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Incentivi all’utilizzo delle condizioni generali di contratto (II)

Nel precedente intervento in materia di condizioni generali di contratto (“CG”) ci siamo concentrati sugli elementi principali (sintetizzati con le parole chiave specificità, aggiornamento e conoscibilità), che l’impresa italiana deve tenere in considerazione nella predisposizione e nell’utilizzo delle CG. Affrontiamo ora l’esame degli effetti giuridici.

Perché l’impresa dovrebbe servirsi di CG se poi la controparte non le sottoscrive? Sia in ambito nazionale che in ambito internazionale la mancanza di sottoscrizione non implica totale inefficacia delle CG.

Il nostro ordinamento tutela la semplice conoscibilità delle stesse, fatta eccezione per le cosiddette clausole onerose che richiedono invece, a pena di nullità, la specifica approvazione della controparte (articolo 1341 Codice Civile), che formalmente si risolve nel meccanismo della doppia sottoscrizione a cui siamo tutti abituati. Tra le suddette clausole ricordiamo quelle recanti il foro competente davanti al quale dovranno essere promosse eventuali liti giudiziarie, la facoltà di recedere, la rinnovazione tacita, le limitazioni di responsabilità.

Anche se non sottoscritte (o doppiamente sottoscritte con riferimento alle clausole onerose), le CG sono fondamentali specie nei rapporti con controparti commerciali estere (comunitarie ed extracomunitarie), purché conoscibili alla conclusione del contatto. Nella prassi commerciale internazionale si riscontra infatti una minore rigidità formale.

Nel caso di scambio delle rispettive CG tra le controparti contrattuali, quali risulteranno applicabili (dando per supposta la mancata sottoscrizione)? In altre parole, quali prevarranno nella cosiddetta “battle of forms” (“battaglia dei modelli”)? Non si può dare una risposta generale, valida in ogni occasione. Senza entrare nel merito della normativa internazionale, ricordiamo che esistono due orientamenti prevalenti:

a. secondo alcuni ordinamenti (ad esempio, Italia, Francia e Gran Bretagna) un’accettazione non conforme alla proposta equivale ad una nuova proposta, attribuendosi pertanto prevalenza alle CG richiamate per ultime (“last shot doctrine”).

Facciamo l’ipotesi del compratore francese che invia un ordine con le proprie GC di acquisto ad un venditore italiano il quale spedisce la conferma d’ordine recante le condizioni particolari di fornitura (prezzo, consegna, ecc.) e allegate le proprie CG di vendita. Qualora il compratore francese effettui il pagamento (anche a titolo di acconto) e/o riceva la consegna della fornitura, il venditore italiano avrà buoni argomenti per pretendere l’applicazione delle clausole contenute nelle proprie CG.

Recentemente la Suprema Corte austriaca ha fatto applicazione di questo orientamento, in un caso di preteso inadempimento delle CG scambiate tra le parti in un contratto di compravendita internazionale. La disputa verteva sul conflitto generato dal richiamo di entrambe le parti contrattuali alle proprie CG. I giudici austriaci di ultima istanza hanno dichiarato applicabili le CG del compratore, che aveva fatto riferimento alle proprie CG di acquisto nelle modifiche aggiunte al contratto, trasmesse al venditore prima della conclusione del contratto, mentre il venditore aveva semplicemente risposto con lettera di accettazione senza rinviare alle proprie CG e senza sollevare alcuna contestazione al richiamo effettuato dalla controparte alle proprie condizioni;

b. secondo altri ordinamenti (ad esempio, USA e Germania), per individuare il contenuto delle CG occorrerà fare riferimento alle clausole effettivamente negoziate tra le parti e alle clausole contenute nelle CG di una o dell’altra parte che non abbiano un contenuto discordante (“knock-out doctrine”).

Facciamo l’ipotesi in cui il predetto scambio tra ordine e conferma avvenga tra un compratore USA e un venditore italiano. Occorrerà verificare il contenuto delle singole clausole delle CG di rilievo nel caso di specie. Ad esempio, qualora sia insorta una vertenza sulla durata della garanzia applicata al bene compravenduto, si tratterà di accertare se e cosa prevedano in materia le diverse CG, oppure se le parti abbiano negoziato particolari condizioni (ad esempio due anni di garanzia dal momento della consegna).

