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La casa per il figlio e le “polizze vita”

Sull’oggetto della donazione indiretta
Donazione indiretta
Donazione indiretta

Abstract

Quale è l’oggetto della donazione indiretta, quando ciò che esce dal patrimonio del donante sia diverso da quanto entra nel patrimonio del donatario? La risposta non è univoca, e cambia, ad esempio, dal caso di polizza-vita in favore di terzo, nel quale l’oggetto della donazione indiretta è indicato in ciò che è uscito dal patrimonio del disponente, al caso di intestazione di beni in nome altrui, in cui l’oggetto della donazione indiretta è ravvisato in quanto entra nel patrimonio del beneficiario.

 

Indice:

1. La nozione di donazione indiretta

2. Il rilievo delle donazioni indirette in àmbito successorio

3. Due casi di donazione indiretta, nei quali il cespite che esce dal patrimonio del disponente è diverso da quello che entra nel patrimonio del beneficiario: l’assicurazione sulla vita in favore di terzo e l’intestazione di beni a nome altrui

4. Quale sia, in questi casi, l’oggetto della liberalità

5. Una dissonanza giurisprudenziale

 

1. La nozione di donazione indiretta

La definizione di donazione indiretta non è offerta dal legislatore. Tale figura, nondimeno, viene comunemente ravvisata in ogni atto, diverso dalla donazione contrattuale di cui all’articolo 769 seguenti codice civile, con il quale, per spirito di liberalità, il disponente si sia impoverito, arricchendo il beneficiario.

La donazione indiretta, dunque, ha come elemento caratterizzante, non tanto una particolare struttura, quanto un doppio effetto economico, ed uno scopo.

Il doppio effetto economico è quello dell’impoverimento dell’uno degli agenti e del, conseguente, arricchimento dell’altro; lo scopo è quello liberale.

La donazione indiretta, poi, non va confusa con il contratto simulato.

Nella simulazione, infatti, le parti, o fingono e fanno apparire un atto, ma non ne vogliono nessuno (simulazione assoluta), o fingono e fanno apparire un atto per nasconderne un altro sottostante, dissimulato, che è quello davvero voluto (simulazione relativa). Nella donazione indiretta, viceversa, le parti non fingono, non nascondono un atto voluto sotto un diverso atto solo apparente e non voluto; esse vogliono davvero l’atto che compiono e che palesano, ma vogliono, nondimeno, anche degli effetti ulteriori, liberali, discendenti da tale atto (C. 19400/2019; C. 17881/2019).

 

2. Il rilievo delle donazioni indirette in àmbito successorio

Le donazioni indirette hanno, come è noto, un grande rilievo nel contesto delle successioni per causa di morte, poiché anch’esse sono oggetto di riunione fittizia e possono essere oggetto di imputazione ex se, di riduzione (articolo 809 codice civile), nonché di collazione (737 codice civile).

Esse, come le donazioni contrattuali, dunque: vanno sommate al relictum per determinare il patrimonio ideale al quale riferire le quote riservate ai legittimari; vanno imputate alla quota del legittimario, se questi ne sia anche il beneficiario; vanno ridotte, se necessario per reintegrare la quota di legittimari lesi o pretermessi; sono oggetto di collazione, ove non vi sia dispensa, quando beneficiari siano i figli o i discendenti del disponente. 

Ai fini successori e, in particolare, ai fini della tutela dei legittimari e ai fini della collazione, insomma, le donazioni indirette sono equiparate alle donazioni contrattuali (benché, quando abbiano ad oggetto beni immobili, il legittimario leso non abbia, rispetto ad esse, anche la tutela reale e recuperatoria di cui agli artt. 561 e 563 codice civile Cfr., C. 15026/2013. Ma di questo ora non tratto, per necessità di sintesi).

 

3. Due casi di donazione indiretta, nei quali il cespite che esce dal patrimonio del disponente è diverso da quello che entra nel patrimonio del beneficiario: l’assicurazione sulla vita in favore di terzo e l’intestazione di beni a nome altrui

In alcune figure pacificamente ricondotte alla donazione indiretta, va notato, ciò di cui si impoverisce il patrimonio del disponente non coincide con quanto va ad arricchire il patrimonio del beneficiario.

