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L’articolo 52 della legge antiriciclaggio: compiti e responsabilità degli organi di controllo - Parte I

Con particolare riguardo all’Organismo di vigilanza ex Decreto Legislativo 231/2001
Articolo 52 Decreto Legislativo 231/2007:

1. Fermo restando quanto disposto dal codice civile e da leggi speciali, il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza, il comitato di controllo di gestione, l’organismo di vigilanza di cui all’articolo 6, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e tutti i soggetti incaricati del controllo di gestione comunque denominati presso i soggetti destinatari del presente decreto vigilano sull’osservanza delle norme contenute nel presente decreto.

2. I soggetti di cui al comma 1:

a. comunicano, senza ritardo, alle autorità di vigilanza di settore tutti gli atti o i fatti di cui vengono a conoscenza nell’esercizio dei propri compiti, che possano costituire una violazione delle disposizioni emanate ai sensi dell’articolo 7, comma 2;

b. comunicano, senza ritardo, al titolare dell’attività o al legale rappresentante o a un suo delegato, le infrazioni alle disposizioni di cui all’articolo 41 di cui hanno notizia;

c. comunicano, entro trenta giorni, al Ministero dell’economia e delle finanze le infrazioni alle disposizioni di cui all’articolo 49, commi 1, 5, 6, 7, 12 e 13 e all’articolo 50 di cui hanno notizia;

d. comunicano, entro trenta giorni, alla UIF le infrazioni alle disposizioni contenute nell’articolo 36 di cui hanno notizia.

La disposizione in questione costituisce l’evoluzione del previgente articolo 10 della legge 197/1991, che così disponeva:

Ferme le disposizioni del codice civile e delle leggi speciali, i sindaci degli intermediari di cui all’articolo 4 vigilano sull’osservanza delle norme contenute nel presente decreto. Gli accertamenti e le contestazioni del collegio sindacale concernenti le violazioni delle norme di cui al capo I del presente decreto sono trasmesse in copia entro dieci giorni al Ministro del Tesoro. L’omessa trasmissione è punita con la reclusione fino ad un anno e con la multa da lire duecentomila a lire due milioni.

L’articolo 4 della legge 197 veniva poi abrogato dal Decreto Legislativo 56/2004 e così anche il riferimento contenuto nell’articolo 10, appunto, all’articolo 4.

Già a proposito del previgente articolo 10 legge 197/1991, si parlava di momento di “contatto istituzionale tra il controllo dei sindaci e il controllo affidato alle autorità pubbliche di settore” (CAVALLI); insomma, era stato introdotta una proiezione dei controlli interni verso una dimensione collaborativa esterna di tipo attivo (ZANCHETTI).

Si aggiungeva che il collegio sindacale fosse un “garante secondario”, tenuto a collaborare in funzione informativa e preventiva rispetto alla tutela del bene finale protetto e quindi con una finalità di tutela solo indiretta ed incidentale (VASSALLI).

In ogni caso l’obbligo di vigilanza sulle norme della legge antiriciclaggio era più specifico rispetto all’obbligo di vigilanza sull’osservanza della legge in generale, di cui all’articolo 2403 c.c. (SCOTTI CAMUZZI).

Inoltre nel previgente testo c’era una evidente “cesura soggettiva” tra I e II comma: il I si riferiva ai “sindaci”, il II al “collegio sindacale”. Dunque: l’accertamento delle eventuali violazioni della legge spettava anche ai singoli sindaci; la comunicazione competeva al collegio (id est: non era configurabile il reato con riguardo al singolo sindaco che avesse rilevato una violazione ed omesso di rimetterla al collegio – PISANI).

La dottrina che si è occupata dell’argomento preferiva negare qualsiasi discrezionalità del collegio sindacale sulla valutazione della rilevanza della violazione; una volta riscontrata (in questa fase poteva esserci discrezionalità), la violazione doveva essere segnalata al Ministro.

