L’Antitrust risponde al Comune di Latina sull’estensione delle concessioni demaniali marittime
Indice:
1. Il parere
2. La Commissione mette in mora l’Italia
3. Note conclusive
1. Il parere
Dopo il Comune di Piombino, tocca ora al Comune di Latina (vedi “L’Antitrust e la concorrenza nel settore delle concessioni demaniali – Il caso del Comune di Piombino”, in Filodiritto – Rubrica Res Publica, 29 ottobre 2020)
L’Antitrust si pronuncia questa volta con il parere AS1714 del 9 dicembre 2020 pubblicato nel Bollettino n. 1 del 4 gennaio 2021 su richiesta del Comune di Latina del 9 novembre 2020 osservando, ai sensi dell’articolo 22 Legge n. 287/90, quanto di seguito indicato.
Si rammentano gli articoli 49 e 56 TFUE in ragione della libertà di stabilimento quale libertà di tutti gli operatori dell’unione di esercitare, a pari condizioni, un’attività presso altro Stato diverso da quello di appartenenza, con conseguente necessaria abolizione da parte degli Stati membri di adottare o applicare restrizioni a tale libertà che ostacolino la concorrenza e la libera prestazione di servizi.
Si rammenta, altresì, l’articolo 12 Direttiva 2006/123/CE, Direttiva Servizi, che prevede “qualora il numero delle autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento” (par. 1) e che in tali casi “l’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata e adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami” (par. 2).
L’Antitrust pone in rilievo, oltre alle disposizioni europee, la sentenza della Corte di Giustizia del 14 luglio 2016 in cui è stato evidenziato che la proroga ex lege equivale a rinnovo delle concessioni demaniali uso turistico ricreativo e che pertanto la proroga indiscriminata ed operante in via automatica contrasta con il predetto articolo 12 Direttiva Servizi come pure con i principi del Trattato dell’Unione – articolo 49 e 56 – con conseguente obbligo per gli Stati membri di attuare procedure trasparenti al fine di attenuare gli effetti distorsivi della concorrenza connessi alla posizione di privilegio attribuita al concessionario.
Il tema non è nuovo per l’Authority. Già in passato la stessa era intervenuta (si veda, tra le segnalazioni, segnalazione del 1 luglio 2020 ai sensi dell’articolo 21 Legge n. 287/90, AS1684 – Osservazioni in merito alle disposizioni contenute nel decreto rilancio, in Bollettino AGCM n. 28/2020; segnalazione AS135 – Proroghe delle concessioni autostradali, in Bollettino n. 19/98; segnalazione AS491 – Disposizioni sul rilascio delle concessioni di beni demaniali e sull’esercizio diretto delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo, in Bollettino n. 46/2008; segnalazione AS1114 – Regime concessorio presente nel porto di Livorno, in Bollettino n. 12/2014; segnalazione AS 1137 Proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2014, in Bollettino n. 27/2014) ponendo l’accento sulla necessità di un sano confronto concorrenziale anche nel settore, tra gli altri, delle concessioni di uso di beni del demanio marittimo e, al contempo, di un confronto “immediato” non più rinviabile per effetto delle proroghe che impediscono di cogliere i “benefici che deriverebbero dalla periodica concorrenza per l’affidamento attraverso procedure ad evidenza pubblica”.
Nel ribadire che anche la giurisprudenza amministrativa ha colto il disallineamento tra normativa interna e normativa europea in tema di proroghe dei titoli (cfr. Tar Veneto n. 218/2020, Tar Puglia n. 36/2020, CdS sez. VI n. 7874/2019), l’Antitrust esprime il proprio parere al Comune di Latina ritenendo che l’Amministrazione debba disapplicare la normativa nazionale Legge n. 145/2018, articolo 1 commi 682 e 683, sull’estensione di anni 15, per contrarietà della stessa ai principi e alla disciplina eurounitaria menzionata.
Eventuali decisioni “contrarie” e dunque applicative delle disposizioni interne in termini di proroga integrerebbero specifiche violazioni dei principi concorrenziali in un contesto di mercato – specifica l’Autorità – “nel quale le dinamiche concorrenziali sono già particolarmente affievolite a causa della lunga durata delle concessioni attualmente in essere”.
2. La Commissione mette in mora l’Italia
Il 3 dicembre 2020 la Commissione Europea ha deciso di inviare all’Italia una lettera di costituzione in mora in merito al rilascio di autorizzazioni relative all’uso del demanio marittimo per il turismo balneare e i servizi ricreativi.
