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Legittimo l’arresto anche se l’attività criminosa non è stata percepita direttamente dagli agenti

Arresto in flagranza
Arresto in flagranza

Indice

1. Il caso in esame

2. La decisione della Suprema Corte

 

Con sentenza 21 febbraio 2019, n. 7915, la Corte di Cassazione ha stabilito che è possibile procedere all’arresto nel caso in cui il soggetto sia stato già segnalato alle Forze dell’Ordine e gli agenti di polizia giudiziaria, per mezzo di detto bagaglio conoscitivo, percepiscano cose o tracce del reato dalle quali appaia che questi ha commesso il reato immediatamente prima.

 

1. Il caso in esame

Il giudice monocratico presso il Tribunale di Firenze non aveva convalidato l’arresto di un soggetto, eseguito da agenti di Polizia Giudiziaria per il reato di atti persecutori.

Gli agenti erano intervenuti in quanto avvertiti dalla persona offesa, la quale, mentre faceva ritorno presso la propria abitazione, era stata rincorsa dal prevenuto, riuscendo ad entrare in casa prima di essere raggiunta.

L’arresto non era stato convalidato, in quanto, a parer del giudicante, non poteva ritenersi sussistente una situazione di flagranza o quasi flagranza perché l’azione non si era svolta sotto l’osservazione dei militari operanti.

Avverso la suddetta decisione, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze ha proposto ricorso per Cassazione per violazione di legge, deducendo che nel caso di specie si era configurata “una situazione di quasi-flagranza, che consentiva l’arresto da parte della polizia giudiziaria, in quanto l’arrestato fu sorpreso a circa 100 metri dall’abitazione della donna mentre aveva in tasca un biglietto simile a quelli lasciati, giorni prima, sul davanzale della finestra” del persona offesa.

 

2. La decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato.

I giudici hanno richiamato la norma che disciplina lo stato di flagranza, condizione necessaria per l’esecuzione dell’arresto, ovvero l’articolo 382 del Codice di Procedura Penale, a norma del quale “è in stato di flagranza chi viene colto nell’atto di commettere il reato ovvero chi, subito dopo il reato, e inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima”.

Con l’importante pronuncia a Sezioni Unite (sentenza 39131/2015), la Cassazione ha statuito che, affinché si possa parlare di flagranza, è necessaria la contestualità tra il reato e l’accertamento di polizia, non potendo essere la percezione del reato mediata da terze persone, neppure dalla vittima, ma potendosi configurare anche in presenza di cose o tracce del reato che consentano di stabilire tale collegamento. Pertanto, la flagranza sussiste in presenza di elementi che provino la commissione di un reato e l’attribuzione dello stesso ad un soggetto determinato.

La Corte chiarisce che “la ratio della norma - che comporta una deroga importante al principio di cui all’art. 13 Cost - è, infatti, quella di autorizzare un intervento repressivo immediato da parte delle forze di polizia - senza l’ordine del magistrato, allorché sia ridotto al minimo il pericolo di una ingiusta compromissione della libertà personale”.

Con riferimento ai reati abituali, per i quali è possibile l’arresto in flagranza a norma dell’articolo 380 del Codice di Procedura Penale, fondamentale è la collaborazione informativa della vittima, al fine di ricondurre condotte, in apparenza, anche neutre e non integranti alcun reato in ipotesi criminose tipizzate dal legislatore, e il ricorso da parte dell’agente che procede all’arresto di dette conoscenze per l’interpretazione degli elementi (cose e tracce del reato) che consentano di ravvisare lo stato di flagranza.

Pertanto, la Corte ha enunciato il seguente principio di diritto:

nei reati abituali, all’arresto in flagranza è possibile procedere anche quando il bagaglio conoscitivo del soggetto che procede all’arresto derivi da pregresse denunce della vittima, relative a fatti a cui egli non abbia assistito personalmente, purché, per quanto si è detto, tale soggetto assista ad una frazione dell’attività delittuosa che, sommata a quella oggetto di denuncia, integri l’abitualità richiesta dalla norma; ovvero, purché - già forte del suo bagaglio conoscitivo - il soggetto in questione sorprenda il reo con cose o tracce dalle quali appaia che questi ha commesso il reato immediatamente prima”.

Nel caso di specie, i giudicanti hanno ritenuto che l’arresto fosse stato eseguito legittimamente in quanto gli operanti intervenuti avevano già piena cognizione di condotte precedenti dell’arrestato, oggetto di diverse denunce della donna, e lo stesso era stato trovato a breve distanza dall’abitazione della persona offesa, in possesso di biglietti analoghi a quelli lasciati sulla finestra della vittima e di un telefono cellulare con SIM avente numero telefonico corrispondente a quello segnato sui predetti biglietti. Da ciò appariva che in quell’occasione, il reato di atti persecutori era stato commesso immediatamente prima.

Per queste ragioni, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata.

(Corte di Cassazione - Sezione Quinta Penale, Sentenza 21 febbraio 2019, n. 7915).