Questo accade, ad esempio, nelle assicurazioni sulla vita in favore di terzo (articolo 1920 codice civile). L’assicurazione sulla vita in favore di terzo viene indicata dalla giurisprudenza come donazione indiretta (C. 3263/2016; C. 6531/2006; T. Padova, 19/9/2014). In essa, poi, ciò che esce dal patrimonio del disponente, vale a dire il totale dei premi pagati, non è ciò che entra (e assai raramente vale quanto ciò che entra) nel patrimonio del beneficiario, vale a dire la somma assicurata.

Una simile differenza tra quanto esce dal patrimonio del disponente e quanto entra nel patrimonio del beneficiario, altresì, può essere ravvisata pure nella, così detta, “intestazione di beni a nome altrui”. Viene così indicato, ad esempio, anche il caso in cui il beneficiario compri un bene, il prezzo del quale venga pagato al venditore direttamente dal disponente. Tra le ipotesi di intestazione di beni a nome altrui – socialmente tipica, tanto è ricorrente – vi è quella del genitore che, per regalare al figlio una casa di cui il genitore stesso non sia già proprietario, invece di acquistare la casa per poi donarla (e, dunque, invece di sopportare i costi fiscali di un doppio passaggio), lasci concludere il contratto di compravendita immobiliare direttamente al figlio, e poi paghi al venditore il prezzo di tale compravendita. Ciò che qui ricorre, è un contratto di compravendita, in cui il debito del compratore a pagare il prezzo viene adempiuto da un terzo.

Evidenti sono, pure nel caso ora ricordato, gli elementi caratterizzanti della donazione indiretta: il padre si impoverisce, il figlio si arricchisce, lo scopo è liberale. Anche in questa ipotesi, come nell’assicurazione sulla vita in favore di terzo, peraltro, ciò di cui si impoverisce il disponente (il denaro pagato), è diverso da ciò di cui si arricchisce il beneficiario (l’immobile acquistato).

 

4. Quale sia, in questi casi, l’oggetto della liberalità

A cosa si deve avere riguardo, in questi casi, e, più in generale, in ogni caso in cui dal patrimonio del disponente escano assetti e valori  diversi da quelli che, conseguentemente, entrano nel patrimonio del beneficiario?

Si deve guardare a ciò di cui si è impoverito il disponente, o a ciò di cui si è arricchito il beneficiario?

Naturalmente, la risposta al quesito è di grande importanza anche pratica, poiché essa determina cosa vada calcolato nella riunione fittizia, cosa vada imputato alla quota del legittimario, cosa possa essere ridotto, e cosa debba essere restituito o calcolato in collazione.

In caso di assicurazione sulla vita in favore di terzo, la legge (articolo 1923, 2° co., codice civile) indica espressamente l’oggetto della donazione in ciò che esce dal patrimonio del disponente, vale a dire nei premi pagati. Così, per tale ipotesi, pure la giurisprudenza ravvisa l’oggetto della donazione nei premi pagati dal disponente, e non nella somma assicurata, che entra nel patrimonio del beneficiario.

Ciò, nondimeno, sovente senza fare richiamo alla espressa norma disposta al riguardo, e solo sulla base di motivazioni come la seguente: “l’unico depauperamento che si verifica nel patrimonio del contraente-assicurato per effetto del contratto è costituito dal versamento dei premi assicurativi…e pertanto solo le somme versate a tale titolo possono considerarsi oggetto di liberalità indiretta” [Così, C. 6531/2006 (il corsivo è aggiunto da me). Conforme, T. Padova, 19/9/2014].

