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Le spese processuali nei procedimenti di revoca e nomina dell'Amministratore

spese processuali
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Con tre distinte e recentissime pronunce, emesse a distanza di alcune settimane, la Corte di Cassazione è intervenuta sul tema delle spese processuali, intervenendo sia in merito ai criteri della loro compensazione, ai sensi dell'articolo 92 comma 2 codice procedura civile, sia in relazione all’applicazione del principio di soccombenza, nel giudizio di revoca e di nomina dell'Amministratore condominiale.

La Sesta Sezione della Suprema Corte come si vedrà, addiviene, pur con pronunce formulate sulla proposta di due distinti Relatori, alle medesime conclusioni in merito alla compensazione delle spese processuali, le quali, anche a seguito della sentenza della Consulta che modifica l'articolo 92 codice procedura civile (Corte Cost. 19 aprile 2018 n. 77), risultano coerenti con l'insegnamento impartito dalle Sezioni Unite del Giudice della nomofilachia, con Sentenza n. 20957 del 29.10.2004.

Al medesimo insegnamento si uniforma la Seconda Sezione della Suprema Corte, con ultima e più recente pronuncia, all’esito di un procedimento di nomina, che interviene invece a cassare le pronunce dei Giudici di merito i quali avevano condannato alle spese (e al risarcimento da lite temeraria) il ricorrente per la nomina dell’Amministratore condominiale, pur accogliendone la domanda.

Il Supremo Collegio viene interpellato, nel primo caso (Ord. 24929 del 7.10.2019), dal ricorso di alcuni condòmini i quali, a fronte del rigetto, da parte della competente Corte d'Appello, del reclamo sul provvedimento del primo giudice che respingeva la domanda di revoca dell'Amministratore, lamentavano la mancata compensazione delle spese di lite.

Nel secondo caso (Ord. 25798 del 14.10.2019), invece, è l'Amministratore convenuto in giudizio che adisce la Suprema Corte per sentire cassare il provvedimento del Giudice d'Appello che, nonostante il pieno rigetto del reclamo sul provvedimento del primo giudice che, anche in tal caso, respingeva la domanda di revoca dell'Amministratore, tuttavia compensava le spese della lite "per la complessità degli accertamenti e delle questioni affrontate e per la natura del procedimento".

La Corte di Cassazione richiama, nella prima delle due pronunce, il proprio insegnamento in materia, come sancito con sentenza a Sezioni Unite (Cass. SS. UU. 29.10.2004, n. 20957) la quale "seguita dalla costante interpretazione giurisprudenziale, ha espressamente affrontato e risolto affermativamente la questione dell'applicabilità dell'articolo 91 codice procedura civile al procedimento camerale azionato in base all'articolo 1129, comma 11, codice civile ed all'articolo 64 disp. att. codice procedura civile, in quanto il principio di soccombenza si riferisce ad ogni processo, senza distinzioni di natura e di rito, e il termine "sentenza" è usato nell'articolo 91 codice procedura civile nell'accezione di provvedimento che, nel risolvere contrapposte posizioni, chiude il procedimento stesso innanzi al giudice che lo emette, e dunque anche se tale provvedimento sia emesso nella forma dell'ordinanza o del decreto".

Ne discende che "il rigetto della domanda di revoca dell'amministratore di condominio, per insussistenza delle gravi irregolarità ex articolo 1129, comma 12, codice civile, ha determinato la soccombenza dei ricorrenti, agli effetti dell'articolo 91 codice procedura civile", precisando la Corte come "la valutazione dell'opportunità della compensazione totale o parziale delle spese, in considerazione delle "gravi ed eccezionali ragioni", ex articolo 92, comma 2, codice procedura civile, riguardanti specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa, rientra nei poteri del giudice di merito, il cui mancato utilizzo è incensurabile in sede di legittimità per violazione di norme di diritto, essendo precluso alla Corte di Cassazione di ravvisare le gravi ed eccezionali ragioni che avrebbero reso opportuna la compensazione, riesaminando la lite nei suoi aspetti di merito" .

Nella seconda pronuncia, coerentemente, premette il Supremo Collegio, a sostegno dell'ammissibilità del motivo di ricorso, come il ricorrente "non propone di contestare l'opportunità di disporre la compensazione delle spese, che è profilo rimesso alla discrezionalità del giudice di merito, ma è volto a negare che i motivi addotti dalla pronuncia impugnata siano tali da integrare le gravi ed eccezionali ragioni contemplate dall'articolo 92, comma secondo, codice procedura civile" come modificato dall'intervento del Giudice delle Leggi (Corte Cost. n. 77/2018) la quale ha previsto che, oltre all'ipotesi normata di applicazione della compensazione delle spese di lite in caso di "assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti", si possa dar luogo ad integrale o parziale compensazione delle spese "anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni".