Sul “vecchio” articolo 10 si è detto che poiché “la condotta omissiva è costituita dalla sola omessa trasmissione nel termine di 10 giorni, è da ritenere che l’elemento del dolo possa dirsi provato anche se manchi la consapevolezza e volontà di tenere un atteggiamento inerte di fronte alla violazione della norma antiriciclaggio, purché il requisito conoscitivo sia configurabile rispetto al presupposto del reato e cioè all’avvenuto accertamento e contestazione dell’irregolarità” (PISANI; contra BARTICOLOULLI).

Infine è stato ritenuto ipotizzabile il concorso tra il delitto di cui all’articolo 10 comma 2 e quello previsto dall’articolo 2638 comma 2 c.c. (Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza), qualora l’omessa comunicazione al Ministero del Tesoro ex articolo 10, riflettendosi sulla situazione economica della società, si fosse risolta in un effettivo ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza.

- La posizione di Confindustria

Le linee-guida 2008 di Confindustria in tema di modelli organizzativi ex articolo 6 Decreto Legislativo 231/2001 danno atto che la lettera dell’articolo 52 potrebbe in effetti far ritenere sussistente in capo agli organi di controllo una posizione di garanzia ex articolo 40, co. 2, c.p. finalizzata all’impedimento dei reati di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter c.p.

Tuttavia il documento propende per una diversa interpretazione, ritenuta più corretta e coerente con il sistema della responsabilità amministrativa degli enti collettivi: il dovere di vigilanza di cui al co. 1 dell’articolo. 52 deve intendersi limitato all’adempimento degli obblighi informativi previsti dal co. 2 della medesima disposizione.

E’ stato acutamente rilevato che una simile presa di posizione – comunque non strettamente attinente alle finalità delle “linee-guida 231” – può valere se mai a segnalare proprio l’estrema criticità della problematica in esame (LUNGHINI).

Inoltre, sempre secondo le linee-guida, l’adempimento dei doveri di informazione di cui al comma 2 deve essere commisurato ai concreti poteri di vigilanza spettanti a ciascuno degli organi di controllo contemplati dal comma 1 dell’articolo. 52: di conseguenza il dovere di informativa dell’OdV non può che essere parametrato alla funzione, prevista dal Decreto Legislativo 231/2001, di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza dei modelli e, con specifico riferimento all’antiriciclaggio, di comunicare quelle violazioni di cui venga a conoscenza nell’esercizio delle proprie funzioni o nelle ipotesi in cui ne abbia comunque notizia (ad esempio: su segnalazione di dipendenti o altri organi dell’ente).

In altri termini l’espressione “fermo restando quanto disposto … da leggi speciali”, di cui al comma 1 dell’articolo 52 deve essere intesa, secondo Confindustria, non come “oltre a quanto stabilito dal Decreto Legislativo 231/2001” ma, in senso limitativo, come “ferme restando le attribuzioni e le funzioni previste per l’ODV dal Decreto Legislativo 231/2001”.

Il documento, all’evidenza, ritiene di rinvenire una differenza tra le espressioni “venire a conoscenza (delle infrazioni) nell’esercizio dei propri compiti” (utilizzata nella lettera a) del comma 2) e “avere notizia (delle infrazioni)” (utilizzata nelle lettere b), c), d).

Chi scrive ritiene che le due espressioni si equivalgano: la legge vuole che l’ODV adempia ai suoi obblighi informativi allorché venga a conoscenza delle infrazioni – in qualsivoglia maniera – nell’esercizio delle proprie funzioni.

Sembra infatti irragionevole limitare l’obbligo di attivarsi dell’ODV, nelle ipotesi in cui rilevi le violazioni di cui all’articolo 52 comma 2 lett. b, c, d ai soli casi in cui riceva una notizia da altri soggetti.

- La posizione dell’ABI

Secondo le “linee-guida 231” 2008 dell’Associazione Bancaria Italiana l’articolo 52 non sembra attribuire ai vari organi di controllo il compito di porre in essere attività che esulino dai loro specifici compiti.

