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La luce invisibile

basilica di santa croce, Lecce
basilica di santa croce, Lecce

DI FIORENZA CIRILLO

Rubrica "Origami sul sofà"

DA PUBBLICARE IL 21 APRILE

 

La luce invisibile

Qualche anno fa lessi “La ciociara” di Alberto Moravia e venni travolta dal realismo spietato di quella scrittura. L’atrocità e l’inspiegabilità della guerra serpeggiavano ovunque in quelle pagine, la speranza era soffocata dai meccanismi ripetitivamente ferini degli uomini e una pesantezza mi avvolgeva il cuore, perché il male sembrava diffondersi come un contagio e nulla veniva risparmiato da quella violenza profanatrice, nemmeno una ragazza pura e devota. Troppo difficile da accettare.

Non si riuscivano a distinguere buoni e cattivi.

Il reale contesto storico in cui i fatti venivano narrati acuiva la sensazione di rassegnazione e la mancanza di speranza mi aveva ammutolita.

Quel che Moravia aveva raccontato infatti era fortemente autobiografico; nel settembre del 1943 l’autore stesso, per fuggire dalla violenza della guerra, si era rifugiato con la moglie Elsa Morante sui monti della Ciociaria, come Cesira e Rosetta, le protagoniste del romanzo.

Si trattava di un avvenimento fortemente traumatico per lo scrittore che era riuscito a trasferire sulla carta tutta la cupezza del suo dolore tanto forte da celare l’umanità bella che pure è parte della storia.

Chiuso il libro, ho cercato di distogliere il pensiero, ma invano. La sensazione di aver guardato in faccia il male non mi ha lasciata per un bel pezzo. Poi il tempo e il pensiero che una cosa del genere riguardasse un passato ormai concluso hanno permesso che il ricordo si affievolisse.

E poi questa guerra inaspettatamente vicina, qui, a due passi da noi, nel 2022, in Ucraina.

Di nuovo leggo resoconti di azioni spietate i cui protagonisti non sono solo i grandi malvagi, ma persone comuni che si trovano a fare la guerra.

Difficile capire cosa succeda quando un nemico guarda in faccia un nemico, difficile comprendere perché anche nel piccolo non ci si faccia vincere dalla tenerezza, ma anzi a una azione violenta corrisponda una ancor più violenta e amara.

È un vero e proprio contagio, quello del male che instilla altro male in una catena di cui non si vede il termine. Chi fermerà tutto questo?

Allora mi vengono in mente tutte le narrazioni lette, ascoltate, alcune fedeli al vero, altre no, ma accomunate dal fatto che c’è sempre una contrapposizione imprevista al male fatta di piccoli o grandi eventi, umanità semplici o grandi personaggi a rappresentare quel che fa parte dell’uomo da quando esiste, un’invincibile speranza.

Spesso piccola, ma imperterrita, come Frodo contro Sauron, come Davide contro Golia, come l’umile Maria che schiaccia la testa del serpente.

La costante lotta tra il bene e il male è la dicotomia insita in primis in ciascun uomo che ogni giorno deve cercare di vincere il suo di male, la sua ombra scura e nelle sue azioni, nelle scelte rivela tutto, nitidamente. Sappiamo bene infatti quando le nostre risposte “automatiche”, quando le nostre reazioni provocano disagio o fastidio, ma non rinunciamo a farlo.

Come se una pigrizia indolente ci tenesse schiacciati a terra e non ci permettesse di librarci sopra, in una dimensione in cui vincendoci, paradossalmente, vinciamo.

E altrettanto capita nella guerra, la bruttura spadroneggia in un climax di follia che sembra non finire mai, le azioni turpi, amorali, incivili traumatizzano e poi sedano, in una abitudine malvagia, chi attonito guarda.

Le testimonianze raccontano la cattiveria dell’uomo sull’uomo e il dolore che ne consegue.

Eppure, nonostante l’assuefazione al male, scalcia inaspettatamente il bene e azioni di altruismo, di coraggio e di umanità squarciano la cortina diabolica e quanto più ci si allena al bene, tanto più lo si compie. Da che mondo è mondo in questa lotta quotidiana e nefasta, nonostante sembri avere la meglio, il male non vince. Non ha mai vinto e mai vincerà.

Nella Via Crucis del 16 aprile scorso un’immagine su tutte ha brillato: Irina e Albina. Albina è russa e frequenta il corso di laurea in Infermieristica, Irina, ucraina, è infermiera. Hanno portato la croce insieme e hanno così reso visibile la luce della speranza che sembrava spenta; immediatamente l’alternativa al male è apparsa con tutta la sua novità.

È un altro mondo in questo mondo ed è possibile.