediante le proprie reiterate risoluzioni ha ingenerato nel contribuente tale affidamento, tant’è che essa, sulla base dell’articolo 10 dello Statuto dei diritti del contribuente (Legge 212/2000) esclude l’addebitabilità di sanzioni ed interessi.

Tuttavia, il problema del legittimo affidamento va analizzato anche e soprattutto sotto il punto di vista più rilevante e pratico, e cioè, il recupero, la riscossione del tributo.

È vero infatti, che lo Statuto si occupa solamente di sanzioni ed interessi, ma è oltremodo vero che quello del legittimo affidamento è un principio generale, che si trova ad assumere rilevanza ogni qualvolta si riscontrino benefici patrimoniali che la pubblica amministrazione erroneamente attribuisce o riconosce al cittadino, il quale conseguentemente ne gode in maniera del tutto incolpevole, in base ai sottostanti atti e condotte della PA.

Quindi come risolvere la questione se l’atto normativo per eccellenza in materia, lo Statuto, menziona a tal proposito solo gli interessi moratori e le sanzioni?

Dottrina e giurisprudenza hanno dibattuto a lungo sul punto, e l’opinio prevalente è nel senso che il principio del legittimo affidamento venga a rilevare anche in relazione al recupero dei tributi.

Ebbene, essendo come ben noto l’IVA un tributo armonizzato (soggetto quindi ad una disciplina comune a livello europeo), è di fondamentale importanza in questa sede rimarcare come proprio la CGUE abbia più volte affermato, persino con più vigore rispetto alla giurisprudenza domestica la rilevanza del principio del legittimo affidamento (del contribuente).

Alla luce di tutto quanto detto, non appare per nulla scontato il titolo con il quale il fisco italiano possa addivenire al recupero del tributo per un periodo così ampio e prolungato, avendo costantemente e chiaramente dato specifiche indicazioni al contribuente di non adempiere all’obbligazione tributaria a suo carico.

Dunque, appare lapalissiano che la risoluzione n. 79 del 02/09/2019 è del tutto carente di motivazione in termini logico-giuridici.

Il quadro che ne emerge è perciò assai complesso e variegato, e richiederebbe senza dubbio un intervento legislativo “dirimente”.

 

3. Prospettive future e ipotesi legislative

Sarebbe auspicabile, per non dire necessario, un intervento legislativo, che quanto meno ponga rimedio al pregresso.

Mutatis mutandis, è quello che è stato esattamente fatto in passato in occasione di altra vicenda, anche se molto simile sotto certi punti di vista. Si tratta della questione delle prestazioni mediche non curative (e.g. certi interventi di chirurgia estetica), che la CGUE, con una serie di sentenze, ha ritenuto assoggettabili ad imponibilità IVA. Qui, dunque, il legislatore domestico è subitaneamente intervenuto con una norma di legge, per “sanare” il pregresso, stabilendo chiaramente che l’assoggettamento ad IVA avrebbe dovuto avere decorrenza dall’anno successivo al principio enunciato nelle sentenze rese dalla Corte.

A tal proposito, le voci provenienti dall’esecutivo non mancano di certo, ed infatti il sottosegretario all’economia Pierpaolo Baretta ha confermato come siano al vaglio alcune proposte di legge per far sì che l’applicazione dell’IVA alle prestazioni erogate dalle autoscuole non abbia decorrenza retroattiva.

A stretto giro, finalmente la bozza del DL fiscale approvata dal Consiglio dei Ministri il 16 ottobre scorso è intervenuta sul punto, come auspicato, e come accaduto già in situazioni analoghe in passato, “recependo” da un lato il principio di diritto stabilito dalla CGUE nel marzo 2019, e quindi di fatto confermando l’imponibilità IVA delle prestazioni erogate dalle autoscuole per il conseguimento delle varie licenze di condurre, dall’altro ha anche però definitivamente “spazzato via” ogni dubbio sulla spinosa e controversa questione del recupero e dell’imponibilità retroattiva, così come paventato fino a poche settimane or sono.

Perciò, sì l’esecutivo rasserena e tranquillizza i contribuenti e soprattutto gli operatori del settore sul passato, andando di fatto ad escludere la possibilità di richiedere da parte dell’Agenzia delle Entrate il pregresso, ma, sancisce anche “nero su bianco” all’articolo 33 della bozza del DL fiscale, come dall’anno prossimo venturo (2020) anche le attività poste in essere dalle scuole guida verranno assoggettate alla più nota imposta indiretta, l’IVA, e non saranno più esenti.

La ratio del recepimento da parte dell’ordinamento interno di questo principio, a parere dello scrivente, oltre a favorire la ripresa del processo di integrazione europea, è quella di conformarsi ai criteri enunciati a livello giurisprudenziale dalla sentenza C-449/2017 pronunciata dalla CGUE, che ha chiarito i criteri in base ai quali gli Stati possono esentare dall’imposta sul valore aggiunto le prestazioni didattiche.

La bozza del decreto fiscale riscrive quindi la normativa di riferimento in materia IVA, cioè il già citato DPR 633/1972; in primis interviene sull’art. 10 (operazioni esenti da imposizione IVA) comma 1 punto 20, andando a meglio precisare la generica e onnicomprensiva locuzione “prestazioni didattiche”, intendendola ora solamente come prestazioni erogate al fine “dell’insegnamento scolastico e universitario”.

Il secondo intervento è una logica e susseguente conseguenza di quanto si è appena detto, e permette di eliminare dalla lista delle operazioni non soggette all’obbligo di certificazione le prestazioni didattiche finalizzate al conseguimento delle patenti, rese dalle autoscuole.

Tutte queste novità ex bozza del DL fiscale entreranno in vigore a partire dal 1° gennaio 2020; ciò è chiaramente detto dall’articolo 33 comma 2, nel quale si legge: “Sono fatti salvi i comportamenti difformi adottati dai contribuenti anteriormente alla data di entrata in vigore della presente disposizione, per effetto della sentenza Corte di Giustizia UE del 14 marzo 2019, causa C- 449/17”.

Quindi di fatto si va a “sconfessare” quanto sancito dalla risoluzione 79/2019 resa dell’amministrazione fiscale, con cui questa pur facendo un “mea culpa” rispetto al passato, invitava le autoscuole a intervenire con efficacia ex tunc (retroattiva) anche sulle lezioni fatturate, “andando indietro” addirittura sino all’anno 2014.

Quindi, giunti al “redde rationem”, il decreto fiscale, collegato alla prossima ed imminente manovra di bilancio, se approvato così com’è nella sua versione di bozza, ponendo regole “certe” e definitive, mette la parola fine a tutti i timori circa la retroattività della nuova disposizione, chiudendo però la strada all’esenzione IVA delle prestazioni erogate dalle autoscuole.

Tutto ciò detto e premesso, al di là del caso di specie, e in attesa di conoscere il contenuto definitivo del DL fiscale resta però comunque aperta una questione di fondo di non poco conto che interessa direttamente chiunque, ed è la seguente: quanto del contenuto di una sentenza della CGUE può essere effettivamente trasposto sic et simpliciter nell’ordinamento domestico?

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