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Istituti a protezione degli incapaci: criteri discretivi

Criteri discretivi
Contrasti
Ph. Sara Caliolo / Contrasti

Tutela, curatela e amministrazione di sostegno rappresentano gli strumenti di protezione predisposti dal legislatore per porre rimedio alle situazioni di deficienza psico-fisica, o vulnerabilità, in cui può versare un soggetto.

È opportuno comprendere quali siano i criteri discretivi che devono guidare il giudice nella scelta dell’istituto maggiormente adeguato al caso concreto; onde bilanciare le esigenze di protezione con quelle di autodeterminazione del soggetto beneficiario della misura.

 

Istituti a protezione degli incapaci: breve excursus

La tutela è l’istituto di protezione che comprime più di tutti la libertà di autodeterminazione del soggetto totalmente incapace di agire e di provvedere ai propri interessi.

Il tutore deve essere nominato ai minori, in caso di mancanza o impedimento dei genitori, nonché agli interdetti giudiziali o legali.

In particolare, mentre l’interdizione legale consegue ex lege alla condanna alla reclusione per un periodo non inferiore ai cinque anni; l’interdizione giudiziale è pronunciata dal tribunale con sentenza ed ha come presupposti un’infermità mentale grave e abituale, tale da non permettere al soggetto di provvedere alla cura dei propri interessi.

Dal momento della pubblicazione della sentenza di interdizione, l’interdetto perde la capacità di porre in essere negozi sia di natura personale sia di natura patrimoniale, divenendo, oltretutto, incapace di fare testamento, di sposare e di riconoscere figli naturali.

Il tutore lo deve rappresentare in tutti gli atti in cui è possibile una rappresentanza, rendendo conto della sua gestione al giudice tutelare mediante dei rendiconti annuali.

Strumento di protezione meno lesivo della libertà di autodeterminazione del beneficiario è rappresentato dall’istituto dell’inabilitazione e dalla figura del curatore.

L’inabilitazione è pronunciata con sentenza costitutiva del tribunale in presenza, alternativamente, di uno dei seguenti presupposti:

a) condizione di attuale e abituale malattia di mente non così grave da procedere all’interdizione;

b) prodigalità;

c) abuso di bevande alcooliche o di stupefacenti;

d) sordomutismo o cecità dalla nascita o dalla prima infanzia.

Con l’inabilitazione il soggetto non può compiere in prima persona gli atti patrimoniali eccedenti l’ordinaria amministrazione, ma deve essere nominato un curatore, il quale integra con il suo assenso la volontà dell’inabilitato. Il curatore quindi non si sostituisce all’incapace, ma integra la volontà di quest’ultimo.

Inoltre, con riguardo agli atti di ordinaria amministrazione l’inabilitato conserva piena capacità di agire.

 

Istituti a protezione degli incapaci: l’introduzione dell’amministratore di sostegno

Ai sopracitati istituti di protezione il legislatore, con una novella legislativa del 2004, ha aggiunto quello dell’amministrazione di sostegno.

Si tratta di uno strumento particolarmente innovativo, flessibile e capace di contemperare le contrapposte esigenze che si fronteggiano nella protezione del beneficiario. La finalità dell’istituto è, infatti, quella di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente.

L’amministratore di sostegno è nominato dal giudice tutelare con decreto motivato, nei confronti di quei soggetti che presentino un’infermità di mente o anche una menomazione fisica o psichica tali da rendere impossibile, anche temporaneamente, attendere ai propri interessi. Novità principale dell’istituto è rappresentata dalla sua gradualità e flessibilità.

A tal proposito, è il giudice tutelare a calibrare gli effetti della misura, indicando la durata e l’oggetto dell’incarico; gli atti che l’amministratore ha il potere di compiere in nome e per conto

del beneficiario; nonché gli atti che quest’ultimo può compiere solo con l’assistenza del primo.

Oltretutto, per gli atti che non richiedono alcun tipo di rappresentanza o assistenza (anche di straordinaria amministrazione), il beneficiario conserva piena capacità di agire.

L’amministratore di sostegno, al pari del tutore e del curatore, è tenuto ogni anno a “rendere conto” della contabilità della sua amministrazione e periodicamente a riferire al giudice circa l’attività svolta e le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario, in modo da consentire al giudice tutelare di adottare, anche d’ufficio, i provvedimenti urgenti per la cura del beneficiario della misura di protezione.

 

Istituti a protezione degli incapaci: i criteri che guidano il giudice nella scelta della misura

Gli istituti esaminati presentano delle evidenti differenze sul piano dei presupposti e degli effetti. È quindi importante capire, anche a livello giurisprudenziale, quali siano i criteri che il giudice deve seguire al fine di optare per un istituto di protezione piuttosto che per l’altro.

Ai superati, iniqui e rigidi criteri della gravità della malattia ovvero della rilevanza economica dell’atto da compiere, si è oramai affermato il criterio funzionale, basato sull’adeguatezza della misura per il caso concreto.  

L’obbiettivo da perseguire nella scelta deve necessariamente essere quello di adottare misure proporzionate alle esigenze di protezione dell’interessato, che non isolino, però, il soggetto dal mondo esterno e che permettano allo stesso di mantenere delle relazioni sociali.

Come chiarito, a più riprese, dalla recente giurisprudenza di legittimità, la scelta del giudice non può tanto fondarsi sul grado più o meno invasivo di infermità psichica del destinatario del provvedimento, quanto sull’idoneità della misura da adottare a fronteggiare le concrete esigenze del soggetto predetto.

Così, non potrà essere interdetto un soggetto affetto da un lieve ritardo mentale che, pur avendo serie difficoltà nella gestione del proprio patrimonio economico, abbia completato gli studi, lavorato per anni e intrattenga una situazione sentimentale stabile. In tal casi sarà preferibile ricorrere all’istituto dell’amministrazione di sostegno (Cass., n. 17962/2015).

O ancora, è stato recentemente affermato come la condizione di analfabetismo di un soggetto, non rappresentando una situazione di menomazione fisica o psichica della persona oggettivamente verificabili, non può giustificare l’adozione di nessuna misura limitatrice della sfera di autonomia della persona (Cass., n. 4749/2018).

In conclusione, il giudicante nella scelta della misura deve tener conto sia delle esigenze di tutela del beneficiario dell’istituto di protezione, sia della sua capacità di agire che, evidentemente, deve essere limitata solo per quanto strettamente necessario a garantire un’adeguata protezione, consentendo al soggetto di mantenere una rete di relazioni sociali e, ove possibile, un ampio spazio di libertà nell’autodeterminarsi.

Senza dimenticare come sia nella sentenza di interdizione, che in quella di inabilitazione, l’autorità giudiziaria può, rispettivamente, stabilire che taluni atti di ordinaria amministrazione possano essere compiuti dall’interdetto senza l’intervento del tutore; ovvero che, taluni atti eccedenti l’ordinaria amministrazione possano essere compiuti dall’inabilitato senza l’assistenza del curatore.

Il legislatore ha quindi compiutamente fornito il giudicante di strumenti idonei ed efficaci per garantire una effettiva tutela e protezione dei soggetti più deboli, favorendone la salvaguardia dei diritti attraverso strumenti sempre più flessibili e graduati nella compressione della capacità di agire dei beneficiari delle misure di protezione.