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La “rabbia” del Carrara

Francesco Carrara
Francesco Carrara

Francesco Carrara, prima di insegnare all’università di Lucca e in seguito a Pisa, era avvocato e interpretò la professione con grande ardore e scrupolo.

La leggerezza con la quale qualche magistrato dell’epoca dirigeva il dibattimento o vagliava le prove, lo indispettiva e lo rendeva famoso nel Foro per le sue intemperanze.

Tanto che ancora giovane abbandonò la professione per dedicarsi all’insegnamento.

Una volta un suo difeso, che egli sapeva innocente fu condannato a dieci anni di lavori forzati.

Il suo estro poetico gli suggerì i seguenti versi, che pochi conoscono:

 

L’ordine logico

  Di un giudicato

  E’ che il colpevole

  Sia condannato.

Esami, analisi

  E documenti

  Prove, perizie

  E giuramenti.

Son tutte buggere

  Di vecchia età

  Son tutte inutili

  Formalità

Ti accusa il regio

  Procuratore,

  Ch’è uom dottissimo

  D’ottimo cuore.

Non so la storia,

  Dei fatti tuoi

  E dunque logico

  Ch’io creda a lui …

Quando ei m’assevera

  Che tu sei reo,

  Devo a te credere

  Rozzo plebeo?

Se reo del crimine

  Era unaltr’uomo

  Non ti accusava

  Quel galantuomo…

Eh, via dismettila !

  Tutto è provato

  Se qual colpevole

  Fosti accusato.

Che val che predichi

  Quel ciarlatano

  Che a tutti i bindoli

  Porge la mano?

Questi causidici

  pagati bene

  del nostro secolo

  son le sirene.

Ma noi di tattica

  Maestri vecchi

  Alle lor nenie

  Chiudiam gl’orecchi.

L’accusa è vera,

  Non si baratta;

  Vanne in galera

  Giustizia è fatta.