Si motiva, insomma, mettendo a confronto il dato oggettivo di ciò che esce dal patrimonio dell’uno e di ciò che entra nel patrimonio dell’altro, ravvisando poi l’oggetto della liberalità nel primo cespite (che genera l’impoverimento), piuttosto che nel secondo (che genera l’arricchimento). In caso di intestazione di beni a nome altrui, viceversa, la giurisprudenza ci dice da tempo, che oggetto della liberalità è ciò che entra nel patrimonio del beneficiario, vale a dire l’immobile acquistato, e non il danaro pagato dal disponente (C., s.u., 9282/1992). In caso di intestazione di beni a nome altrui, va notato, i giudici argomentano, non tanto rilevando, oggettivamente, cosa esca dal patrimonio del disponente e cosa entri in quello del beneficiario, quanto appuntando l’attenzione sullo scopo dell’operazione, sul “fine della donazione” (così, testualmente, C., s.u., 9282/1992. Conformi, ad es.: C. 13619/2017; C. 17881/2019. Per T. Torino, 7/8/2019, poi, oggetto della donazione è l’immobile perché si deve “guardare al risultato economico dell’operazione ed alla caratterizzazione finalistica dello spirito di liberalità”).

 

5. Una dissonanza giurisprudenziale

Come si è appena sottolineato, in due casi simili, si trova la soluzione dando rilievo, per l’uno, ad un elemento soggettivo, quale è lo scopo dell’operazione (arricchire il beneficiario dell’immobile), per l’altro, ad un elemento oggettivo, quale è la provenienza del cespite (i premi pagati) dal patrimonio del disponente.

Questa seconda e differente soluzione, certo, è anche quella indicata per l’assicurazione dalla legge, appunto all’articolo 1923, 2° comma, codice civile A fronte di due soluzioni opposte, per due casi che hanno in comune la differenza tra ciò che esce dal patrimonio del disponente e ciò che entra in quello del beneficiario, tuttavia, ci si può chiedere se la norma dettata all’articolo 1923, 2° comma, codice civile, che è la sola espressa per fattispecie come quelle ora ricordate, non debba assumere portata generale, così da imporre di individuare anche l’oggetto dell’intestazione di beni a nome altrui – e l’oggetto di ogni altra liberalità indiretta, in cui diversi siano l’impoverimento del disponente e l’arricchimento del beneficiario – in ciò che esce dal patrimonio del disponente.

Questa possibile lettura dell’articolo 1923, 2° comma, codice civile, peraltro, è stata espressamente presa in considerazione, e poi scartata, dalla Suprema corte a Sezioni unite, quando, nel 1992, si è specificamente dedicata all’individuazione dell’oggetto della liberalità nell’intestazione di beni a nome altrui (C., s.u., 9282/1992).

Ciò, però, senza alcuna rilevante motivazione, sicché resta il senso di insoddisfazione nell’osservare, per ipotesi che hanno un chiaro dato in comune (la differenza tra ciò che esce e ciò che entra), due soluzioni opposte (nell’una oggetto è ciò che entra, nell’altra oggetto è ciò che esce), fondate su argomentazioni tra loro palesemente disomogenee (l’una basata su un dato oggettivo, come la provenienza del cespite, l’altra su un dato soggettivo, come lo scopo dell’operazione). La dissonanza tra codesti due orientamenti, infine, non consente di ricavare una soluzione generale al problema, e, quindi, di avere indicazioni sull’oggetto di altre e diverse liberalità indirette, nelle quali differente sia l’impoverimento del disponente, rispetto all’arricchimento del beneficiario.

Letture consigliate: U. Carnevali, voce Liberalità (atti di), in Enc. dir., vol. XXIV, Milano, 1974, p. 214 seguenti, spec. 218 seguenti;

G. F. Basini, L'oggetto della liberalità ai fini della collazione, dell'imputazione ex se e della riunione fittizia, in ipotesi di "intestazione di beni a nome altrui", in Resp. civ. prev., 1993, p. 292 seguenti;

F. A. Moncalvo, Contratto di assicurazione sulla vita a favore di terzo, in Tratt. successioni e donazioni, diretto da G. Bonilini, vol. I, La successione ereditaria, Milano, 2009, pp. 205 seguenti;

A. Palazzo, Donazioni indirette, in Tratt. successioni e donazioni, diretto da G. Bonilini, vol. VI, Le donazioni, Milano, 2009, pp. 126 seguenti, spec. 130 seguenti.