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La recente disciplina del rapporto tra Pubbliche Amministrazioni ed Enti del Terzo settore

Tunisia, 2009
Ph. Simona Balestra / Tunisia, 2009

Nei precedenti interventi è stato a più riprese evidenziato come, proprio all'indomani dell’entrata in vigore della nostra Carta costituzionale si possa, a ragione, collocare l'inizio dell'espansione del fenomeno associativo (cfr. articoli 2, 18, 39, 49 cost.) considerato, non a torto, lo strumento privilegiato per l’affermazione delle crescenti istanze pluraliste.

Non è quindi mancata l'occasione di sottolineare l'eccezionale rilevanza assunta dalle associazioni e dagli enti all'interno della società civile italiana tanto da registrare, negli ultimi decenni, una rilevante ascesa nella competizione con le società di capitali ed un consolidamento dei rapporti di collaborazione con gli apparati pubblici.

Invero, da un lato, sono sotto gli occhi di tutti i risultati lusinghieri che tali organizzazioni hanno raccolto nel libero mercato avendo superato, in molti casi, la concorrenza delle società con finalità lucrative (rispetto alle quali hanno saputo presentare il volto più rassicurante dell'utilità sociale rispetto a quello più aggressivo del profitto), senza trascurare i benefici conseguiti grazie agli incentivi e alle agevolazioni messi a loro disposizione proprio dall'apparato statale.

D'altro canto nel rapporto con il pubblico le associazioni senza scopo di lucro hanno assunto una funzione di vera e propria supplenza, avendo dimostrato maggiore dinamicità ed efficienza nel sopperire ai bisogni dei singoli e della collettività.

A tal riguardo non possono essere trascurate le sempre crescenti forme di collaborazione tra P.A. ed enti del Terzo settore, che proprio il Decreto legislativo 3 luglio 2017 n.117 e ss.mm.ii. (c.d. Codice del Terzo Settore) ha individuato come fine ultimo per il perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, il tutto in un'ottica di effettiva sussidiarietà.

Nello specifico, infatti, al Codice del Terzo Settore, è stato demandato il principale sforzo di riordinare e revisionare complessivamente la vigente disciplina in materia, sia civilistica che fiscale, definendo, per la prima volta, il perimetro del cd. Terzo Settore e, in maniera omogenea e organica, gli enti che ne fanno parte.

A mente dell'articolo 4 del CTS risultano infatti ricompresi nel Terzo settore gli enti i quali, senza scopo di lucro, perseguono finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi.

Più in particolare vengono annoverati tra gli Enti del Terzo Settore, i seguenti enti non profit, a condizione  che abbiano ottenuto l'iscrizione al R.U.N.T.S. (ormai noto acronimo di Registro Unico Nazionale del Terzo Settore):

  • le organizzazioni di volontariato (ODV) (articoli 32 e ss.);
  • le associazioni di promozione sociale (APS) (articoli 35 e ss.);
  • gli enti filantropici (articoli 37 e ss.);
  • le imprese sociali, incluse le cooperative sociali (articolo 40); 
  • le reti associative (articoli 41 e ss.);
  • le società di mutuo soccorso (SOMS) (articoli 42 e ss.);
  • le associazioni riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale di cui all'articolo 5, in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi.

Non è di scarso interesse evidenziare come, in ogni caso, l’acquisizione della qualifica di ETS rimanga comunque facoltativa.

Ciò nel senso che gli enti che non intendano aderirvi rimarrebbero soggetti alle norme di diritto comune.

Al riguardo si è posta l'attenzione sulla scelta operata dal legislatore, qualificata come costituzionalmente orientata e volta a salvaguardare le molteplici manifestazioni del pluralismo sociale.

Per quanto ci occupa, il Codice del Terzo settore è stato altresì investito dell'incarico di normare il rapporto tra gli ETS e le pubbliche amministrazioni.

Nello specifico il Titolo VII del Decreto legislativo 3 luglio 2017 n.117, rubricato "Dei rapporti con gli enti pubblici" all'articolo 55 ha previsto il "Coinvolgimento degli enti del Terzo settore" nella "co-programmazione ... dei bisogni da soddisfare, degli  interventi  a  tal  fine   necessari,  delle  modalita'  di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili ..." e la "co-progettazione  ... finalizzata alla definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio  o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni  definiti", mentre il seguente articolo 56 rubricato "Convenzioni", riguarda le "convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore  di terzi di attivita' o servizi sociali di interesse generale, se piu' favorevoli rispetto al ricorso al mercato ..." che l'ente pubblico intenda sottoscrivere con le organizzazioni di volontariato "ODV" (articolo 32) o le associazioni di promozione sociale "APS" (articolo 35), iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore.

In tale prospettiva, gli articoli 55, 56 e 57 del Codice del Terzo settore individuano una misura di sostegno ed integrazione fra ETS e PA, sottolineato autorevolmente dalla Corte Costituzionale che, nella sentenza n. 131 del 2020, non ha esitato a definire «una delle più significative attuazioni del principio di sussidiarietà orizzontale valorizzato dall’articolo 118, quarto comma, Cost.».

Secondo la Corte costituzionale, ci troveremmo di fronte ad un’applicazione dell’articolo 118, ultimo comma Cost. che valorizza ed agevola la possibile convergenza tra pubblica amministrazione ed i soggetti del Terzo settore su «attività di interesse generale», trattandosi di un originale canale di «amministrazione condivisa», alternativo a quello del profitto e del mercato, in quanto «esiste una stretta connessione tra i requisiti di qualificazione degli ETS e i contenuti della disciplina del loro coinvolgimento nella funzione pubblica».

Tali istituti richiedono a tutte le PP.AA. di «assicurare il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore» nell'esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attività di interesse generale (articolo 55, c.1 CTS), intendendosi per coinvolgimento attivo lo sviluppo sul piano giuridico di forme di confronto, di condivisione e di co-realizzazione di interventi e servizi in cui ETS e PP.AA. siano messe effettivamente in grado di collaborare in tutte le attività di interesse generale.

Ciò non senza l'effettivo rischio di avere la sensazione di trovarsi rinchiusi in una sottocategoria del rapporto fra soggetti privati e PP.AA., disciplinato dal Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 24 aprile 2016, n. 50.

In realtà non dovremmo correre tale rischio ben potendo agevolmente apprezzare l'assoluta eterogeneità dei settori in esame.

La risposta è nei presupposti ispiratori del Codice dei contratti pubblici, in cui soggetti privati con fine di lucro concorrono tra loro per acquisire la qualità di controparte contrattuale della P.A. e concludere un contratto pubblico per l’affidamento o la concessione di un servizio.

Di contro, il Codice del Terzo Settore muove, invece, dalla considerazione che le finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale perseguite dagli ETS, distinte da quella lucrativa, siano convergenti con l'attività di interesse generale svolta dalla P.A.

A fronte di ciò la P.A., assumendo come criterio-guida la necessità di assicurare il “coinvolgimento attivo” degli ETS nell'esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attività di interesse generale (articolo 55, c.1 CTS), avrà modo di scegliere, in base alle situazioni concrete, lo schema procedimentale preferibile.

Si addiverrebbe, in questo modo, ad una ripartizione degli ambiti di competenza fra Codice del Terzo Settore e Codice dei contratti pubblici, i quali, in forma complementare tra loro, disciplineranno le procedure di affidamento dei servizi pubblici, in relazione all’ambito nel quale ricadono ed al fine perseguito.