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La roba

Siamo (noi) la più grande tempesta
Ph. Paolo Panzacchi / Siamo (noi) la più grande tempesta

Sezione Gran Bazar del numero 2/2021 di Percorsi penali.

 

La roba” di Giovanni Verga si apriva con l’immagine di un viandante che camminava lungo il Biviere di Lentini.

Doveva trattarsi di un uomo curioso perché per ogni posto in cui passava faceva sempre una domanda, “qui di chi è?”, e riceveva sempre la stessa risposta, “Di Mazzarò”.

Erano di Mazzarò le fattorie con magazzini che sembravano chiese, le vigne che non finivano più, gli uliveti folti come boschi, i pascoli, i buoi, gli aratri.

Al punto che “Pareva che fosse di Mazzarò perfino il sole che tramontava, e le cicale che ronzavano, e gli uccelli che andavano a rannicchiarsi col volo breve dietro le zolle, e il sibilo dell'assiolo nel bosco. Pareva che Mazzarò fosse disteso tutto grande per quanto era grande la terra, e che gli si camminasse sulla pancia”.

La fine del protagonista fu dolente: “quando gli dissero che era tempo di lasciare la sua roba, per pensare all'anima, uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: ‐ Roba mia, vientene con me!”.

Si ipotizzi adesso che al posto del viandante ci sia un individuo qualunque interessato alle cose della giustizia e che il Biviere di Lentini sia sostituito dal ministero della Giustizia.

Resta solo da capire se ci sia anche qualche nuovo Mazzarò.

La prima tappa di questo percorso di consapevolezza è l’elenco[1], tenuto dal Consiglio superiore della magistratura ed al momento aggiornato al 9 febbraio 2021, dei magistrati fuori ruolo presso altri uffici o enti.

Si tenga presente che, per prescrizione normativa[2], il limite massimo di magistrati che possono essere autorizzati all’assunzione di incarichi di tale genere è di 200.

Chi si prenda la briga di consultare l’elenco noterà che, su un totale di 162 magistrati fuori ruolo, ben 103 sono in servizio presso il ministero della Giustizia.

Il viaggio prosegue e la nuova destinazione è proprio il predetto ministero.

Si accede al suo sito web istituzionale, si clicca sulla sezione “ministero” e di lì sulla sezione “organigramma”.

Giunti a questo punto bisogna procedere con pazienza e addentrarsi nelle varie sotto-voci proposte dal sito.

Si può cominciare dagli uffici di diretta collaborazione della ministra.

Si constaterà che sono magistrati il responsabile della protezione dei dati personali, il capo e il vicecapo di gabinetto, il capo e il vicecapo dell’ufficio legislativo, il capo facente funzioni e il vicecapo dell’Ispettorato, il capo della direzione generale per il coordinamento delle politiche di coesione.

Si prosegue con gli altri dipartimenti.

Sono magistrati il capo e il vicecapo del dipartimento affari di giustizia ma anche, all’interno della medesima articolazione, il capo della direzione generale affari interni, il capo della direzione generale affari giuridici e legali e i capi degli uffici I, II, III e IV di tale direzione, il capo della direzione generale degli affari internazionali e della cooperazione giudiziaria e, all’interno di tale ultima direzione, i capi degli uffici I e II.

Sono magistrati il capo e il vicecapo del dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi, i dirigenti degli uffici I e II presso il capo del dipartimento, il capo della direzione generale del personale e della formazione, il capo della direzione generale dei magistrati e il capo dell’ufficio I presso tale direzione, il capo della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati.

Sono magistrati il capo e il vicecapo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e, all’interno della direzione dei detenuti e del trattamento, la dirigente dell’ufficio V per i detenuti dell’alta sicurezza.

Sono magistrati il capo e il vicecapo del dipartimento per la giustizia minorile e di comunità e, presso tale articolazione, il capo dell’ufficio III ispettivo.

Molti altri loro colleghi prestano attività presso il ministero della Giustizia ma la loro menzione non aggiungerebbe molto, essendo già evidente che le articolazioni essenziali del dicastero sono dirette nella quasi totalità da esponenti dell’ordine giudiziario.

Non è improprio allora sostenere che, se il ministero della Giustizia è come il Biviere di Lentini, i magistrati sono i suoi Mazzarò.

Se l’ipotetico viandante fosse incredulo come San Tommaso camminerebbe ancora un po’ e, facendo domande a questo e quello, cercherebbe di capire se questi moderni latifondisti abbiano acquistato terre come il loro predecessore, spaccandosi la schiena sui campi dall’alba al tramonto, o gli siano arrivate in eredità.

E se fosse uno studioso della condizione umana proverebbe anche a comprendere la reazione degli intestatari di tutta quella roba quando, per avverse fortune, rischino di perderla: se, come il Mazzarò di Verga, escano urlando negli atri del palazzo di via Arenula dopo avere fracassato computer e sfregiato poltrone di pelle, o si limitino a scomparire dimessi e silenziosi ma con la morte nel cuore.

Ma il viandante non è sospettoso di natura, crede che tutti abbiano diritto al loro spicchio di terra e se la siano meritata, crede perfino che tutti siano disposti ad abbandonare la roba quando arriva il momento.

In più è stanco dopo tanta strada e si siede all’ombra di un carrubo.

Si riposa ma non smette di pensare.

Che saranno mai le politiche di coesione, si chiede, non è che per caso hanno a che fare con l’organizzazione della giustizia e magari dovrebbero servire a farla andare veloce e giusta in ogni luogo? Ma se è così – riflette – com’è che la causa per l’eredità di mio nonno è iniziata 18 anni fa e non è ancora finita?

E a cosa servirà l’ufficio legislativo? Sicuro a fare leggi chiare. Ma allora – si dice – com’è che ci sono voluti quattro avvocati e due amici impiegati al Comune solo per capire perché mi hanno fatto quella contravvenzione?

E l’amministrazione penitenziaria? È chiaro, serve a far filare le cose come si deve nelle carceri. Ma allora, com’è che nel terzo millennio si sente ancora di detenuti picchiati e torturati, com’è che pochissimi escono di galera meglio di come ci sono entrati?

Il viandante pensa a queste cose ma non ha risposte, è capace solo di fare domande.

 

[1] Il documento è consultabile a questo link.

[2] Legge 181/2008, art. 1-bis, comma 3.