Il dovere di vigilanza sulle norme contenute nel decreto 231/2007, di cui al comma 1, infatti, deve essere inteso come vigilanza che ognuno degli organi richiamati dalla norma deve espletare nel proprio ambito di attività, senza necessità di produrre inutili duplicazioni di compiti ed attività.

Più chiaramente ancora, il successivo comma 2 collega i doveri di segnalazione, o agli “atti o fatti di cui vengono a conoscenza nell’esercizio dei propri compiti” (lett. a) o, comunque, alle infrazioni “di cui hanno notizia” (lett. b, c, ed e).

L’Organismo di Vigilanza, quindi, nell’ambito delle competenze ad esso attribuite dall’articolo 6 lett. b) del Decreto Legislativo 231/2001, vigilerà sul rispetto nel contesto aziendale delle sole previsioni del decreto funzionali ad escludere il rischio di un coinvolgimento della banca in “fenomeni di riciclaggio”, segnalando eventuali infrazioni di cui venga a conoscenza nello svolgimento dei propri compiti.

Il documento peraltro precisa che si dovrebbe escludere che la disposizione dell’articolo 52 citato valga ad introdurre una vera e propria posizione di garanzia dell’Organismo rilevante ai sensi dell’articolo 40 cpv. c.p.

Come già evidenziato nella prima edizione delle Linee Guida, all’Organismo sono attribuiti dalla legge compiti (e conseguenti poteri) limitati a garantire il corretto funzionamento del modello, con esclusione di qualsiasi obbligo di impedimento dei reati che esso mira a prevenire.

La considerazione sembra peraltro trovare conferma proprio nella previsione di uno specifico obbligo di comunicazione delle eventuali violazioni relative alle disposizioni del Decreto Legislativo 231/2007 di cui vengano a conoscenza nell’esercizio dei propri compiti o di cui abbiano altrimenti notizia e di una espressa sanzione penale (articolo 55, comma 5) nei confronti dei componenti di detto organo.

(continua)

Articolo 52 Decreto Legislativo 231/2007:

1. Fermo restando quanto disposto dal codice civile e da leggi speciali, il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza, il comitato di controllo di gestione, l’organismo di vigilanza di cui all’articolo 6, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e tutti i soggetti incaricati del controllo di gestione comunque denominati presso i soggetti destinatari del presente decreto vigilano sull’osservanza delle norme contenute nel presente decreto.

2. I soggetti di cui al comma 1:

a. comunicano, senza ritardo, alle autorità di vigilanza di settore tutti gli atti o i fatti di cui vengono a conoscenza nell’esercizio dei propri compiti, che possano costituire una violazione delle disposizioni emanate ai sensi dell’articolo 7, comma 2;

b. comunicano, senza ritardo, al titolare dell’attività o al legale rappresentante o a un suo delegato, le infrazioni alle disposizioni di cui all’articolo 41 di cui hanno notizia;

c. comunicano, entro trenta giorni, al Ministero dell’economia e delle finanze le infrazioni alle disposizioni di cui all’articolo 49, commi 1, 5, 6, 7, 12 e 13 e all’articolo 50 di cui hanno notizia;

d. comunicano, entro trenta giorni, alla UIF le infrazioni alle disposizioni contenute nell’articolo 36 di cui hanno notizia.

La disposizione in questione costituisce l’evoluzione del previgente articolo 10 della legge 197/1991, che così disponeva:

Ferme le disposizioni del codice civile e delle leggi speciali, i sindaci degli intermediari di cui all’articolo 4 vigilano sull’osservanza delle norme contenute nel presente decreto. Gli accertamenti e le contestazioni del collegio sindacale concernenti le violazioni delle norme di cui al capo I del presente decreto sono trasmesse in copia entro dieci giorni al Ministro del Tesoro. L’omessa trasmissione è punita con la reclusione fino ad un anno e con la multa da lire duecentomila a lire due milioni.

