x

x

La separazione delle carriere in magistratura e il pensiero di Giovanni Conso

L'idea del compianto, grande giurista italiano su un tema delicato e sempre attuale
Giovanni Conso
Giovanni Conso

Separazione delle carriere: il pensiero di Giovanni Conso

“La separazione delle carriere ritengo che sia ineluttabile, non dico da oggi a domani ma ineluttabile, proprio ineluttabile (...). Il processo deve garantire il contraddittorio, deve essere un processo accusatorio e non più inquisitorio, parità di parti, terzietà del giudice. E terzietà del giudice ha convinto anche me”.

Giovanni Conso, intervento al Congresso dell’unione delle camere penali

Con la riforma dell’articolo 111 (legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2), che stabilisce la formazione della prova in dibattimento, nel contraddittorio delle parti, davanti a un giudice terzo e imparziale, il legislatore ha scelto con chiarezza di voler adottare il modello accusatorio del processo penale, in tal modo abbandonando definitivamente la tradizione inquisitoria del processo che la Carta costituzionale del 1948 aveva perpetuato.

Al fine di dare piena attuazione alla scelta in senso accusatorio del processo penale è pertanto necessario intervenire per rendere effettiva la terzietà del giudice che costituisce, appunto, il presupposto dell’imparzialità della decisione.

È questa, peraltro, una valutazione che è sostenuta autorevolmente dallo stesso Parlamento europeo che in una delibera relativa al rispetto dei diritti umani nell’Unione europea, afferma come sia “necessario garantire l’imparzialità dei giudici distinguendo tra la carriera dei magistrati che svolgono attività di indagine (examining magistrates) e quella del giudice al fine di assicurare un processo giusto (fair trial)”  (A 4-01 12/1997).

Non è un caso, quindi, che il Consiglio d’Europa abbia espressamente invitato gli Stati membri ad agireaffinché lo status giuridico, la competenza e ruolo procedurale dei pubblici ministeri siano stabiliti dalla legge in modo tale che non vi possano essere dubbi fondati sull’indipendenza e imparzialità dei giudici”, evidenziando lo stretto rapporto tra il ruolo del pubblico ministero nell’ordinamento penale e l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici (raccomandazione REC (2000)19 adottata dal Comitato dei Ministri il 6 ottobre 2000, paragrafo 17).

In questo senso si sono autorevolmente espressi numerosi giuristi, tra cui Giovanni Conso: “Per quanto riguarda il nuovo ordinamento giudiziario, per quanto riguarda la separazione delle carriere faccio una confessione, io inizialmente ero contrario, ero contrario un po’ perché legato alle tradizioni, al proprio vivere, alla propria mentalità che si era via via estrinsecato, al sacrificio di molti giudici, al sacrificio di molti magistrati, dei pm. Adesso ormai devo dirlo, ritengo che sia ineluttabile, non dico da oggi a domani ma ineluttabile, proprio ineluttabile (...). Il processo deve garantire il contraddittorio, deve essere un processo accusatorio e non più inquisitorio, parità di parti, terzietà del giudice. E terzietà del giudice ha convinto anche me.

Questo argomento è l’argomento più forte, sì anche la parità tra le parti, ma soprattutto la terzietà. Come fa un giudice, come può essere veramente terzo un giudice che ha uno stretto legame di origine anche di battaglie comuni, di precedenti, di maestri, eccetera, quindi in buonissima fede, bellezza di sentimenti, a continuare a convivere avendo come parte, quando ci vuole la parità delle parti ?

Quindi terzietà vuol dire anche rispetto della parità di parte”.

(Giovanni Conso, professore emerito di diritto processuale penale, già Guardasigilli e Presidente della Corte costituzionale, intervento al Congresso dell’Unione camere penali italiane, Torino, 2009)