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La rilevanza dell’indirizzo concordato della vita familiare

Cofamiglia
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La rilevanza dell’indirizzo concordato della vita familiare

Uno degli articoli più innovativi e ancora attuali introdotti dalla riforma del diritto di famiglia del 1975 nel codice civile è l’art. 144, rubricato “Indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia”, che purtroppo rimane pressoché inascoltato e inattuato. Sarebbe, invece, il caso di rileggerlo per dargli un nuovo senso e nuova linfa alla vita familiare in continuo e crescente affanno.

Nella coppia si cresce e si cambia. È fondamentale la consapevolezza dell’inevitabilità del processo di cambiamento, del proprio cambiamento e di quello dell’altro per, poi, riconoscersi e ritrovarsi e non smarrirsi e allontanarsi dicendo le solite frasi fatte: “Non lo riconosco più”, “Non era così prima”, “Non mi aspettavo (o meritavo) questo”, “Non ci eravamo ripromessi questo”. Le indicazioni da seguire durante il percorso di crescita sono i diritti e doveri reciproci dei coniugi, di cui all’art. 143 cod. civ., lungo la stessa strada che è quell’indirizzo concordato della vita familiare previsto nell’art. 144 cod. civ.. Il “con-senso” (“lo stesso senso” come nel significato di “indirizzo”) che si esprime nel rito o atto del matrimonio va rinnovato e raddrizzato di giorno in giorno nel matrimonio come rapporto. Facendo un gioco di parole “essere sposati” significa “essere spostati” rispetto a una mentalità individualistica e a uno sguardo rivolto solo al presente: questo un possibile senso da dare a “progetto di vita insieme”, “progetto di coppia” (quell’“indirizzo concordato della vita familiare” di cui il legislatore parla nell’art. 144 cod. civ.), altrimenti sarebbe la realizzazione di un proprio sogno o disegno di vita.

Edoardo e Chiara Vian, coniugi referenti dell’“Oasi Famiglia”, comunità per famiglie in difficoltà, affermano: “Ci si incontra, ci si innamora e si comincia a divenire coppia in un processo continuo e dinamico. Ma come deve essere la coppia per funzionare? Nel processo di costruzione della nostra relazione siamo influenzati dalla nostra storia (cosa vogliamo imitare della coppia dei nostri genitori o in cosa vogliamo differire, le coppie significative conosciute, ecc…), dalle immagini sulla coppia che la società ci ha fornito (nei film, nei romanzi, nelle chiacchierate con gli amici) e da ciò che ci hanno detto (nei saggi, in televisione, in chiesa) che una coppia dovrebbe essere. Questa adesione a un modello che se raggiunto dovrebbe darci soddisfazione, spesso ci porta all’incontro con la delusione di un’illusione”. Per far funzionare una coppia si potrebbe stilare una sorta di decalogo in cui declinare gli obblighi coniugali di cui all’art. 143 comma 2 cod. civ., darsi uno stile di coppia, esplicitare quell’indirizzo concordato della vita familiare di cui all’art. 144 cod. civ. e su cui confrontarsi e riavvicinarsi in caso di inadempimento o allontanamento (fisico o psicologico).

Gli esperti Vian aggiungono: “I coniugi Gottmann [gli statunitensi psicologi e terapeuti della coppia, Julie e John Gottmann, autori di “Dieci principi per una terapia di coppia efficace”] hanno elaborato tre passaggi per aiutare le coppie a superare lo tsunami causato da un tradimento: espiazione, sintonizzazione e attaccamento. L’espiazione è una fase particolarmente dura soprattutto per chi ha tradito. In questa fase chi è stato tradito ha il diritto di fare tutte le domande che desidera su cosa è accaduto durante il tradimento (si evitano le domande sui particolari sessuali). Questo tempo aiuta a riportare la relazione su un piano di verità. Poi ci sarà il momento per la sintonizzazione, cioè l’analisi dei problemi che ci sono stati all’interno del matrimonio e un’iniziale consapevolezza che si deve essere in due perché un matrimonio vada in crisi. Quando nella coppia si è ritrovata una nuova sintonia, si possono affrontare in modo diverso i conflitti ed esprimere apertamente e in modo accogliente le proprie emozioni, si passa alla terza fase: l’attaccamento. In questa fase ci si apre a un ritorno dell’intimità fisica e si esplicitano le conseguenze di un possibile altro tradimento”. In caso di tradimento occorre riformulare il “glossario” della coppia e tracciare un nuovo itinerario per passare dal tradimento a una nuova traduzione del linguaggio dell’amore.

Lo psicologo Gottman, dopo aver svolto un’integrazione tra ricerca e clinica (cominciata già negli anni ’70 e pubblicata nel 1999), ha osservato che le coppie di lunga durata presenti nel suo laboratorio, “Love Lab”, non sono caratterizzate sempre da interessi comuni o assenza di conflitti. Anzi, molte coppie affrontano controversie irrisolvibili ‒ su questioni anche rilevanti ‒ pure per 40 o 50 anni. Ciò che, tuttavia, le connota è la “companionship” (letteralmente “compagnia”), ovvero un’amicizia scaturita dalla conoscenza reciproca delle aspirazioni individuali, dei punti di forza e di debolezza, dei gusti e degli interessi. Queste coppie, quando affrontano un conflitto, riconoscono intuitivamente un limite che non va oltrepassato per evitare rotture irreparabili. La coppia coniugale non è un’entità statica ma dinamica. In questo il legislatore della riforma del diritto di famiglia è stato lungimirante con la riformulazione dei testi degli articoli 143, 144 e 147 del codice civile, i tre articoli che sono letti durante il rito del matrimonio e il cuore di questi tre articoli è proprio l’art. 144, anche per la sua collocazione tra l’art. 143 ove si parla di marito e moglie e l’art. 147 dedicato ai figli. Nell’art. 144, invece, si pone l’accento sulla famiglia in cui si sublimano i coniugi, e la famiglia è tale anche senza figli perché il fare famiglia è già foriera di fecondità. Anzi, quanto previsto nell’art. 144 è un passaggio dovuto affinché i coniugi comprendano di essere famiglia prima e indipendentemente dalla presenza dei figli per dare loro, poi, una famiglia stabile, quell’“ambiente naturale per la crescita ed il benessere di tutti i suoi membri” (dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia). 