L’articolo 4 della legge 197 veniva poi abrogato dal Decreto Legislativo 56/2004 e così anche il riferimento contenuto nell’articolo 10, appunto, all’articolo 4.

Già a proposito del previgente articolo 10 legge 197/1991, si parlava di momento di “contatto istituzionale tra il controllo dei sindaci e il controllo affidato alle autorità pubbliche di settore” (CAVALLI); insomma, era stato introdotta una proiezione dei controlli interni verso una dimensione collaborativa esterna di tipo attivo (ZANCHETTI).

Si aggiungeva che il collegio sindacale fosse un “garante secondario”, tenuto a collaborare in funzione informativa e preventiva rispetto alla tutela del bene finale protetto e quindi con una finalità di tutela solo indiretta ed incidentale (VASSALLI).

In ogni caso l’obbligo di vigilanza sulle norme della legge antiriciclaggio era più specifico rispetto all’obbligo di vigilanza sull’osservanza della legge in generale, di cui all’articolo 2403 c.c. (SCOTTI CAMUZZI).

Inoltre nel previgente testo c’era una evidente “cesura soggettiva” tra I e II comma: il I si riferiva ai “sindaci”, il II al “collegio sindacale”. Dunque: l’accertamento delle eventuali violazioni della legge spettava anche ai singoli sindaci; la comunicazione competeva al collegio (id est: non era configurabile il reato con riguardo al singolo sindaco che avesse rilevato una violazione ed omesso di rimetterla al collegio – PISANI).

La dottrina che si è occupata dell’argomento preferiva negare qualsiasi discrezionalità del collegio sindacale sulla valutazione della rilevanza della violazione; una volta riscontrata (in questa fase poteva esserci discrezionalità), la violazione doveva essere segnalata al Ministro.

Sul “vecchio” articolo 10 si è detto che poiché “la condotta omissiva è costituita dalla sola omessa trasmissione nel termine di 10 giorni, è da ritenere che l’elemento del dolo possa dirsi provato anche se manchi la consapevolezza e volontà di tenere un atteggiamento inerte di fronte alla violazione della norma antiriciclaggio, purché il requisito conoscitivo sia configurabile rispetto al presupposto del reato e cioè all’avvenuto accertamento e contestazione dell’irregolarità” (PISANI; contra BARTICOLOULLI).

Infine è stato ritenuto ipotizzabile il concorso tra il delitto di cui all’articolo 10 comma 2 e quello previsto dall’articolo 2638 comma 2 c.c. (Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza), qualora l’omessa comunicazione al Ministero del Tesoro ex articolo 10, riflettendosi sulla situazione economica della società, si fosse risolta in un effettivo ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza.

- La posizione di Confindustria

Le linee-guida 2008 di Confindustria in tema di modelli organizzativi ex articolo 6 Decreto Legislativo 231/2001 danno atto che la lettera dell’articolo 52 potrebbe in effetti far ritenere sussistente in capo agli organi di controllo una posizione di garanzia ex articolo 40, co. 2, c.p. finalizzata all’impedimento dei reati di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter c.p.

Tuttavia il documento propende per una diversa interpretazione, ritenuta più corretta e coerente con il sistema della responsabilità amministrativa degli enti collettivi: il dovere di vigilanza di cui al co. 1 dell’articolo. 52 deve intendersi limitato all’adempimento degli obblighi informativi previsti dal co. 2 della medesima disposizione.

E’ stato acutamente rilevato che una simile presa di posizione – comunque non strettamente attinente alle finalità delle “linee-guida 231” – può valere se mai a segnalare proprio l’estrema criticità della problematica in esame (LUNGHINI).