Tali gravi ed eccezionali ragioni, argomenta il Giudice della nomofilachia, citando ampi stralci della Sentenza della Consulta, vanno a parametrarsi rispetto alla norma di cui all'articolo 92 codice procedura civile, considerando quest'ultima quale clausola generale, "che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni non determinabili a priori". Ferma tale impostazione, il Giudice costituzionale, nell'interpretazione ricostruita dalla Corte di Cassazione, ha inteso, in applicazione del "canone di ragionevolezza", integrare le ipotesi "diverse dall'assoluta novità della questione o dal mutamento di giurisprudenza" con quelle "che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità di quelle tipiche espressamente previste dalla disposizione censurata" e che pertanto potranno "identificarsi in quelle che siano riconducibili a tale clausola generale e che siano analoghe a quelle tipizzate nominativamente nella norma, nel senso che devono essere di pari, o maggiore, gravità ed eccezionalità. Le quali ultime quindi - l'«assoluta novità della questione trattata» ed il «mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti» - hanno carattere paradigmatico e svolgono una funzione parametrica ed esplicativa della clausola generale".

Dunque, chiariti i principi applicabili ai casi in esame in punto di diritto, entrando nel merito della questione la Corte di Cassazione ribadisce come debba escludersi "che la natura del procedimento (revoca per giusta causa dell'amministratore condominiale) giustificasse di per sé la compensazione", dacché "tali controversie hanno natura contenziosa e soggiacciono alla regola della soccombenza ex articolo 91 codice procedura civile, posto inoltre che il giudizio si è concluso con il rigetto della domanda". Inoltre, rileva la Corte "l'inapplicabilità del principio sancito dal comma undicesimo dell'articolo 1129 codice civile, (...) norma che - peraltro - rende ripetibili le spese nel rapporto interno tra il condomino vittorioso che le abbia anticipate e il Condominio, nei cui confronti si producano gli effetti della decisione, mentre è solo nel rapporto processuale tra le parti del giudizio che le spese trovano la loro esclusiva regola di riparto".

Nel caso, dunque, in cui la Corte d'Appello aveva ritenuto di applicare la compensazione delle spese di lite, il Supremo Collegio interviene per cassare la pronuncia del giudice di seconda istanza ritenendo come la Corte distrettuale si fosse "limitata a pronunciare la compensazione senza minimamente indagare - dandone conto in motivazione - le ragioni che connotavano in concreto la complessità degli accertamenti e delle questioni esaminate in termini che consentissero di apprezzarle quali sopravvenienze relative a questioni dirimenti e a profili di assoluta incertezza o comunque munite di una gravità ed eccezionalità equiparabili a quella delle altre ipotesi considerate dall'articolo 92, comma secondo codice procedura civile (in senso integralmente conforme, in motivazione, Cass. 14969/2017)."

Conclude la Corte di Cassazione, affermando come "la generica e non meglio specificata complessità degli accertamenti e delle questioni dibattute (oltre, per quanto detto, sulla natura del procedimento), sganciata dal riscontro dei particolari requisiti richiesti dell'attuale formulazione della norma, non integra quindi il presupposto indispensabile per disporre la compensazione".

Nel terzo caso, infine, la Corte interviene riferendosi al suindicato insegnamento delle Sezioni Unite, nella parte in cui, premessa l’inammissibilità del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti di volontaria giurisdizione, quale quelli in esame, ritiene “viceversa ammissibile il ricorso per cassazione avverso la statuizione, contenuta nel provvedimento, relativa alla condanna alle spese del procedimento, la quale, inerendo a posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo rispetto a quello in esito al cui esame è stata adottata, ha i connotati della decisione giurisdizionale e l'attitudine al passaggio in giudicato indipendentemente dalle caratteristiche del provvedimento cui accede” (Cass. SS. UU. 29.10.2004, n. 20957).

Quanto premesso, il Supremo Collegio ritiene di potere esaminare e, conseguentemente, di accogliere i motivi di ricorso avanzati dal condòmino che aveva proposto domanda di nomina dell’Amministratore condominiale, poi accolta, ma si era visto condannare alle spese e persino al risarcimento del danno ex articolo 96 codice procedura civile pronunciando il seguente principio di diritto: “Pur essendo inammissibile, in linea di principio, il ricorso per Cassazione ai sensi dell'articolo111 Cost. avverso provvedimenti emanati in materia di volontaria giurisdizione, stante l'assenza del contenuto decisorio in capo a questi ultimi, deve, invece, essere ritenuta l'ammissibilità del predetto gravame allorquando la pronuncia impugnata, ancorché vertente in materia di volontaria giurisdizione, contenga una statuizione di condanna alle spese delle fasi del giudizio di merito ovvero la condanna sanzionatoria ai sensi dell'articolo 96 ultimo comma codice procedura civile In tali ipotesi, deve essere ammessa anche la proposizione di censure non strettamente inerenti le statuizioni di condanna, bensì il procedimento logico-argomentativo e la successione logica e causale che ha condotto il giudice del merito a dette statuizioni, poiché in caso contrario la doglianza finirebbe per non poter riguardare i presupposti stessi -sia in termini logici che in termini giuridici- delle statuizioni di condanna di cui si discute”.