x

x

La Poesia di Louise Gluck

Louise Gluck
Louise Gluck

Un vero newyorkese crede che New York sia l’unica città al mondo in cui si possa vivere. Oltre la metropoli, c’è un’isola in cui soffia il vento del mare. Villaggi pittoreschi e case circondate da bianchi recinti, piccoli negozi e ciclisti che pedalano su strade battute. Long Island è appena fuori dalla città, un tempo era stata rifugio di poeti e artisti eccentrici. Nella primavera del 1943, in questo isola fuori New York, da una famiglia ebrea di origine ungherese, è nata Louise Gluck, poetessa, accademica e ultimo premio Nobel per la letteratura. Ha pubblicato dodici raccolte poetiche veicolando una sensibilità privata e al tempo stesso universale attraverso una voce propria. Per quanto si possa credere che un poeta sia megafono di un sentire astratto e immateriale, la poesia di Louise Gluck ha raccolto delle sfumature quotidiane attraverso un linguaggio essenziale e scarno. Entrambi i genitori hanno avuto un impatto sulla sua poetica. Suo padre, Daniel Gluck voleva essere uno scrittore, tuttavia, l’America della Grande Depressione non era il terreno adatto per i romanzieri. Così, mise in piedi un’impresa di coltelli e sbancò il lunario. Louise ereditò dal padre l’inclinazione letteraria e impregnò i suoi versi di un tratto ruvido in cui ogni parola sembra essere scelta con maestria e limata da un coltello.

Beatrice Gluck, sua madre,  tra le poche donne a laurearsi, trasmise alla figlia l’interesse per la letteratura e per la mitologia classica. Negli anni del college Louise incomincia a soffrire di anoressia nervosa e riesce a guarire attraverso la psicoanalisi che costituirà uno dei temi principali dei suoi versi. Alla Columbia University, frequenta un seminario di poesia tenuta da Leonie Adams che le mostra una poesia metafisica che vuole deragliare dagli schemi tradizionali. Nel 1968 viene stampato la sua prima raccolta di poesie, Firstborn, in cui esordisce il suo stile asciutto e il tono in prima persona. In questo suo primo lavoro, emerge una poetica apparentemente severa in cui ogni parola non è sprecata.

Il secondo libro di poesia, The House of Marshland viene pubblicato nel 1975 in cui emerge la sua voce distintiva e affiora il suo linguaggio: il suo scrivere è duro e spinoso ma armoniosamente costruito in cui le parole sono faticosamente vinte. Louise Gluck utilizza i requisiti della moderazione, della precisione e del ritardo, i suoi versi sono carichi di una forte tensione ritmica. Il tema fondante della raccolta è il trauma concepito come un passaggio che conduce alla piena consapevolezza della vita. La sua poesia trasmette una accettazione del lutto privata ma al tempo stesso universale. L’essenzialità dei versi aumenta la forza poetica, l’austera bellezza del suo stile si lega a un ritmo dolce.  Qualche anno dopo pubblica The Triumph of Achilles (1975) il cui tema fondante è l’influenza della mitologia classica come si evince dal titolo. La Gluck utilizza l’epica come metafora per i suoi mondi che si ripetono tra cui il desiderio e il dolore. La durezza e la moderazione dei suoi versi accompagnano con grazia la sofferenza di eroi come Achille e Patroclo.

 

Il Trionfo di Achille (1975)

Nella storia di Patroclo

Nessuno sopravvive nemmeno Achille, che era quasi un dio.

Patroclo gli somigliava; indossavano la stessa armatura.

Sempre in queste amicizie

L’uno serve l’altro, uno è meno dell’altro:

la gerarchia è sempre apparente

anche se le leggende non ci si può fidare

la loro fonte è il sopravvissuto

quello che è stato abbandonato.

Quali erano le navi greche in fiamme

Rispetto a questa perdita?

Nella sua tenda, Achille addolorato

con tutto il suo essere

e gli dèi videro

che era un uomo già morto, una vittima

della parte che amava,

la parte che era mortale.

 

Il trauma e la perdita ritornano nel lavoro di Louise Glouck, all’interno della raccolta Ararat (1990), scritta dopo la morte del padre. Ararat era il monte in cui, secondo la Genesi, Noè depositò la sua arca dopo il naufragio. Si tratta di un’opera brutale e feroce ma non ci sono tracce di risentimento, i versi sono rafforzati dall’amore e dalla compassione. Per il lettore sembra di essere ammessi in una casa di infanzia in cui si fa ritorno quando tutto sta cadendo in rovina. La forza di Ararat è di sprigionare una dimensione intima e allo stesso tempo comune del dolore. I versi testimoniano la perdita in cui non si cerca il lirismo o un tono confessionale. Le parole sono a disposizione del lettore ed entrano come lame nel suo immaginario, ciascuno ne ricava una elaborazione personale., è una poesia lenta e riflessiva a cui ogni lettore sembra trovare conforto da un senso di familiare solidarietà. Il cambiamento diventa il valore più alto di Louise Glouck, la forza di attraversare il dolore e riuscire ad estrarre la forza della vita.

Il Premio Pulitzer rende omaggio alla sua poesia per l’opera Wild Iris (2003). Questa raccolta è un catalogo di varietà dei fiori. La poetessa utilizza i fiori e un giardino edenico che si trova nel Vermont per raccontare il rapporto tra gli uomini. In Wild Iris, Louise Gluck racconta la radice puritana dell’America. Nella sua poesia emerge una consapevolezza della vita universale fiorita attraverso immagini familiari e semplici. I suoi versi prendono forma attraverso la sottrazione e un tono onesto, alla base c’è la tecnica dell’impoverimento delle figure teoriche e lo sfrondamento all’interno del testo. Emerge la chiarezza e la severità di una poesia senza compromessi di una scrittrice originaria della lunga e spoglia periferia di New York.

 

Raccolto (Iris Selvatico, Giano Editore 2003)

E poi viene il gelo; del raccolto è inutile parlare.

Comincia la neve; finisce la finzione della vita.

La terra adesso è bianca; i campi splendono al sorgere della luna.

Io siedo alla finestra accanto al letto, guardo la neve cadere.

La terra è come uno specchio:

calma su calma, distacco su distacco.

Ciò che vive, vive sottoterra.

Ciò che muore, muore senza lotta.

Louis Gluck è stata nominata nel 2003 Poeta Laureato degli Stati Uniti. Quest’anno è stata insignita del Premio Nobel per la letteratura. In Italia è stata pubblicato L’Iris Selvatico (Giano Editore 2003) e Averno (Dante e Descartes Editore 2019) e riproposte in questi mesi da Il Saggiatore.