Proprio a questo proposito è istruttiva una recente pronuncia di una Corte USA. La clausola che prevedeva il foro di Firenze apposta dal venditore italiano in caratteri minuscoli scritti in italiano in calce ad una serie di fatture inviate al proprio compratore statunitense è stata ritenuta non efficace. In particolare, la Corte USA è giunta a tale conclusione dando rilievo al fatto che il venditore italiano non era riuscito a fornire la prova che il compratore avesse concordato sulla competenza del foro di Firenze (ad esempio, apponendo la propria sottoscrizione o manifestando la propria accettazione con altri comportamenti). Non solo, la Corte ha soffermato la propria attenzione sul fatto che la suddetta clausola era redatta in italiano, lingua non utilizzata nelle trattative, né negli altri documenti commerciali e dunque, si poteva presumere, non conosciuta dalla controparte. Quest’ultimo aspetto ci ricorda che in ambito internazionale il requisito della conoscibilità deve essere coniugato con quello linguistico: è consigliabile che l’imprenditore si doti di una versione almeno in inglese delle CG, la cui redazione dovrà essere affidata ad esperti traduttori, al fine di evitare spiacevoli inconvenienti.

Dal succinto esame delle suddette questioni giuridiche appare chiaro, sul fronte operativo, che l’imprenditore italiano si pone in una posizione di vantaggio e comunque difendibile qualora utilizzi abitualmente CG di contratto nei propri rapporti commerciali, soprattutto con controparti estere.

Per quanto lo spazio a disposizione non ci consenta particolari approfondimenti, è opportuno precisare che la disciplina applicabile ad un rapporto discende anche da comportamenti e/o condotte collaterali alle CG. È il caso ad esempio del luogo di consegna della merce a cui l’ordinamento dell’Unione Europea attribuisce importanza, in mancanza di accordo e di altri elementi, per la determinazione del giudice competente a decidere l’eventuale controversia.

Al termine di questi due brevi contributi, consigliamo all’imprenditore con vocazione all’internazionalizzazione di:

- predisporre in italiano e almeno in inglese le CG,

- rendere conoscibili le CG (sito web, corrispondenza, offerte, conferme, documenti fiscali),

- richiamare sempre le CG nei propri documenti standard e nella corrispondenza,

- precisare nelle condizioni particolari le eventuali deroghe alle CG,

- programmare almeno annualmente la verifica delle CG,

- conservare le CG sottoscritte dai singoli clienti (è sufficiente una sottoscrizione per fornire tutela - almeno parziale - nei successivi rapporti),

- verificare se la controparte ha richiamato le proprie CG,

- evitare di accettare espressamente le CG o le condizioni apposte dalla controparte.

Nel precedente intervento in materia di condizioni generali di contratto (“CG”) ci siamo concentrati sugli elementi principali (sintetizzati con le parole chiave specificità, aggiornamento e conoscibilità), che l’impresa italiana deve tenere in considerazione nella predisposizione e nell’utilizzo delle CG. Affrontiamo ora l’esame degli effetti giuridici.

Perché l’impresa dovrebbe servirsi di CG se poi la controparte non le sottoscrive? Sia in ambito nazionale che in ambito internazionale la mancanza di sottoscrizione non implica totale inefficacia delle CG.

Il nostro ordinamento tutela la semplice conoscibilità delle stesse, fatta eccezione per le cosiddette clausole onerose che richiedono invece, a pena di nullità, la specifica approvazione della controparte (articolo 1341 Codice Civile), che formalmente si risolve nel meccanismo della doppia sottoscrizione a cui siamo tutti abituati. Tra le suddette clausole ricordiamo quelle recanti il foro competente davanti al quale dovranno essere promosse eventuali liti giudiziarie, la facoltà di recedere, la rinnovazione tacita, le limitazioni di responsabilità.

Anche se non sottoscritte (o doppiamente sottoscritte con riferimento alle clausole onerose), le CG sono fondamentali specie nei rapporti con controparti commerciali estere (comunitarie ed extracomunitarie), purché conoscibili alla conclusione del contatto. Nella prassi commerciale internazionale si riscontra infatti una minore rigidità formale.

Nel caso di scambio delle rispettive CG tra le controparti contrattuali, quali risulteranno applicabili (dando per supposta la mancata sottoscrizione)? In altre parole, quali prevarranno nella cosiddetta “battle of forms” (“battaglia dei modelli”)? Non si può dare una risposta generale, valida in ogni occasione. Senza entrare nel merito della normativa internazionale, ricordiamo che esistono due orientamenti prevalenti:

a. secondo alcuni ordinamenti (ad esempio, Italia, Francia e Gran Bretagna) un’accettazione non conforme alla proposta equivale ad una nuova proposta, attribuendosi pertanto prevalenza alle CG richiamate per ultime (“last shot doctrine”).

