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Imputato in carcere e padre di prole inferiore ad anni sei

Per la Cassazione sono concedibili gli arresti domiciliari solo nella comprovata impossibilità della madre di provvedere al figlio
Arresti domiciliari
Arresti domiciliari

Indice:

1. Il caso di specie

2. La decisione della Corte

3. Conclusioni ed osservazioni giuridiche

 

1. Il caso di specie

Trattasi di impugnazione avanti la Corte di Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale della Libertà che aveva rigettato la richiesta di S.S., attualmente in regime di custodia cautelare in carcere, di sostituire detta misura con quella degli arresti domiciliari. La richiesta era stata avanzata, ai sensi dell’articolo 275 comma 4 codice procedura penale, in ragione della impossibilità in capo alla moglie dell’imputato di poter accudire i figli di giovanissima età, stante l’attività lavorativa di quest’ultima.

 

2. La decisione della Corte

La Prima Sezione della Corte di Cassazione (15/10/2019, n. 45921) accoglie il ricorso, trasmettendo gli atti al Tribunale della Libertà per una nuova valutazione.

In motivazione si parte dal dato testuale dell’art. 275 comma 4, quale ipotesi del tutto eccezionale e “non applicabile estensivamente ad ipotesi non contemplate”.

Come noto, la norma prevede il divieto di applicazione della misura custodiale in carcere nel caso di padre di prole inferiore ad anni sei, qualora la madre sia impossibilitata a provvedere al suo mantenimento, per ragioni eccezionali (quali decesso o altro).

Spiega la Corte che tale divieto opera in virtù di un bilanciamento tra “le esigenze socialpreventive e quelle di accudimento genitoriale nell’interesse della prole ad un adeguato percorso educativo di crescita”. Nel caso di specie, trattandosi di impedimento derivante da ragioni lavorative, il giudicante deve verificare che ciò possa essere un ragionevole e valido motivo per sostituire, in via eccezionale, come detto, la misura della custodia in carcere con quella dei domiciliari.

Altresì, precisa la Corte, sarà necessaria una valutazione circa l’assenza di altre figure familiari in grado di poter accudire la prole, come anche l’assenza di strutture assistenziali.

A parere della I sezione, questa disamina non ha trovato riscontri nell’ordinanza del Tribunale, avendo questo “ignorato il nodo essenziale della vicenda umana e familiare dei soggetti coinvolti, ossia la protratta assenza da casa della madre per un lasso temporale di sette o otto ore al giorno, cui si aggiungono i tempi di trasferimento, e la necessità di lasciare soli presso l'abitazione quattro minori di età compresa tra uno e sei anni in assenza di figure adulte di riferimento in grado di provvedere alle loro esigenze alimentari, di igiene e di movimento, di sorvegliarne l'operato e di risolvere eventuali difficoltà contingenti, nonché la esigenza cogente per la donna di procurare un reddito con il quale mantenere se stessa ed i figli”.

Ragione per cui, come detto, la I sezione annulla la decisione ordinando una nuova valutazione.

 

3. Conclusioni ed osservazioni giuridiche

Come già detto, il quarto comma dell’articolo 275 codice procedura penale rappresenta una situazione eccezionale in tema di applicazione di misura cautelare in carcere.

La norma prevede due ipotesi distinte.

La prima vede come persona sottoposta alla misura custodiale la madre incinta o di prole d’età non superiore a sei anni. In questo caso, in nome del precetto costituzionale di cui all’articolo 31 comma 2, vengono sacrificate le esigenze processuali e sociali in favore del diritto all’infanzia.

La seconda ipotesi vede come soggetto interessato il padre (sempre di prole d’età non superiore ai sei anni) in regime custodiale.

Rileva già dalla prima lettura della norma come questa posizione sia sostanzialmente di natura suppletiva; l’articolo espressamente indica la figura paterna “qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata”.

Altresì va evidenziato un passaggio nella motivazione della sentenza in commento, laddove si dice che “devono essere riscontrate l'assenza, oltre che delle figure genitoriali, anche di altri familiari in grado di accudirli e l'impossibilità di avvalersi di strutture assistenziali, pubbliche o private”.

In un altro passaggio, censurando l’operato del Tribunale, la Corte sottolinea che “nessun accenno vi è nell'ordinanza impugnata, né alla protrazione temporale dell'assenza da casa della madre, né alla sua situazione parentale e finanziaria per verificare la possibilità per la stessa di fare ricorso all'aiuto di congiunti, vicini, oppure ad altre forme di assistenza in grado di accudire i minori presso l'abitazione o in altro luogo idoneo”.

Pertanto, ad opinione della Corte, l’eventuale presenza di terzi potrebbe far cadere il divieto della custodia cautelare del padre.

Quanto detto non può essere ritenuto un orientamento consolidato da parte della Cassazione.

Vediamo perché.

Nella sentenza in commento, si fa riferimento alla figura supplettiva del padre, ma non in termini assoluti. La Prima sezione critica infatti l’omessa verifica del Tribunale della Libertà circa la presenza di parenti, vicini e strutture assistenziali a cui potersi rivolgere. Pare quindi che, in presenza di un soggetto tra quelli indicati, non opererebbe il divieto di cui all’articolo 275 comma 4 codice procedura penale.

Tuttavia si riscontra un orientamento difforme, ove si dice che “deve escludersi che possa attribuirsi rilievo alla ritenuta possibilità che i minori siano affidati a strutture pubbliche o ad altri familiari disposti a prendersene cura (sez. VI, 30/04/2014, n.29355)”, potendo contribuire questi solo in termini integrativi, ma mai sostitutivi.

La questione si potrebbe risolvere partendo da due aspetti.

Se si ritiene il divieto di cui al quarto comma finalizzato alla garanzia della presenza di mezzi assistenziali in favore del figlio, qualora vi fossero figure sostitutive o enti assistenziali (pubblici o privati), questo divieto non opererebbe, in ragione della sua natura del tutto eccezionale, in favore quindi della prioritaria esigenza cautelare.

Diversamente, se il divieto della misura cautelare in carcere trovasse ragione anche nella necessità educativa ed affettiva della presenza del genitore paterno (sempre in assenza della madre, secondo la norma), allora l’esistenza di terze figure sarebbe del tutto irrilevante, non potendosi sostituire alla presenza del genitore.

Concludendo, si potrebbe riflettere, come peraltro già proposto da alcuni, su un intervento legislativo finalizzato al superamento della figura “suppletiva” del padre detenuto, anche per evitare situazioni familiari estremamente critiche che si verrebbero a creare, con aggravio di incombenze (economiche ma anche educative) ad un solo genitore.