Inoltre, sempre secondo le linee-guida, l’adempimento dei doveri di informazione di cui al comma 2 deve essere commisurato ai concreti poteri di vigilanza spettanti a ciascuno degli organi di controllo contemplati dal comma 1 dell’articolo. 52: di conseguenza il dovere di informativa dell’OdV non può che essere parametrato alla funzione, prevista dal Decreto Legislativo 231/2001, di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza dei modelli e, con specifico riferimento all’antiriciclaggio, di comunicare quelle violazioni di cui venga a conoscenza nell’esercizio delle proprie funzioni o nelle ipotesi in cui ne abbia comunque notizia (ad esempio: su segnalazione di dipendenti o altri organi dell’ente).

In altri termini l’espressione “fermo restando quanto disposto … da leggi speciali”, di cui al comma 1 dell’articolo 52 deve essere intesa, secondo Confindustria, non come “oltre a quanto stabilito dal Decreto Legislativo 231/2001” ma, in senso limitativo, come “ferme restando le attribuzioni e le funzioni previste per l’ODV dal Decreto Legislativo 231/2001”.

Il documento, all’evidenza, ritiene di rinvenire una differenza tra le espressioni “venire a conoscenza (delle infrazioni) nell’esercizio dei propri compiti” (utilizzata nella lettera a) del comma 2) e “avere notizia (delle infrazioni)” (utilizzata nelle lettere b), c), d).

Chi scrive ritiene che le due espressioni si equivalgano: la legge vuole che l’ODV adempia ai suoi obblighi informativi allorché venga a conoscenza delle infrazioni – in qualsivoglia maniera – nell’esercizio delle proprie funzioni.

Sembra infatti irragionevole limitare l’obbligo di attivarsi dell’ODV, nelle ipotesi in cui rilevi le violazioni di cui all’articolo 52 comma 2 lett. b, c, d ai soli casi in cui riceva una notizia da altri soggetti.

- La posizione dell’ABI

Secondo le “linee-guida 231” 2008 dell’Associazione Bancaria Italiana l’articolo 52 non sembra attribuire ai vari organi di controllo il compito di porre in essere attività che esulino dai loro specifici compiti.

Il dovere di vigilanza sulle norme contenute nel decreto 231/2007, di cui al comma 1, infatti, deve essere inteso come vigilanza che ognuno degli organi richiamati dalla norma deve espletare nel proprio ambito di attività, senza necessità di produrre inutili duplicazioni di compiti ed attività.

Più chiaramente ancora, il successivo comma 2 collega i doveri di segnalazione, o agli “atti o fatti di cui vengono a conoscenza nell’esercizio dei propri compiti” (lett. a) o, comunque, alle infrazioni “di cui hanno notizia” (lett. b, c, ed e).

L’Organismo di Vigilanza, quindi, nell’ambito delle competenze ad esso attribuite dall’articolo 6 lett. b) del Decreto Legislativo 231/2001, vigilerà sul rispetto nel contesto aziendale delle sole previsioni del decreto funzionali ad escludere il rischio di un coinvolgimento della banca in “fenomeni di riciclaggio”, segnalando eventuali infrazioni di cui venga a conoscenza nello svolgimento dei propri compiti.

Il documento peraltro precisa che si dovrebbe escludere che la disposizione dell’articolo 52 citato valga ad introdurre una vera e propria posizione di garanzia dell’Organismo rilevante ai sensi dell’articolo 40 cpv. c.p.

Come già evidenziato nella prima edizione delle Linee Guida, all’Organismo sono attribuiti dalla legge compiti (e conseguenti poteri) limitati a garantire il corretto funzionamento del modello, con esclusione di qualsiasi obbligo di impedimento dei reati che esso mira a prevenire.

La considerazione sembra peraltro trovare conferma proprio nella previsione di uno specifico obbligo di comunicazione delle eventuali violazioni relative alle disposizioni del Decreto Legislativo 231/2007 di cui vengano a conoscenza nell’esercizio dei propri compiti o di cui abbiano altrimenti notizia e di una espressa sanzione penale (articolo 55, comma 5) nei confronti dei componenti di detto organo.

(continua)