Facciamo l’ipotesi del compratore francese che invia un ordine con le proprie GC di acquisto ad un venditore italiano il quale spedisce la conferma d’ordine recante le condizioni particolari di fornitura (prezzo, consegna, ecc.) e allegate le proprie CG di vendita. Qualora il compratore francese effettui il pagamento (anche a titolo di acconto) e/o riceva la consegna della fornitura, il venditore italiano avrà buoni argomenti per pretendere l’applicazione delle clausole contenute nelle proprie CG.

Recentemente la Suprema Corte austriaca ha fatto applicazione di questo orientamento, in un caso di preteso inadempimento delle CG scambiate tra le parti in un contratto di compravendita internazionale. La disputa verteva sul conflitto generato dal richiamo di entrambe le parti contrattuali alle proprie CG. I giudici austriaci di ultima istanza hanno dichiarato applicabili le CG del compratore, che aveva fatto riferimento alle proprie CG di acquisto nelle modifiche aggiunte al contratto, trasmesse al venditore prima della conclusione del contratto, mentre il venditore aveva semplicemente risposto con lettera di accettazione senza rinviare alle proprie CG e senza sollevare alcuna contestazione al richiamo effettuato dalla controparte alle proprie condizioni;

b. secondo altri ordinamenti (ad esempio, USA e Germania), per individuare il contenuto delle CG occorrerà fare riferimento alle clausole effettivamente negoziate tra le parti e alle clausole contenute nelle CG di una o dell’altra parte che non abbiano un contenuto discordante (“knock-out doctrine”).

Facciamo l’ipotesi in cui il predetto scambio tra ordine e conferma avvenga tra un compratore USA e un venditore italiano. Occorrerà verificare il contenuto delle singole clausole delle CG di rilievo nel caso di specie. Ad esempio, qualora sia insorta una vertenza sulla durata della garanzia applicata al bene compravenduto, si tratterà di accertare se e cosa prevedano in materia le diverse CG, oppure se le parti abbiano negoziato particolari condizioni (ad esempio due anni di garanzia dal momento della consegna).

Proprio a questo proposito è istruttiva una recente pronuncia di una Corte USA. La clausola che prevedeva il foro di Firenze apposta dal venditore italiano in caratteri minuscoli scritti in italiano in calce ad una serie di fatture inviate al proprio compratore statunitense è stata ritenuta non efficace. In particolare, la Corte USA è giunta a tale conclusione dando rilievo al fatto che il venditore italiano non era riuscito a fornire la prova che il compratore avesse concordato sulla competenza del foro di Firenze (ad esempio, apponendo la propria sottoscrizione o manifestando la propria accettazione con altri comportamenti). Non solo, la Corte ha soffermato la propria attenzione sul fatto che la suddetta clausola era redatta in italiano, lingua non utilizzata nelle trattative, né negli altri documenti commerciali e dunque, si poteva presumere, non conosciuta dalla controparte. Quest’ultimo aspetto ci ricorda che in ambito internazionale il requisito della conoscibilità deve essere coniugato con quello linguistico: è consigliabile che l’imprenditore si doti di una versione almeno in inglese delle CG, la cui redazione dovrà essere affidata ad esperti traduttori, al fine di evitare spiacevoli inconvenienti.

Dal succinto esame delle suddette questioni giuridiche appare chiaro, sul fronte operativo, che l’imprenditore italiano si pone in una posizione di vantaggio e comunque difendibile qualora utilizzi abitualmente CG di contratto nei propri rapporti commerciali, soprattutto con controparti estere.

Per quanto lo spazio a disposizione non ci consenta particolari approfondimenti, è opportuno precisare che la disciplina applicabile ad un rapporto discende anche da comportamenti e/o condotte collaterali alle CG. È il caso ad esempio del luogo di consegna della merce a cui l’ordinamento dell’Unione Europea attribuisce importanza, in mancanza di accordo e di altri elementi, per la determinazione del giudice competente a decidere l’eventuale controversia.

Al termine di questi due brevi contributi, consigliamo all’imprenditore con vocazione all’internazionalizzazione di:

- predisporre in italiano e almeno in inglese le CG,

- rendere conoscibili le CG (sito web, corrispondenza, offerte, conferme, documenti fiscali),

- richiamare sempre le CG nei propri documenti standard e nella corrispondenza,

- precisare nelle condizioni particolari le eventuali deroghe alle CG,

- programmare almeno annualmente la verifica delle CG,

- conservare le CG sottoscritte dai singoli clienti (è sufficiente una sottoscrizione per fornire tutela - almeno parziale - nei successivi rapporti),

- verificare se la controparte ha richiamato le proprie CG,

- evitare di accettare espressamente le CG o le condizioni apposte dalla controparte.