Anche i coniugi Vian hanno abbozzato un “Decalogo per la (buona) coppia” e al n. 4 hanno scritto: “Bisogna avere chiare le priorità. Tutto è importante, ma la relazione di coppia lo è di più. Il tuo legame viene prima del lavoro, della famiglia di origine, del tempo libero, dei figli. Non stiamo dicendo che non vada dato un giusto tempo e impegno a tutto questo, ma non a scapito della relazione”.  Nell’indirizzo concordato della vita familiare bisognerebbe tener conto di tempi, ritmi e spazi da dedicare alla coppia che è una delle dimensioni familiari.

Anche lo psicologo e psicoterapeuta Luciano Grigoletto scrive: “Magari conoscere l’altro per come è può essere uno degli aspetti meravigliosi e divertenti della straordinaria avventura che chiamiamo matrimonio. In una relazione che funziona, infatti, i due partner non smettono di essere individui separati, che hanno i loro bisogni, e desideri personali che, quasi certamente, non coincidono con quelli dell’altro. Diventa quindi necessario un processo continuo di mediazione e confronto, per evitare di commettere degli errori tali da compromettere la relazione stessa”. Il matrimonio non è un approdo ma l’inizio della navigazione che richiede programmare, concordare o cambiare rotta a seconda delle necessità e delle tempeste. In maniera lungimirante il legislatore della riforma del diritto di famiglia del 1975 ha previsto la facoltà di indirizzo della vita familiare da parte dei coniugi nell’art. 144 cod. civ. e la mediazione senza formalità da parte del giudice, in caso di disaccordo dei coniugi, nell’art. 145 cod. civ., ovvero una persona terza per osservare e orientare la situazione familiare, ma entrambi gli articoli sembrano essere negletti.

I conflitti sono parte della vita, e dunque anche della vita di coppia. Ma possono essere vissuti e affrontati in maniera differente a seconda di come vengono interpretati, soprattutto se alla base c’è il desiderio reciproco di venirsi incontro, inviando il messaggio che la relazione è più importante del problema. Una delle sfide più delicate a questo proposito è la capacità di notare la possibile diversità di valutazione delle azioni dell’altro/a. Quando commettiamo uno sbaglio, tendiamo a giustificarlo con motivazioni varie, per lo più involontarie (fretta, stanchezza, sbadataggine, superficialità). Quando invece subiamo un torto, capita tutto il contrario: esso tende a essere letto come un gesto grave, compiuto dall’altro in modo intenzionale. Vedere l’altro/a in termini negativi, e se stessi positivamente, può avere conseguenze distruttive per la coppia” (lo studioso gesuita Giovanni Cucci nel saggio “La coppia e la sfida del tempo”, 2016). Allora, i coniugi, alla luce dell’aumentata e esacerbata conflittualità con gravi conseguenze sociali e in virtù dell’autonomia privata (o negoziale) coniugale, possono (anzi, dovrebbero) predisporre una sorta di regolamentazione preventiva dei conflitti coniugali e familiari. Lo stesso può farsi per la gestione di eventuali malattie dato l’aumento di patologie e delle conseguenze negative sulla coppia (per esempio la depressione post partum).

Affrontare e come affrontare le malattie attuali o eventuali è espressione dell’assistenza morale e materiale della coppia di cui all’art. 143 comma 2 cod. civ.. La malattia di uno dei coniugi o di altro congiunto è uno degli step che possono corroborare o consumare la coppia per cui sarebbe il caso di prevederlo nell’indirizzo concordato della vita familiare per prevenire quanto più possibile le difficoltà e i disagi conseguenti all’insorgere di una malattia o sofferenza visto che la salute (in particolare quella mentale) è sempre più compromessa.  

L’art. 144 cod. civ. traccia una mappa per la durata e la serenità della famiglia: concordare (che è diverso dall’accordarsi previsto per il contratto, art. 1321 cod. civ.), indirizzo (prefissare dove andare, come quando ci si dà appuntamento da innamorati e, soprattutto, con lo stato d’animo dei primi appuntamenti), esigenze (da “spingere fuori”).

L’art. 144 evidenzia quanto sia importante la comunicazione a livello familiare, quella comunicazione su cui ha puntato il nuovo Piano nazionale per la famiglia (adottato il 10 agosto 2022) disponendo, tra l’altro, nella macroaerea rubricata “Dinamiche familiari” il “Sostenere le famiglie, supportare la stabilità della relazione, le competenze comunicative e la capacità genitoriale”.

L’armonia (la cui radice etimologica “ar” è la stessa di arte e aritmetica e significa “collegare, connettere”), in musica, è la consonanza di voci o strumenti: “Sulla scorta degli studi etimologici e delle speculazioni filosofiche di cui il termine è stato oggetto nel corso del tempo, si può ben dire che armonia consista nell’unità dell’oggettivo e del soggettivo, del fattuale e dello psicologico, nel gestimmt sein («essere in accordo») dell’individuo con ciò che lo circonda, un suo simile, la natura, la sua interiorità” (cit.). È l’immagine stessa della famiglia, l’aspirazione di ciascuno, l’ispirazione della vita.