Si legge, nella comunicazione inerente le “decisioni sui casi d’infrazione” del sito della Commissione, che “gli Stati membri sono tenuti a garantire che le autorizzazioni, il cui numero è limitato per via della scarsità delle risorse naturali (ad esempio le spiagge), siano rilasciate per un periodo limitato e mediante procedura di selezione aperta, pubblica e basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi”, ed ancora “In una sentenza del 14 luglio 2016 emessa a seguito di un rinvio pregiudiziale del tribunale amministrativo regionale della Lombardia (cause riunite C-458/14 e C-67/15), la Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che la normativa pertinente e la pratica esistente di prorogare automaticamente le autorizzazioni vigenti delle concessioni balneari erano incompatibili con il diritto dell’Unione. L’Italia non ha attuato la sentenza della Corte. Inoltre l’Italia da allora ha prorogato ulteriormente le autorizzazioni vigenti fino alle fine del 2033 e ha vietato alle autorità locali di avviare o proseguire procedimenti pubblici di selezione per l’assegnazione di concessioni, che altrimenti sarebbero scadute, violando il diritto dell’Unione”; infine, la comunicazione reca “L’Italia dispone ora di 2 mesi per rispondere alle argomentazioni sollevate dalla Commissione, trascorsi i quali la Commissione potrà decidere di inviare un parere motivato”.
L’Italia non è nuova, purtroppo, a tale procedura d’infrazione (qui al momento solo preannunciata).
Già nel 2008, infatti, come si ricorderà, l’UE avviò la procedura di infrazione comunitaria ai danni dell’Italia ritenendo l’allora comma 2 dell’articolo 37 Codice della Navigazione, teso a garantire il c.d. diritto di insistenza in favore del concessionario uscente, una disposizione ostativa ai principi della concorrenza e del mercato assunti quali principi cardine nelle procedure di affidamento delle autorizzazioni dei beni del demanio marittimo poggianti sulla Direttiva Servizi 2006/123/CE, in particolare sull’articolo 12, e sul Trattato TFUE, in particolare sull’articolo 49 in tema di libertà di stabilimento; parimenti, a non essere gradito all’Europa era anche il meccanismo del c.d. rinnovo automatico delle concessioni risalente all’articolo 10 L. n. 88/2001 su base sessennale.
Il legislatore, pur abrogando il c.d. diritto di insistenza ed il meccanismo del rinnovo automatico, intervenne con il D.L. n. 194/2009 prevedendo la proroga delle concessioni in essere sino al 31.12.2015, nelle more di revisione della disciplina di settore. A seguire, con ulteriori provvedimenti sulle proroghe automatiche (sino all’ultima in ordine temporale portata dalla L. n. 145/2018) il legislatore ha stabilito continue estensioni stabilendo, nell’ultima, la nuova durata di anni 15 decorrenti dalla data di entrata in vigore della stessa Legge n. 145.
3. Note conclusive
L’Italia dispone di 2 mesi per chiarire dinanzi l’Europa la decisione di prorogare, decorsi i quali la Commissione potrà inviare un parere motivato.
Da più parti, o meglio da ogni parte, è forte il grido di “riforma”, da troppo tempo attesa. Operatori di settore, ed anche amministrazioni pubbliche, particolarmente le amministrazioni locali che sono le istituzioni competenti nel rinnovo/proroga dei titoli, vivono (e soffrono) l’incertezza del diritto, che da una regione all’altra è apparso mutevole tante sono state le differenti posizioni assunte dalle amministrazioni e dai tribunali locali in merito alla proroga.
Ne è derivata un’Italia frammentata, dove accanto a Comuni che hanno prorogato le concessioni ve ne stanno altri che hanno deciso di non farlo, ed operatori quindi che possono continuare legittimamente nella gestione dell’attività e primariamente nell’occupazione dell’area ed altri che, di converso, non hanno più un titolo valido in quanto irrimediabilmente cessato.
Anche le Procure, in alcuni Tribunali, hanno appuntato la propria attenzione verso alcuni stabilimenti e/o aree inserite in zone portuali ritenendo i titoli concessori scaduti e non prorogabili per effetto della (obbligata) disapplicazione del diritto interno – e dunque della disciplina di cui alla L. n. 145, come pure delle precedenti disposizioni in tema di proroga – per contrasto con il diritto UE. La conseguenza, importante, è stata in più casi il sequestro dell’area per occupazione del demanio statale in assenza di titolo valido ed efficace.
Ecco, queste sono solo alcune (tra le altre) delle significative conseguenze derivanti da una riforma mancata, da una inerzia legislativa cronica che rischia, per un’altra volta, di riversare su tutti il proprio peso se dovesse davvero aprirsi la procedura d’infrazione comunitaria.
La via d’uscita è soltanto una, altrimenti nessuna “spiegazione” dinanzi alla Commissione potrà reggere, ed essere all’altezza del proprio compito; compiere la riforma di settore in modo organico e sistematico, tenuto conto di tutti gli aspetti di cui la stessa si compone in un’ottica di “integrazione” con il codice della navigazione (e relativo regolamento), che è e continua ad essere la lex specialis.