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La pandemia non sospende il rule of law: una lezione dalle Corti americane

rule of law
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In queste lunghe settimane di lockdown, uno dei punti che ci siamo ritrovati a rimarcare con maggiore vigore è che l’emergenza sanitaria non può diventare anche un’emergenza del diritto: detto altrimenti, che l’urgenza di affrontare situazioni eccezionali non può giustificare il ricorso a strumenti eccezionali, dal momento in cui il nostro sistema costituzionale – come di recente ricordato dalla Presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia – conosce e positivizza tutti gli strumenti idonei ad affrontare momenti di difficile crisi.

È un monito che abbiamo ripreso a fronte dell’abuso dei Decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri (DPCM),  dei comportamenti eccessivamente “zelanti” di alcuni membri delle forze dell’ordine, e, infine, della proposta di “parlamentarizzazione” dei DPCM. Proprio affrontando il tema da ultimo richiamato, abbiamo evidenziato come una parola definitiva da parte delle Corti supreme del nostro Paese sulla legittimità di tante pratiche cui abbiamo assistito in queste settimane sarebbe (stata) assai preziosa. Difatti, è proprio in momenti in cui gli attori politici vivono (e praticano) la tentazione di espandere i propri poteri che si rende più necessaria del solito la garanzia della tutela giurisdizionale. Una lezione importante ci viene, in proposito, da alcune sentenze pronunciate dai Tribunali degli Stati Uniti d’America.

La scorsa settimana, la Corte Suprema del Winsconsin ha dichiarato incostituzionale – con un voto di 4 a 3, nel caso Wisconsin Legislature v. Secretary-Designee Andrea Palm –  l’Emergency Order 28 adottato dalla Secretary-Designee del Department of Health Services (DHS), Andrea Palm, con cui, al fine di fronteggiare l’emergenza da Coronavirus, si è ordinato a chiunque si trovasse nello Stato di rimanere a casa, di non viaggiare e di tenere chiusa ogni attività qualificata come non essenziale. La Corte ha ritenuto che, contrariamente alla ricostruzione difesa dalla Secretary Palm e dal Governo del Winsconsin, l’Emergency Order non fosse qualificabile come un atto di natura meramente provvedimentale (order), ma – dati i suoi effetti e, specialmente, l’imposizione di sanzioni in caso di inosservanza delle sue previsioni – esso avesse natura normativa («una previsione astratta e di generale applicazione») e come tale fosse adottabile solo in base a una procedura che, citando proprio le contingenti ragioni emergenziali, la Secretary Palm ha ammesso di aver deliberatamente scelto di non seguire. Ma, come statuito dal Chief Justice Patience Roggensack nella majority opinion, quella procedura fissa «gli standard obiettivi che impediscono una condotta arbitraria o oppressiva da parte di un’autorità amministrativa», assicurando così che «il giudizio dispotico e discrezionale di un funzionario non eletto […] non sia imposto alla popolazione del Wisconsin».

A nulla è valsa l’ulteriore difesa avanzata dal Governo, secondo cui l’order sarebbe stato autorizzato da una legge che avrebbe consentito al Department of Health Services di «adottare ed eseguire tutte le misure emergenziali necessarie a contenere malattie trasmissibili»: difatti, come notato da Justice Daniel Kelly nella sua concurring opinion, una interpretazione così ampia e liberale della norma finirebbe per elidere la costitutiva distinzione tra il potere legislativo e quello esecutivo: «nel nostro ordine costituzionale, il Legislativo non può aver concesso alla Secretary [Palm] l’autorità che ella crede di avere»; «se approvassimo [questa] interpretazione [della legge], dovremmo concludere che si tratta di una norma in violazione del principio di separazione dei poteri, avendo attribuito al [Department of Health Services] il potere di porre nuove leggi, senza dover passare attraverso l’ordinario processo di legiferazione». Ancora più netta, sul punto, è stata la concurring opinion di Justice Rebecca Grassl Bradley, la quale – dopo aver ricordato che «l’emergenza non crea poteri», né amplia quelli già esistenti – ha posto l’accento sulla funzione contro-maggioritaria delle Corti (per ricordare la lezione di Alexander Bickel) di difesa delle regole costituzionali vigenti, anche quando una maggioranza pro-tempore vorrebbe farne a meno: «anche se una parte importante della popolazione sostiene l’Emergency Order 28, l’ordine giudiziario deve difendere la separazione dei poteri inscritta nelle nostre Costituzioni statale e federale, così da evitare futuri errori talmente gravi da mettere a repentaglio la salvezza della nostra Repubblica».

Sulla stessa scia anche la Corte Suprema del Texas, la quale – per bocca di Justice James Blacklock – ha ricordato che «la Costituzione non viene sospesa quando il Governo dichiara lo stato di emergenza: ogni potere esecutivo, in questo Paese, non importa quanto esercitato con buoni propositi, deriva esclusivamente dalle Costituzioni statale e federale. I poteri del Governo non possono essere esercitati in modo contrario a queste Costituzioni, anche durante una pandemia». Merita, sempre in proposito, di essere ricordato il recente memorandum dell’Attorney General William Barr, il quale ha ordinato ai procuratori federali di verificare se gli atti dei Governi statali siano adottati in violazione grave delle libertà civili degli americani: «molte politiche che sarebbero impensabili in tempi ordinari sono diventate comuni nelle ultime settimane, e non è nostra intenzione interferire indebitamente con i fondamentali sforzi dei funzionari locali e statali per proteggere il pubblico. Ma la Costituzione non è sospesa in tempi di crisi: dobbiamo dunque vigilare per assicurare che le sue tutele siano garantite».

Il sindacato giurisdizionale è, in una parola, irrinunciabile. Difatti, se è vero che non si dovrebbe mai giurisdizionalizzare un problema politico, è altrettanto vero che può e deve farsi valere l’illegittimità di atti politici che esondano dai loro limiti giuridici: in altre parole, non si deve chiedere ai Tribunali di sostituirsi nel merito alla decisione politica, ma di verificare che questa sia stata presa nel rispetto dei dettami costituzionali e ordinari. Non foss’altro perché, come hanno evidenziato i giuristi Lindsay Wiley e Stephen Vladeck, nel loro saggio in corso di pubblicazione “Coronavirus, Civil Liberties, and the Courts: The Case Against “Suspending” Judicial Review”, «più le Corti aderiscono a uno standard secondo cui i Governi devono rispettare oneri eccessivamente modesti di giustificazione delle loro incursioni nelle nostre libertà civili durante le emergenze, e più quegli stessi Governi potrebbero essere incentivati non tanto e non solo a usare le emergenze come scuse per ridimensionare i nostri diritti, ma soprattutto a trovare pretesti per scatenare emergenze simili». Va da sé che questa è una lezione che vale non solo per gli Stati Uniti, ma anche per il nostro Paese: neanche la pandemia può sospendere il rule of law.