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L’amore di coppia che fa la coppia

Matrimonio
Matrimonio

Abstract

Sempre più matrimoni falliscono e finiscono perché i coniugi scoprono di non amarsi più. Forse perché, sin dall’inizio, non hanno inteso e colto nello stesso modo il senso e il significato dell’amore di coppia. Una formazione all’amore (che dia forma all’ineffabile amore) sarebbe auspicabile per prevenire le frequenti crisi o arginarne gli effetti.

 

La giornalista Luisa Santinello scrive: “Meglio lasciar perdere i sogni e concentrarsi sulla realtà quotidiana, allora. In fondo, gli amori più belli sono quelli che nascono a piccoli passi e maturano come il vino nella botte per confermarsi all’ombra di un altare. Perché non c’è niente di più straordinario di una vita ordinaria da condividere. Crisi, economiche e non, comprese. Provare per credere”.

Amare l’ordinario, amare nell’ordinarietà: questo è lo straordinario dell’amore autentico, semplice e duraturo che va oltre ogni momento duro. Così si realizza l’indirizzo concordato di vita familiare di cui all’articolo 144 del codice civile. L’amore non si rivela duraturo al momento, ma si rende duraturo di momento in momento. L’amore non è duraturo da sé, ma si fa durare insieme. Il vero amore non teme la morte, ma sfida la morte, ogni morte (crisi). Questa è l’educazione sentimentale di cui si ha bisogno, di cui tutti abbisognano.

L’amore non è (e non sia) una vana promessa ma impegno: darsi reciprocamente in pegno (che ha la stessa radice di “pugno”, quel pugno che richiama la forma del cuore), affidare la propria vita nelle mani dell’altro perché la si coltivi insieme. Questo il senso dei quattro obblighi coniugali indicati nell’articolo 143 comma 2 del codice civile. Non esiste il “per sempre”, ma l’“ancora, di giorno in giorno”. Il vecchio articolo 143 codice civile recitava “Il matrimonio impone ai coniugi l’obbligo reciproco”, mentre il vigente articolo 143 dispone che “Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco”: “derivare” (dal latino “de”, da, e “rivus”, ruscello, corso d’acqua; “rivus”, tra l’altro, ha la stessa radice di “ritus”) significa letteralmente “volgere e condurre acqua a modo di rivo dalla corrente del fiume in canali”. Ed è l’operosità e la ricorsività necessaria nella vita coniugale.

Rispettare quanto previsto negli articoli 143, 144 e 147 del codice civile è possibile se tra coniugi ci si tende la mano e ci si rende una mano per l’altro/a, come nel rito del matrimonio. “E vissero felici e contenti”: è realizzare il significato etimologico di questa formula (felicità è fecondità, contentezza è pienezza), è dare concretezza a quello che ci si dice quando ci si ama. “Invecchia con me! Il meglio deve ancora venire, l’ultima parte della vita, di cui la prima non è che il preludio!” (lo scrittore Bruno Ferrero). Anziché dire “ti amerò per sempre”, è necessario dirsi e farsi parole concrete, dirette e personali. La coppia si nutre di comunicazione e comunione.

Il matrimonio è un “progetto” e una “prospettiva”, termini che si riferiscono a qualcosa da mettere davanti. Ebbene, il matrimonio è da mettere davanti ai propri individualismi, se non proprio egoismi, altrimenti si rimane “single” anche nel matrimonio. Bisogna continuare a fare e dare esempio in famiglia credendoci, nonostante tutto e tutti, e non rendendola focolaio di lacerazioni e guerre, come sempre più spesso avviene, rottamandola come se fosse un bene di consumo e dimenticando, invece, che è un “bene relazionale”, né strettamente privato né strettamente pubblico.

Alla base del libro-saggio “Lettera sul matrimonio” (1925) del tedesco Thomas Mann c’era l’equiparazione tra il matrimonio e l’arte, entrambi espressioni eterne dello spirito umano, entrambi fondati su ciò che l’autore chiamava “una coraggiosa accettazione della vita” (tutti i temi ricorrenti nel pensiero di Mann, il rapporto tra l’arte e la vita, tra la vita e la morte e tra l’amore e la morte, si possono riferire al matrimonio).

Il matrimonio è arte e artigianato e, pertanto, richiede: attitudine, originalità, passione, attrezzi, materiali, bottega di riferimento (nella quale i figli impareranno da apprendisti), sporcarsi le mani e anche rischiare di procurarsi piccole ferite, espressività (altrimenti ci s’incupisce e inaridisce), sacrifici, tenendo conto dell’insegnamento di Michelangelo che si recava direttamente alle cave carraresi per scegliere i blocchi di marmo in cui vedeva già le opere in embrione e, poi, lavorava instancabilmente per eliminare il superfluo. Procedimento che richiama le locuzioni dell’articolo 147 del codice civile relativo ai doveri verso i figli: “[…] nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni”.

“La vita è fatta per esplodere, per andare più lontano, per farsi dono. Quando la si conserva per sé, la si soffoca. Una vita che si dà, perché il mondo non sia come prima, fa miracoli” (la francese Madeleine Delbrêl, assistente sociale e poetessa). Così dovrebbe (e potrebbe) essere la vita in coppia e in famiglia. Non a caso nell’articolo 144 del codice civile si parla di “indirizzo della vita familiare”, locuzione introdotta dalla riforma del diritto di famiglia del 1975 e che è esplicativa di un cammino (a differenza del previgente articolo 144 in cui si parlava di “tutto ciò che è necessario ai bisogni della vita”).

Quando non ci “s'incastra” con l’altra giusta metà, la propria metà rischia di perdere vitalità. L’amore è una scelta, non un ripiego; altrimenti amore non è, ma solo spreco di sé. L’amore è innanzitutto rispetto di sé e, poi, di ogni altro che può essere coinvolto direttamente o indirettamente dalle proprie scelte, in primo luogo figli e altri parenti.